Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

domenica 12 luglio 2020

La Sinfonia Incatenante - Ilaria Vecchietti


Buongiorno, Cari Amici Lettori!
Oggi torniamo ad Armonia con il bellissimo e lungo racconto che Ilaria Vecchietti, (la nostra blogger preferita ♥) ha scritto per la prima raccolta "Un Giorno ad Armonia";
potete trovare l'ebook gratuito sul sito di Armonia.
(Vi ricordo che sto ancora raccogliendo i racconti per la nuova raccolta "Un Giorno ad Armonia 2020" #armonialatuastoria.)

La Sinfonia Incatenante


Racconto inserito durante La melodia rivelatrice, prima della partenza per la scuola Les Musiciens.


Giulia adorava passare il tempo nella biblioteca di Armonia, in mezzo a tutti quegli scaffali di legno scuro molto lavorato, lucido e ben tenuto, stracolmi di libri di ogni genere e spessore. Respirare l’odore della carta, dell’inchiostro e del sapere la rilassava come una dolce ninna nanna.

Come per ogni biblioteca i volumi erano suddivisi in sezioni: Storia della Musicomagia, Brani di Musicomagia, Animusi, Teoria di Musicomagia. Poi c’era il reparto segreto, riservato ai professori e agli studenti dell’ultimo anno, nascosto tra gli scaffali, la cui porta era avvolta da una sottile nebbiolina verde; ma a Giulia e a Pietro – dopo gli eventi del primo anno – era stato permesso entrarvi. Lì c’erano i reparti: Astronomia, Origini di Armonia, Storia recente di Armonia, I Tecno e molto altro.

Fu quel giorno che, addentrandosi maggiormente e scavando tra gli scaffali, Giulia si imbatté nella sezione Miti e Leggende. Lì, al contrario del resto della biblioteca, i libri parevano dimenticati a se stessi: erano in disordine e coperti da vari strati di polvere. Giulia cominciò a sfiorarne il dorso di alcuni, molto vecchi, a giudicare dalle copertine usurate e non in cartoncino; intanto Ciccio – il piccolo e paffutello topogallo – svolazzava in giro, impolverandosi le soffici piume azzurrine.

Quando Giulia estrasse uno dei libri, una nuvola di polvere la investì costringendola a tossire. Lo aprì su una pagina a caso: la carta era sottilissima e ingiallita, il testo sembrava scritto a mano – con una calligrafia di altri tempi, piena di fronzoli e ghirigori – come pure i disegni, che raffiguravano quelli che parevano animusi, ma che lei non conosceva e non aveva mai visto. Lo rimise al suo posto e ne prese un altro, sfogliando anche quello a caso, fin quando la sua attenzione venne attirata da un nome: Umanimusi. Quella parola la faceva ancora sussultare parecchio e quasi trattenere il respiro; dentro di sé invece sentiva Sirio sorridere.

Prese a leggere quello che vi era scritto, ma sia perché le parole erano un po’ sbiadite dal tempo e sia perché non ne capiva del tutto il significato, riuscì a decifrarne ben poco… ma quello che capì le mise quasi paura!

Si parlava soprattutto di Tarcisio Superbi: uno dei più potenti Musimaghi che la storia di Armonia ricordi, con un’intelligenza sconfinata, divenuto un Umanimusi più che altro grazie a un incantesimo di sua invenzione, in grado di fargli acquisire qualunque dote animale volesse. Si diceva sapesse volare, respirare sott’acqua, udire gli ultrasuoni, fiutare gli odori a chilometri di distanza e molto altro ancora.

Avida di potere e conoscenza, la sua mente aveva ceduto alla follia, facendogli desiderare di governare, non solo la Terra e il pianeta sul quale sorgeva Armonia, ma l’intero l’Universo… e si pensava che nessun Musimago o Tecno o chiunque altro avrebbe avuto la forza necessaria a contrastarlo e fermarlo, dati i suoi poteri praticamente illimitati.

L’Universo sembrava condannato. Tuttavia venne salvato da quattro particolari animusi, denominati in seguito Leggendari. Non si capì da dove venissero o come ci riuscirono, si seppe solo che sconfissero Tarcisio sacrificando la loro vita.

Giulia spostò lo sguardo sul disegno a fianco: i quattro eroi vi erano raffigurati in maniera approssimativa. Ciò che la colpì subito fu che indossavano indumenti umani e brandivano strumenti musicali. Che siano stati anche loro Umanimusi? si domandò voltando le pagine, alla ricerca di altre informazioni su Tarcisio o su altri Umanimusi misteriosi, ma non trovò nulla di interessante.

Rimise il libro sullo scaffale e nel farlo ne urtò un altro, facendolo cadere. Si inchinò per prenderlo e, come guidata da un’energia estranea, si girò verso l’ultimo ripiano in basso. Non seppe spiegarsi né come, né perché, ma spostò i libri… e dietro ne scovò uno molto particolare. Lo afferrò subito: era molto spesso e pesante, dalla copertina di cuoio dorata e finemente elaborata. Era chiuso da un lucchetto, il cui buco della serratura era a forma di nota musicale. Nessun titolo a identificarlo. La ragazza iniziò a studiarlo con molta attenzione, era come se ne fosse attratta. Il lucchetto di ferro – senza nessuna traccia di ruggine, nonostante il libro apparisse molto antico – era ben chiuso, impossibile forzarlo e aprirlo per sfogliarne le pagine.

Ciccio volò da lei e fissò anche lui il libro. Subito Giulia sentì l’inquietudine del suo piccolo amico, ma l’animusi non seppe spiegarle perché si sentisse così. C’era qualcosa nel libro che non gli piaceva affatto, come un’aura di pericolo, o forse era solo il suo istinto selvatico che lo metteva in guardia.

Giulia si sedette a terra, gambe incrociate e occhi fissi sul libro. A differenza di Ciccio lei non avvertiva minimamente il pericolo, anzi sentiva di doverlo aprire, come se fosse il libro stesso a chiederglielo. Pensò anche di domandare spiegazioni direttamente alla Preside o ai Professori, ma quella specie di intuito diceva che sarebbe stato inutile: glielo avrebbero portato via e nascosto chissà dove… forse addirittura distrutto.

C’era qualcuno che però l’avrebbe aiutata senza fare la spia – e non si trattava né di Pietro né di Camilla: certo loro l’avrebbero anche aiutata, ma sicuramente non ne sapevano molto più di lei.

Giulia mise il libro nello zaino e sgattaiolò fuori dalla biblioteca come una ladra, con il cuore in gola e pienamente consapevole di fare uno sbaglio; eppure quella specie di energia che l’aveva condotta fino al libro continuava a insistere affinché lo aprisse.

Si recò al Lago Sussurrante dove viveva Persi, il serpesce appartenuto a suo nonno Rodolfo. Sarebbe stata lei ad aiutarla, Giulia ne era sicura: Persi sapeva sempre molte cose.

Arrivata sulla spiaggetta prese il flauto e suonò la melodia sibilante. Il serpesce non si fece attendere: subito la sua mente potente investì quella di Giulia, facendo vibrare anche Sirio, che però rimase acquattata in lei. Lentamente Persi alzò il testone dalle acque torbide e guardò Giulia, per poi strisciarle incontro. La ragazza smise di suonare e l’accarezzò dolcemente.

«Persi ho bisogno di chiederti un favore» iniziò a dire – con lei non sarebbe stato necessario parlare, bastava unire le menti, ma senza Pietro sarebbe stato difficile ritornare in sé. Ruotando leggermente il muso, Persi la fissò come in attesa. «Magari tu sai dirmi che libro sia questo» continuò la ragazza, tirando fuori il misterioso tomo dallo zaino.

Il serpesce spostò lentamente lo sguardo e Giulia fu sicura di vederla sgranare gli occhi gialli. Poi velocemente, come se fosse impaurita, Persi ritornò in acqua e sparì nell’oscurità degli abissi. Neppure la melodia sibilante riuscì a farla tornare in superficie.

Giulia rimase a bocca aperta: questo non se lo sarebbe mai immaginato!

Persi ha avuto paura di questo libro?! Si chiedeva fissandolo continuamente, attratta come una calamita. Perché?

Ritirò il libro, confusa dal comportamento del serpesce, ma ancora intenzionata a scoprire di cosa si trattasse… c’era un altro animusi – di cui si fidava – che poteva aiutarla.

Andò al recinto degli aquilupo e chiamò Furia, il compagno di Filippo. L’aquilupo fu felice di vederla e si sfregò tutto attorno al suo corpo, ma quando Giulia tirò di nuovo fuori il libro, Furia le ringhiò contro rabbioso. Poi le balzò addosso, facendola cadere all’indietro. Eppure non aveva intenzione di aggredirla e farle male. Voleva solo strapparle di mano quel libro… e ci riuscì. Agitò infuriato la testa come a cercare di romperlo, intanto che Giulia si alzava e guardava turbata la reazione dell’animusi.

Conscio di non riuscire a fare a pezzi il libro, Furia corse per poi spiccare il volo.

«Furia! No! Torna qui!» Ma ormai era già lontano. E adesso? Dove starà andando? si domandò lei, preoccupata per la fine che avrebbe fatto il libro.

Giulia si mise a camminare avanti e indietro per il recinto degli aquilupo, cercando di immaginare dove potesse andare Furia, mentre tutti gli altri esemplari del branco le stavano alla larga, guardandola con diffidenza. La ragazza percepiva chiaramente la loro inquietudine, ma non la ragione.

Poi ebbe un’illuminazione: tra gli animusi c’era una sorta di gerarchia e al vertice si trovava Persi! Furia doveva essere andato da lei… così si precipitò nuovamente al Lago Sussurrante.

Ancora prima di giungere sulla sponda avvertì le due grandi menti di Persi e Furia in contatto tra loro. «Adesso mi spiegherete cos’ha questo libro di tanto preoccupante!» affermò decisa Giulia, avvicinandosi. I due animusi la guardarono preoccupati e confusi, ma non sapevano cosa risponderle. «Allora?» insisté seria, mettendosi le mani sui fianchi e fermandosi lontana, per paura che potessero scappare ancora con il libro. Furia indietreggiò leggermente e anche Persi fece per inabissarsi. «Non ci provate!» li ammonì Giulia facendo un altro passo in avanti. «Non obbligatemi a usare la mia mente imperativa». La sua mente poteva entrare in contatto con le altre anche senza il contatto fisico e senza il permesso, costringendole a obbedirle, ma poteva essere molto pericoloso – si rischiava l’annullamento – per questo Giulia non la usava mai. L’aveva fatto, fortunatamente senza nessuna conseguenza, solo qualche tempo prima – quando si era veramente arrabbiata e non ne conosceva ancora la potenza.

Persi e Furia si guardarono, poi il serpesce sembrò sospirare rassegnato. Giulia percepì la sua mente potente chiamarla, voleva spiegarle e mostrarle la verità. La ragazza si avvicinò, mentre la sua mente si riempiva dei ricordi della sua amica: era ad Armonia, ma totalmente diversa da come la conosceva lei… poi i suoni di una violenta battaglia sovrastarono ogni cosa… che si trattasse di uno scontro contro i Tecno? Magari ai tempi di suo nonno?

Tutto si quietò, quando il suo campo visivo venne riempito da un uomo con due inquietanti e magnetici occhi gialli, proprio come quelli degli animusi superiori, uno sguardo folle a illuminargli il viso. Il suo corpo mutò nel giro di qualche secondo: dalla schiena spuntarono un paio di enormi ali di aquila, i muscoli si ingrossarono e parvero ricoprirsi di squame scure di coccodrillo, la faccia si fece a punta e la bocca si riempì di denti triangolari…

Giulia fece appena a tempo a osservare tutta la trasformazione che una particolare melodia, provocata da un flauto dolce, bloccò il tutto. Dapprima fu melodica, dolce, quasi delicata, poi aumentò di intensità e potenza, facendosi aggressiva e rude: si potevano avvertire le prepotenti vibrazioni direttamente nello stomaco. A quella si aggiunsero altri suoni di diversi strumenti, che provocarono molta confusione e quasi una disarmonia.

L’uomo dagli occhi gialli iniziò a urlare, un grido misto di dolore e ira. Qualcosa saltò veloce in avanti – una sorta di gorilla dorato con una folta criniera. Depositò a terra un oggetto e subito sparì. Giulia si sforzò di vedere bene, poi si portò le mani alla bocca, sgranando gli occhi: a terra c’era quel libro, aperto!

Chiunque stesse suonando continuò… e forse fu quella melodia a far spuntare dalle pagine del libro una specie di tornado, che risucchiò letteralmente quell’uomo inquietante – o qualunque cosa fosse – tra le pagine. Il vortice magico tuttavia non si placò: trascinò verso di sé tutto ciò che lo circondava, perfino quella specie di gorilla e altri grossi animali, che ricordavano molto i disegni degli animusi che Giulia aveva visto nei libri poco prima.

Poi il tornado sparì e il libro si chiuse col lucchetto che lo tratteneva ancora…

..Chi era quell’uomo?.. domandò Giulia a Persi, nella mente.

Il serpesce la fissò dritta negli occhi ..Tarcisio.. Non fu Persi a rispondere, ma una voce femminile, proveniente da un altro ricordo. Una giovane donna, dalla pelle ricoperta di squame verdi, stava di spalle, di fronte a quell’uomo. ..Ritorna in te, te ne prego! Distruggerai tutto.. continuava a dire.

Tarcisio la guardò divertito. Giulia avvertiva il suo desiderio per la donna misteriosa, ma anche la vena di pazzia che aveva preso possesso della sua mente.

..È troppo tardi, Giulia..

La ragazza sussultò; dei brividi le percorsero la schiena. L’uomo aveva pronunciato il suo nome…

Persi intanto era uscita dalla sua mente. Ora le aveva detto tutto, ma Giulia non riusciva a capire se quelle ultime parole facessero parte del passato o del futuro…

Scivolò a terra, esausta, anche per il prolungato contatto con la mente del serpesce. Avrebbe dovuto bere un po’ di schiantacervelli – il tonico che serviva a risvegliare la coscienza dopo un contatto mentale prolungato con gli animusi più potenti, e a tornare in sé – oppure rifugiarsi in un abbraccio di Pietro; ma non aveva la forza di chiamarlo. Si sdraiò sulla spiaggetta, in mezzo a Persi e a Furia che vegliarono su di lei come due angeli custodi.

Quando il sole stava tramontando si rialzò e guardò ancora il volume. Dunque il potente e folle Musimago Tarcisio di cui aveva letto nel pomeriggio era stato rinchiuso in quel libro?! Ancora non ci credeva, ma questo spiegava le brutte reazioni avute da Persi e da Furia. Perciò sarebbe stato meglio riportarlo in biblioteca e nasconderlo dove l’aveva trovato… strano però che si trovasse là, dove chiunque – come lei – avrebbe potuto trovarlo… Magari la preside e i professori non ne conoscevano la reale natura, forse, vedendolo chiuso con quel lucchetto, non avevano sentito la curiosità di aprirlo e lo avevano abbandonato in mezzo a tutti gli altri. Giulia non sapeva darsi una spiegazione; quel che era certo è che lo avrebbe prima rimesso a posto – non voleva averci più nulla a che fare – e poi avrebbe avvertito il suo adorato professore Filippo. Come sempre lui avrebbe trovato una soluzione.

Cercando di non farsi beccare da nessuno ritornò in biblioteca fino al reparto Miti e Leggende; ma quando riprese in mano il libro quell’energia sconosciuta l’avvolse di nuovo, accarezzandole la mente come una mano delicata e sensuale. Sapeva di doverlo riporre nello scaffale, ma dentro di sé avvertiva Sirio rigirarsi e cullarsi con quell’energia.

Giulia cominciò a provare paura, una strana sensazione allo stomaco la colse all’improvviso. Era Sirio, la percepiva chiaramente… voleva uscire!

Cercò di trattenerla il più possibile, ma poi la sua forza dirompente e selvaggia la travolse. Sirio comparve e Giulia fu scacciata in un piccolo angolino remoto della sua coscienza.

Sirio avvertiva in modo maggiore quell’energia potente e antica, aveva perfino un odore che la inebriava, lo fiutava nel libro con il lucchetto. Sapeva che la sua amica Persi e l’aquilupo Furia avevano messo in guardia Giulia, ma lei ne era profondamente attratta…

Non seppe dire né come, né perché, ma prese il flauto di legno di Giulia e, come sapeva fare la ragazza, se lo portò alle labbra. Le sue zanne lasciarono dei segni sull’imboccatura. Sirio non sapeva come si usasse, ma provò ugualmente… ci soffiò dentro, sputando anche un po’. Ne uscì un suono stridulo. Come fa Giulia? si domandò… Sapeva che l’altra muoveva le mani a coprire i fori lungo lo strumento e cercò di imitarla, anche se era ostacolata dai lunghi artigli. Il risultato furono note stonate e senza senso…

Poi quell’energia l’accarezzò ancora e fu come se le entrasse nella mente. Sirio soffiò nuovamente nel flauto e le mani presero a muoversi velocemente come memori di un antico ricordo, facendo scaturire una melodia sconosciuta, tetra e ritmica.

Sirio continuò a suonare, fin quando si formò una nuvoletta viola, come fuoriuscita dal flauto stesso. Sirio la guardò curiosa, ma non smise di suonare. Quella nuvola sbrilluccicante svolazzò attorno al libro, appoggiato a terra, poi prese la forma di una chiave e si infilò nel buco del lucchetto… aprendolo!

Come animato di volontà propria, il libro si aprì di scatto. Sirio si chinò, mettendosi a quattro zampe per guardarlo meglio. Ora quell’energia sconosciuta era molto più forte, quasi tangibile. Le pagine però erano completamente vuote, bianche, come se fossero di un quaderno nuovo.

Qualcosa non andava… ormai Sirio riusciva a percepire il pericolo proveniente dal libro – la sua amica Persi aveva avuto ragione – ma ne rimaneva comunque attratta, come le zanzare sono attratte dalla luce. Era come se il libro la stesse chiamando a sé, come se fosse qualcosa di vivo. Piegò la testa da un lato per cercare di capire meglio, poi allungò lentamente un dito per sfiorare la pagina… e lo ritrasse subito impaurita!

Il dito era passato attraverso la pagina e dal punto del contatto ora si stavano propagando dei cerchi concentrici, uguali a quelli formati dal lancio di un sasso nell’acqua.

I cerchi si fermarono, ma le pagine continuarono a tremolare leggermente, come se qualcuno le stesse ancora toccando. Sirio si ritrasse, stringendosi le gambe al petto e fissando ora il libro spaventata e sconcertata. Avrebbe dovuto dare retta a Persi e a Furia…

Poi una sorta di onda d’urto invisibile si sprigionò dal libro, mandandola a sbattere contro uno scaffale. I libri caddero, le finestre si infransero e grida umane si dispersero nell’aria. La situazione si stava mettendo male, anzi malissimo, Sirio avvertiva perfettamente delle energie negative espandersi dal libro e invadere tutta Armonia. Si trascinò fino alla finestra, stando ben attenta a non tagliarsi con i vetri, vide il cielo scurirsi e il sole azzurrino farsi sempre più nero. Le tenebre stavano calando, gettando nel panico più profondo persone e animusi. Sentiva tutta la natura tremare, memore di un antico pericolo cui aveva dovuto già assistere… ed era tutta colpa della sua curiosità e di quell’energia che aveva plagiato la sua giovane mente selvaggia.

Il caos sembrò scuotere tutta Armonia, un nemico senza volto e senza corpo parve aggirarsi ovunque. Sirio non sapeva spiegarsi perché, eppure sentiva il male crescere… poi di colpo udì il suono di una melodia. Subito la riconobbe come quella che Persi aveva mostrato a Giulia, nei suoi ricordi.

Quell’insieme di suoni di diversi strumenti le penetrarono le orecchie, provocandole molto fastidio. Sirio si portò le mani alle tempie, come a cercare di attenuarne il suono, per poi accasciarsi a terra… e fu allora che vide uscire dal libro due grosse mani ricoperte sia da squame che da peli, le cui dita terminavano in lunghi artigli neri ricurvi. Un essere mostruoso e diabolico sembrò voler sbucare direttamente dalle pagine, ma la musica formò un tornado – come Giulia aveva visto nella mente di Persi – e risucchiò la creatura al suo interno… poi la furia del tornado trascinò anche Sirio nel suo vortice e nel libro, che infine si richiuse nuovamente con il lucchetto.


Giulia si risvegliò in un bosco sconosciuto, Sirio l’aveva fatta riemergere. La ragazza si guardò attorno spaesata… poi ricordò tutto quel che il suo alter ego aveva fatto. Era all’interno del libro!

Le lacrime salirono ad offuscarle la vista, ma non era il momento di piangere: doveva trovare una soluzione per uscire dal libro e tornare ad Armonia… e doveva farcela da sola, nessuno a casa sapeva dove si trovasse… e poi doveva ancora capire: com’era possibile essere dentro a un libro?!?!

Si guardò attorno, era tutto tremendamente reale… alberi così alti da non vederne le cime e tronchi talmente grandi che non sapeva dire quante persone sarebbero servite ad abbracciarli; le foglie larghe, spesse e lucide erano di un verde molto intenso, quasi fossero dipinte da un pittore; l’erba del sottobosco alta e rigogliosa, al tatto morbida e fresca; l’aria profumava di fiori e frutta, ma la ragazza non riusciva a capire se fosse giorno o notte: le chiome degli alberi erano così fitte che non permettevano alla luce – del sole o della luna – di penetrare fino al suolo.

Giulia cercò di calmarsi facendo lunghi respiri, si concentrò e allargò la mente, in cerca di una qualche forma di vita. Si trovava in una giungla straniera che poteva benissimo essere abitata da chissà quali creature… senza contare quell’essere che stava per uscire dal libro! Chissà chi era? O cos’era?! In realtà preferiva non fare la sua conoscenza: Sirio aveva percepito la sua mente e la sua energia negativa solo per pochi secondi e non le era affatto piaciuta! Eppure se ora si trovava davvero in quel libro, quell’essere era lì da qualche parte… magari in agguato e pronto ad attaccarla! Doveva stare bene in allerta.

La sua mente captò qualcosa in lontananza, ma non sembrava pericoloso, anzi: magari chiunque fosse poteva aiutarla. Perciò si incamminò in quella direzione, tra i colori accesi e a volte addirittura fluorescenti della giungla; scavalcando le grosse radici degli alberi fuoriuscite dal terreno e inzuppandosi quasi fino al ginocchio in grandi pozze di fango. Ogni tanto si aiutò con qualche liana che penzolava dagli alberi…

ma l’ultima che afferrò fu diversa, fredda e squamosa!

«Per tutte le sincopi! Chi mi afferra?» sibilò una voce all’improvviso.

Giulia lasciò immediatamente la liana e la vide diventare rossa e gialla, muoversi e strisciare su fino a nascondersi tra le fronde dell’albero. La ragazza indietreggiò e scivolò nel fango, cadendo all’indietro e trovandovisi immersa fino al petto. Intanto quella cosa rossa e gialla era ridiscesa e la sua testona, munita di creste e di due occhi gialli a palla che si muovevano indipendentemente uno dall’altro, le si avvicinò sibilando. Giulia trattenne il respiro.

«Chi siete lady?» sibilò ancora la creatura, inclinando la testa di lato.

La ragazza deglutì la saliva che le si era fermata in bocca e sgranò gli occhi. «Ma tu parli?!» chiese quasi balbettando, anche se non era propriamente una domanda.

«E cosa vi sarebbe di strano? Anche voi avete il dono della favella» le rispose, piegando la testa dall’altro lato. La stava squadrando per bene.

Giulia pensò che probabilmente non aveva mai visto una ragazza.

«Ma cosa sei?» domandò allungando appena una mano, e cercando, allo stesso tempo, di percepire la sua mente.

La creatura si ritrasse di scatto. «Cosa credete di fare? Volete forse entrarmi nella mente!» sibilò indignata.

«Scusa» si scusò Giulia abbassando la mano e ritirando la mente.

«Orbene, se sapete usare i poteri mentali significa che anche voi, lady, siete un animusi? Non riesco però a comprendere a quale specie apparteniate». Poi si avvicinò ancora. «E avete anche un odore strano, non proprio di animusi».

Giulia non sapeva cosa dire, percepiva la diffidenza dell’altro e la sua curiosità, come se non sapesse se fidarsi o meno. «Mi chiamo Giulia» si presentò alzandosi in piedi e uscendo dal fango. «E non sono un animusi». La creatura si allontanò ancora da lei allarmata e spalancò gli occhi. La ragazza riuscì a percepire la sua paura. «Sono un’umana».

La creatura aprì la bocca e spinse fuori con un sibilo la lingua biforcuta, gli occhi ridotti a due fessure. Ora a Giulia parve di sentire anche dell’odio… forse non era stata una buona idea dirgli che era umana, sembrava proprio in procinto di attaccarla…

«Un’umana dite?» ripeté la creatura e nel suo sibilo la ragazza avvertì chiaramente sarcasmo, disprezzo e risentimento, senza però conoscerne il motivo.

«Ordunque mi presento: gonfaloniere Irenio, animusi della specie Camalconda». Camalconda? pensò Giulia. Ma sì: camaleonte – anaconda. Ora infatti notava i tratti dei due animali terrestri: la testa del camaleonte e il corpo – senza zampe – e la lunga coda da serpente. «Sono secoli che non vedevo umani, come siete riuscita a varcare la soglia del nostro mondo, lady?» continuò l’animusi, mentre la studiava sempre più diffidente.

Giulia fece un mezzo sorriso. «Sono sicura che, se te lo raccontassi, non ci crederesti e mi prenderesti pure per matta»… In effetti anche a lei sembrava tutto surreale. Eppure le era accaduto veramente!

«Non importa, a me non interessa». Ora il suo tono era sprezzante. «Dovete esporlo al nostro re e rimettervi al suo giudizio».

Re? pensò la ragazza, ma non fece in tempo a chiedere spiegazioni, che fu avvolta dalle possenti spire di Irenio. L’aveva immobilizzata – la ragazza poteva ancora respirare, ma era completamente bloccata – e ora la stava trascinando via da qualche parte.

Giulia cominciò ad aver davvero paura. Dove la stava portando Irenio, ma soprattutto: poteva fidarsi? Il tono che usava da quando aveva scoperto di trovarsi di fronte a un’umana, come se odiasse il genere umano, non le piaceva per niente.

La paura prese il sopravvento e Giulia non si rese neanche conto di quel che fece: diede una forte scossa a Irenio, come aveva fatto quando Arci aveva tentato di baciarla o quando Lisa e le sue amiche avevano aggredito lei e Camilla.

Il Camalconda gridò di dolore e, fermandosi di colpo, allentò la stretta permettendole di sgusciare fuori dalle sue spire. La paura continuava a dominarla, perciò Giulia corse via nella direzione opposta a quella verso cui la stava portando Irenio.

Scappò nella giungla senza una meta precisa: in fondo non sapeva neanche dove si trovasse. Corse più velocemente possibile, fino a rimanere senza fiato. Si trovò così sulla sponda di un laghetto circolare dalle acque scure, più torbide del Lago Sussurrante e nettamente più piccolo; tanto che si poteva vedere la sponda opposta. La sua attenzione fu attirata dall’isoletta al centro, su cui sorgeva una sorta di piramide maya. Giulia voleva andare a vederla, ma non c’era modo di attraversare le acque, se non nuotando… e il suo istinto le diceva che quel lago non era disabitato.

Perciò prese un lungo ramoscello e lo immerse nel lago, muovendolo a destra e a sinistra… quando avvertì qualcosa afferrarlo con decisione. La ragazza cercò di tirare fuori il ramo per vedere cosa vi si fosse attaccato così prepotentemente… e fu molto faticoso riuscirci! Quando riuscì a trascinarlo a riva vide una sorta di pesce con i tentacoli che mordeva furioso il ramo, quasi fosse una preda, dibattendosi agitato sul terreno. Stando attenta a non toccare quello strano animale, e i suoi denti affilati, Giulia lo ributtò nel lago.

«È un polinha». La voce maschile – e con qualcosa di animalesco – proveniva dalle sue spalle. La ragazza si voltò di scatto, spaventata e allo stesso tempo curiosa di conoscere il nuovo arrivato. «Tentacoli da polipo e testa e voracità da piranha» continuò quella strana creatura. Giulia l’osservò – era una sorta di gorilla dorato con una folta criniera, avvolto in un mantello verde scuro, orlato di una pelliccia bianca – e subito si ricordò ciò che le aveva mostrato Persi sul libro col lucchetto: una creatura, che assomigliava molto a quella che aveva di fronte, lo aveva aperto e posto accanto al Musimago Tarcisio, prima che venisse risucchiato dal tornado. Che sia la medesima creatura?

Il gorilla-leone spostò gli occhi su di lei, e Giulia vide e sentì tutta la sua incredulità. Sembrava volesse parlare, ma forse la sorpresa e la confusione – che la ragazza non riuscì a comprendere – lo bloccarono, lasciandolo a bocca aperta e con le zampe artigliate protese verso di lei. Parve avesse smesso perfino di respirare.

«Giulia» la chiamò con un filo di voce, e stavolta fu lei a sgranare gli occhi. Come faceva a conoscere il suo nome? Forse lo aveva appena saputo da Irenio…? «Giulia, ma siete voi, mia signora?!». No, da come le parlava non era stato il Camalconda, a dirglielo, quel gorilla-leone sembrava conoscerla personalmente. La ragazza rimase a osservarlo stupita, senza muoversi e senza fiatare, senza riuscire a mettere in fila i pensieri.

«Dopo tutto questo tempo…».

«Come… come fai a conoscermi?» riuscì a domandare lei alla fine.

La creatura inclinò la testa, squadrandola per bene, come a volerla studiare nei più piccoli dettagli. «Non siete forse madonna Giulia Accordi?» domandò ancora, avvicinandosi maggiormente.

Nome e cognome. Lui sapeva il suo nome e cognome, ma com’era possibile? Giulia non riusciva proprio a spiegarsi come una creatura – mai vista prima in vita sua – insolita, parlante e che – da come erano andate le cose – prigioniera dentro a un libro, potesse sapere il suo nome e cognome! Non aveva alcun senso!

Poi ebbe un’illuminazione. «Forse non sono la Giulia Accordi che conosci» cominciò a dire, e vide la creatura ritrarsi leggermente, anche se da lui – al contrario di Irenio – non le giungevano odio o paura, piuttosto un certo affetto.

«Cosa state insinuando?».

«Io… io ho un’antenata che si chiamava Giulia Accordi, proprio come me. Magari è lei che conoscevi?» chiese la ragazza, cercando di formulare qualche pensiero che avesse un senso.

«Antenata? Significa che è passato molto tempo anche ad Armonia? Pensavo che qui il tempo scorresse in maniera differente». Poi la guardò ancora. «Eppure siete così identica a lei». Scosse la testa, facendo ondeggiare la fluente criniera, come per allontanare i pensieri, e fu allora che Giulia notò una corona verde, ornata da note musicali in rilievo rosse, sul suo capo. «Perdonatemi allora – si inchinò leggermente, portandosi una zampa all’altezza del cuore – dopo gli eventi funesti delle ultime ore, pensavo e speravo che la mia cara amica Giulia Accordi fosse tornata a salvarci».

Amica? Eventi funesti? Giulia non riusciva a capire cosa stesse accadendo, ma soprattutto come quella creatura conoscesse la sua antenata… e aveva menzionato pure Armonia…

«Comunque, scusatemi ancora, lady, per le mie maniere. Non mi sono presentato. Sono re Axel Leorilla».

Leorilla? Eh già, l’aveva detto che assomigliava a un leone e a un gorilla. «Piacere mio» rispose Giulia sorridendo e cimentandosi in una sorta di riverenza. «Ma dove siamo?» chiese guardandosi ancora intorno.

Axel sembrò confuso. «Siete riuscita a giungere fin qui, ma non sapete dove ci troviamo?». Poi la guardò dritta negli occhi verdi. «Scommetto… che non sapete neppure come ci siete finita…». Giulia abbassò il viso, imbarazzata dallo sguardo fiero e maestoso del re. «Suvvia, non temete. Rechiamoci a palazzo, dove potremo parlare in tutta tranquillità».

Giulia seguì Axel. Quell’animusi le ispirava molta tranquillità e fiducia, in lui percepiva un animo buono, leale e coraggioso. Si fidò ciecamente e lo seguì per tutta la giungla. Incontrarono ancora Irenio che inchinò la testa al passaggio del re, ma gettò uno sguardo torvo verso Giulia, che ancora non riusciva a comprenderne il motivo.

Arrivarono in una sorta di borgo medievale, con case basse di pietra e legno, strade – lastricate in pietra – ampie e ben pulite, fontane, botteghe artigiane e giardini rigogliosi e ben curati, da dove provenivano profumi inebrianti. Per strada camminava ogni genere di creatura – tutti animusi pensò Giulia – che si inchinavano davanti al loro re. A Giulia sembrò di essere tornata indietro nel tempo. C’erano carrozze, menestrelli e locande da cui fuoriuscivano invitanti odorini, che le ricordarono il suo stomaco vuoto.

Poi Giulia e Axel arrivarono dinnanzi a un enorme castello, con tanto di mura merlate, guglie, torri e fossato. All’interno, oltre il ponte levatoio azionato da quelle che parevano guardie, vista l’armatura, si avvicinarono alla roccaforte, il fulcro dell’intera cittadina.

Re Axel continuò a far strada a Giulia, tra le varie stanze ricche di mobili sontuosi di legno, arazzi dai mille colori e quadri pittoreschi che rallegravano l’ambiente, intanto che il Leorilla dava indicazioni a servitori e valletti.

«Accomodatevi pure, lady» la invitò Axel, scostando una sedia da un lunghissimo tavolo rettangolare, posto al centro di una sala che sembrava un museo.

Giulia si accomodò ringraziando e, ancora imbarazzata dai modi gentili e nobili dell’animusi, e da quello sguardo che le trasmetteva molto affetto, lo guardò sedersi di fronte a lei e fissarla teneramente con gli occhi gialli. La ragazza non sapeva cosa dire, era curiosa e aveva mille domande, ma non conosceva gli usi di quel luogo.

A distrarla fecero capolino tre servitori. Due apparecchiarono la tavola per lei e Axel, il terzo portò una brocca d’acqua e ne versò un po’ in due bicchieri di vetro, per poi lasciarla sul tavolo e sparire di nuovo, probabilmente in cucina.

«Spero che della semplice acqua possa aggradarvi» si augurò il Leorilla, alzando il calice verso Giulia.

«Oh, sì, certo» rispose la ragazza, prendendo il bicchiere e portandolo alla bocca.

«Non facciamo un brindisi?» domandò ancora il re, protendendo maggiormente la zampa verso l’ospite.

«Va bene, scusa, non sono abituata a queste formalità. Non so neanche se devo darti del tu, del lei, del voi, o se chiamarti re, vostra maestà, vostra altezza…».

La risata gioiosa di Axel la interruppe, lasciandola un po’ confusa. Però le piaceva quella risata, calda, solare e contagiosa. «Non vi preoccupate dell’etichetta, chiamatemi solamente Axel. Anche la vostra antenata non era avvezza a simili usanze e più di una volta si trovò impacciata e imbarazzata per i propri modi, che lei stessa definiva goffi e rozzi. Allora, brindiamo al nostro fortuito incontro?».

Giulia annuì. Fecero tintinnare i cristalli.

«Seguitemi sul ballatoio» disse ancora il re, dopo aver bevuto un lungo sorso.

Giulia uscì e da quell’altezza vide tutta la città, o almeno una grande parte. Era immensa, quanto una metropoli sulla Terra, ma come ad Armonia la natura era viva, incontaminata e presente in tutte le sue forme. «È bellissima».

«Vi do ufficialmente il benvenuto a Sinfonia» affermò Axel, allargando le zampe come ad abbracciare l’intera città. «Questa è la nostra casa, il nostro mondo, ed io, come vi ho già detto, ne sono il re».

Tornarono dentro, intanto che rispuntavano i servitori, portando vassoi stracolmi di pietanze da servire ai due commensali.

Nel mentre mangiavano, Axel le rivelò la loro storia. Quando l’antenata di Giulia Accordi aveva suonato la melodia creatrice, non aveva dato vita solo ad Armonia, ma anche ai primi animusi, partendo proprio da Axel. Il Leorilla e gli altri erano molto diversi dagli animusi creati successivamente, forse perché – nonostante non si sapesse bene come – il loro dna presentava tracce umane.

Umanimusi forse? pensò Giulia, però non ne fu sicura. Gli Umanimusi erano umani al cento per cento, sviluppavano solo in seguito le caratteristiche di un animusi, con cui sperimentavano un forte contatto.

Lasciando da parte i suoi dubbi, la ragazza riprese a seguire il discorso del re. Giulia – l’antenata – aveva salvato il popolo dei Musimaghi dai loro antichi nemici creando Armonia; in seguito aveva ideato varie melodie per vivere in quel mondo, che in principio aveva prosperato nella tranquillità e nella natura… ma la felicità è l’intermezzo tra due sciagure…

Un Musimago, non si sa se per superbia, per avidità di conoscenza o per semplice ambizione di potere, volle evolversi al di sopra di Giulia la salvatrice.

«Non so se sapete, lady, ma la vostra illustre antenata aveva un dono. Un grande dono. Poteva mutare» continuò Axel.

«Mutare?» ripeté Giulia confusa.

«Sì, il suo corpo si ricopriva di squame verdi. E le spuntava anche la coda». A quella descrizione la ragazza sussultò: forse, come lei, la sua antenata era stata un Umanimusi? Somigliante a Sirio? «Diventava simile al suo drago» continuò il re nella descrizione.

«Un drago?»»

La storia di Axel stava diventando davvero articolata e per certi versi inverosimile… e a pensarlo era lei, una ragazza col dono dell’Umanimusi, che era finita all’interno di un libro!

«Possedeva un drago, un animusi, per la precisione». Axel si bloccò, come se stesse riflettendo, frugando tra i suoi numerosi ricordi. «Non mi sovviene il nome, troppo tempo è trascorso da allora. Secoli». Giulia lo aveva già intuito, sia perché conosceva la sua antenata, sia perché parlava in modo ricercato.

Il re riprese a raccontarle la loro storia: quel Musimago divenuto ormai nemico di Armonia riuscì a comporre una melodia per acquisire particolari tratti animali, mutando anch’egli l’aspetto, proprio come Giulia Accordi.

Il suo progetto di grandezza, potere e follia si ampliò, uscendo dai confini di Armonia… ma come era già successo in passato solo Giulia Accordi poté trovare una soluzione, salvandoli e riportando la felicità nella piccola comunità dei Musimaghi. In seguito – aiutata da amici e animusi – compose non una semplice melodia, ma una vera e propria sinfonia, da eseguire con cinque strumenti musicali.

«La Sinfonia Incatenante, così la chiamò» proseguì Axel con lo sguardo perso nel vuoto, come se rievocando quei vecchi ricordi non stesse più vedendo la ragazza dal lato opposto del tavolo, ma rivivesse il tutto in prima persona.

«E poi?» chiese piano Giulia, quando il Leorilla fece una pausa troppo lunga.

Il re scosse la testa, tornò a fissarla e riprese il discorso: non ci fu modo per sconfiggere il nemico e Giulia non volle assolutamente ucciderlo, l’unica soluzione fu rinchiuderlo, ma in un luogo da cui non sarebbe mai potuto fuoriuscire… in più la sua antenata confidava che il tempo lo redimesse dalle proprie colpe. Nessun luogo esistente era però abbastanza potente per trattenerlo, se non usando ancora la Musicomagia. Presero un libro completamente bianco e con la Sinfonia Incatenante lo risucchiarono tra le pagine, dove, attraverso numerose altre magie, era già stato costruito un mondo che potesse ospitarlo.

Giulia trattenne il fiato, tutte quelle parole le rifacevano rivivere le immagini mostrate da Persi sulla riva del Lago Sussurrante. Non riusciva a crederci, ma ora ogni cosa cominciava ad acquisire un senso e i pezzi del puzzle andavano al giusto posto.

«Quindi, Sinfonia…» iniziò a dire allargando le braccia, come per indicare tutto il loro mondo, ma non riuscì a finire la frase.

Axel comprese perfettamente il suo pensiero e annuì. «Sì, la nostra Sinfonia è il mondo all’interno del libro creato per rinchiudere Sir Tarcisio».

Quel nome! Lo stesso presente nei ricordi di Persi! Ma com’era possibile che la sua amica avesse assistito all’evento? O forse aveva il dono di vedere il passato, come quando le aveva mostrato – assieme a Pietro – le immagini del loro futuro? Eppure tutto quadrava… e quindi quella ragazza con la pelle verde che aveva parlato a Tarcisio era la sua antenata?! Troppe informazioni! Le stava venendo mal di testa.

«Perciò lui è qui?» chiese ancora, curiosa e intimorita allo stesso tempo riguardo la sorte del nemico.

Il re sospirò e si appoggiò allo schienale imbottito della sedia. Sorseggiò l’acqua come fosse un pregiato vino. Guardò poi verso la finestra, rimirando il cielo viola e arancione, con quel sole nero. «Egli è qui» rispose ritornando a guardare Giulia, che deglutì la saliva ferma nella sua bocca.

«E dove si trova?» domandò poi. Il cuore le martellava nel petto tanto velocemente che pensò si potesse sentire.

Axel si passò una zampa artigliata tra la folta criniera dorata. «La nostra storia non è ancora conclusa» disse, per poi riprendere a raccontarle come anche alcuni animusi, fra cui lui, fossero finiti del libro.

La Sinfonia Incatenante si dimostrò ancora più potente di quanto si fosse pensato, perciò non risucchiò solo Tarcisio, nel libro, ma anche – e prima di tutto – gli animusi che l’avevano eseguita, accompagnando il flauto dorato di Giulia, e in più tanti altri animusi che si trovavano nei paraggi. La stessa Giulia rischiò di essere intrappolata, ma fu prontamente protetta dal suo drago, dal suo compagno e dal drago del suo compagno.

Giulia annuì a ogni parola, era proprio come quello che le aveva mostrato Persi… ma una volta giunti nel libro?

Dopo lo smarrimento iniziale, Axel riorganizzò in fretta gli animusi, in modo da riuscire a difendersi e a catturare Tarcisio, che senza il suo flauto era praticamente inerme, tranne che per la mente potente e contorta. Gli animusi, guidati dal prode, coraggioso e forte Leorilla riuscirono a confinare il nemico in una sorta di prigione acustica.

«Il Tempio del Silenzio, quello in mezzo al lago in cui ci siamo incontrati, lady». Giulia strabuzzò gli occhi: si era trovata così vicina a quel folle Musimago?! E per giunta curiosa di avvicinarsi oltre a quella piramide di pietra?! Perché doveva sempre cercarsi i guai? Per fortuna era stata fermata in tempo… «Come vi ho detto – proseguì Axel, strappandola dai suoi pensieri – senza il suo flauto non può uscire e il Tempio del Silenzio ostacola ogni suono esterno, tranne che la Sinfonia Incatenante. La eseguiamo ogni giorno, all’alba e al tramonto, per mantenerlo debole e ingabbiato».

A quel punto il re smise di parlare e tornò a guardare la finestra. Giulia avvertì una grande tristezza e forse un po’ di paura, poi ricordò una cosa. «Al Tempio del Silenzio avevi accennato a certi eventi funesti…» disse lasciando la frase in sospeso.

Axel si alzò e andò versò il ballatoio a rimirare quel cielo irreale, che non presagiva nulla di buono, soprattutto con quel sole nero che pareva un occhio di una divinità maligna, intenta a scrutare Sinfonia con aria minacciosa. In lontananza grossi nuvoloni scuri lanciavano lampi blu. Il re strinse forte la balaustra. «Eventi funesti è solo un eufemismo e il preludio di ciò che temo accadrà al nostro mondo… e forse anche ad Armonia» disse sentendosi raggiungere da Giulia.

La ragazza rimase in silenzio; dal sovrano di Sinfonia proveniva una grande paura. «Riguarda Tarcisio?» domandò dopo un silenzio che le parve eterno.

Il Leorilla si girò e la guardò intensamente negli occhi verdi, identici a due smeraldi. «La Sinfonia Incatenante per tutti questi secoli è riuscita a contenere il Musimago, ma non abbiamo idea di cosa sia successo: qualche ora fa, una melodia ignota ha attraversato l’aria. Non sappiamo neanche da dove sia provenuta, ma abbiamo visto i suoi effetti. Il cielo si è tinto di viola con sfumature arancioni, quando è sempre stato celeste e limpido. Il sole arancione si è oscurato come se si fosse spento. L’aria è diventata fredda. Gli alberi stanno perdendo le foglie e i fiori stanno appassendo. Credo che Sinfonia stia morendo». A quelle parole Giulia si portò una mano alla bocca, inorridita da quell’eventualità. Non poteva credere che quel mondo tanto bello fosse sul punto di svanire, ma come poteva essere? «Tutti, colpiti da questi eventi, abbiamo presunto fosse opera di Tarcisio. Io e gli altri custodi e suonatori della Sinfonia Incatenante ci siamo precipitati al Tempio del Silenzio, e abbiamo visto con i nostri occhi e udito con le nostre orecchie la melodia diventare una nuvola viola, per poi prendere la forma di una chiave, inserirsi nella serratura della prigione, girarsi e aprire la porta. Quando la melodia è svanita, una forza invisibile ci ha scaraventato a terra, ma abbiamo visto lo stesso Tarcisio uscire. Sopra il Tempio del Silenzio si sono formati dei cerchi concentrici, che si muovevano verso l’esterno. Tarcisio è volato in quella direzione, cercando di infilarcisi dentro. Credo che quello fosse il passaggio che collega Sinfonia ad Armonia, lo stesso che per qualche ragione avete usato anche voi, Giulia. In ogni caso, il nostro compito rimane tenere qui Tarcisio, perciò abbiamo suonato la Sinfonia Incatenante ancora una volta. Il tornado creatosi ha impedito al Musimago di fuggire. Non ho idea di cosa sia successo di preciso: Tarcisio non è riuscito a scappare, si nasconde da qualche parte qui a Sinfonia. I miei soldati sono alla sua ricerca».

Giulia rimase in silenzio. Quelle parole le avevano tolto tutto il fiato e i suoi pensieri erano un groviglio inestricabile. Poi realizzò: doveva essere tutta colpa sua. Aveva trovato quel libro e Sirio l’aveva aperto con una strana melodia, poi la nuvola viola che si era trasformata in chiave, quelle mani artigliate che avevano cercato di uscire dal libro, il tornado che l’aveva risucchiata a Sinfonia… tutto coincideva con il racconto di Axel. Era lei la causa della distruzione ormai prossima di quel mondo magico e favoloso.

Scosse la testa e tornò a sedersi, completamente immersa com’era nei propri pensieri non si accorse neppure del maggiordomo che entrò per avvertire il re che qualcuno voleva parlargli. Tornò alla realtà solo quando il Leorilla la chiamò numerose volte per nome. Davanti a lei tre nuovi arrivati la osservavano incuriositi.

«Madonna Giulia Accordi vi presento la squadra al completo dei custodi e suonatori della Sinfonia Incatenante» esordì il re, per poi presentarli uno a uno. Prima di tutto indicò quello che pareva un grosso ragno azzurro/verde/grigio con la testa di ippopotamo. «Midio Ippopogno, duca della Foresta Diesis». In seguito fece un salto in avanti un canguro rosso/arancione ricoperto da una specie di armatura di armadillo. «Udilla Cangadillo, marchesa della Prateria Croma». Per finire fece due passi un cammello dal manto giallo sabbia sfumato di nero e con la coda e le chele di uno scorpione. «Selmo Scorpiomello, conte del Deserto Bemolle».

Giulia li guardò uno dopo l’altro, erano maestosi e avevano tutti un aspetto e un’eleganza che lei fra sé definì regali. Si inchinarono e la guardarono, gli occhi gialli spalancati. Sicuramente anche loro pensavano che fosse identica alla sua antenata…

«Allora? Ci sono novità?» chiese il re, sedendosi a tavola e interrompendo il silenzio.

«No maestà. Non riusciamo a trovare alcuna traccia» rispose Midio, muovendo nervosamente tutte e otto le zampe.

«Sembra essersi volatilizzato nel nulla!» affermò Udilla con voce acuta, mentre si dondolava sulla lunga coda.

«I soldati sono comunque ancora alla sua ricerca» concluse Selmo, aggiustandosi gli occhiali da vista con una chela.

I quattro animusi presero a parlare animatamente tra loro, ma Giulia non prestò più attenzione alle loro parole; era tornata a concentrarsi sui suoi pensieri. Si sentiva terribilmente in colpa per quello che era successo… perciò doveva trovare una soluzione, rinchiudere di nuovo Tarcisio nella sua prigione ed evitare che Sinfonia scomparisse.

«Vi aiuterò!» esclamò all’improvviso la ragazza azzittendo gli animusi, che si voltarono subito a scrutarla interdetti. «Non so come, ma vi aiuterò. E aiuterò Tarcisio, nessuno è veramente cattivo».

«È molto generoso da parte vostra, lady, ma Tarcisio è estremamente pericoloso e potente» disse Axel, sorridendo a Giulia, davvero commosso… ma non conosceva né il potere della ragazza, né la sua testardaggine! Quando si metteva in testa qualcosa, nessuno era in grado di farle cambiare idea, tantomeno il re di Sinfonia in persona. «Sapete, prima di rinchiuderlo nel libro, anche la vostra antenata credeva di poterlo salvare, come diceva lei, ma non ci riuscì. Poco prima di suonare la Sinfonia Incatenante mi confessò che è stato l’unico che non è riuscita a guarire, anche se non ho mai compreso il significato delle sue parole».

Giulia lo ascoltò concentrata, ma poi si perse nuovamente in mille pensieri. Presa ad architettare un qualche piano per risolvere la situazione, non avvertì né l’uscita di scena dei tre animusi, né l’arrivo di Irenio Camalconda. Solo quando sentì il profondo odio che questi nutriva nei suoi confronti, e del quale ancora non comprendeva le ragioni, si accorse della sua presenza. Rimase in silenzio per tutto il tempo in cui lui parlò con Axel, e solamente dopo che fu congedato decise di domandare al re se sapesse perché mai la odiasse così tanto.

Il Leorilla la squadrò per bene, come se non l’avesse mai vista prima. «Siete sempre più simile alla vostra antenata. Anche lei era in grado di avvertire le emozioni degli altri senza il contatto diretto». Poi sospirò. «Il gonfaloniere Irenio Camalconda non è cattivo. Molti animusi non hanno mai accettato di essere stati trasportati qui contro la loro volontà. Certo Sinfonia è un mondo meraviglioso, e grazie alla Musicomagia insegnataci dalla vostra antenata, siamo stati in grado di adattarci, ma rimane comunque un mondo circoscritto. Ci siamo spinti lontano nei tre territori che compongono Sinfonia – la foresta, la prateria e il deserto – ma a un certo punto una sorta di barriera invisibile impedisce di proseguire. Siamo intrappolati qui, e molti reputano la nostra condizione colpa della vostra antenata. All’inizio si pensava che sarebbe venuta a salvarci, ma gli anni sono trascorsi velocemente…». Lasciò la frase in sospeso, ma Giulia aveva già capito tutto. Chissà se la sua antenata aveva cercato un modo per liberarli? In ogni caso prima doveva prevenire la scomparsa di Sinfonia, e poi avrebbe tentato di aiutarli… anche perché lei stessa doveva tornare a casa…


Quella notte Giulia sgattaiolò fuori dalla stanza che le era stata assegnata, chiaramente disobbedendo al volere di Axel.

Voleva trovare a tutti i costi Tarcisio e salvarlo o rinchiuderlo nella sua prigione… anche se non sapeva ancora come fare, era sicura di poter contare sulla forza di Sirio e sulla sua scossa.

Fuori dal castello, facendo ben attenzione a non essere vista dalle guardie che facevano la ronda, espanse la mente. In quel modo, guidata solo dall’istinto, sapeva – e sperava – di riuscire a trovare la mente del Musimago.

Sempre nascosta nelle ombre si allontanò dal castello e dalla cittadina. Avvertiva molte menti e presenze, senza dubbio i soldati alla continua ricerca di Tarcisio.

Fece il giro del confine del borgo e comprese che si trovava al centro dei tre territori che formavano Sinfonia: a nord-ovest c’era la prateria, a nord-est la foresta e a sud il deserto. Tarcisio poteva essere ovunque, e anche se Axel le aveva detto che il loro mondo era limitato, non aveva idea di dove fosse il confine: quando era stata nella foresta aveva impiegato circa un paio d’ore ad arrivare al borgo, e lei non si trovava di certo vicino alla barriera… o almeno così credeva.

Voleva trovare il nemico prima del sorgere del sole perché ormai anche lei sentiva nell’aria e nella natura circostante una strana sensazione, come di instabilità, di irrequietudine. Sinfonia era davvero sull’orlo della distruzione!

Ma dove poteva nascondersi Tarcisio? Soprattutto senza il suo flauto a proteggerlo?

Poi ebbe un’illuminazione! Una volta aveva sentito dire che il miglior posto dove nascondere un albero è in una foresta

Stando continuamente in allerta e con la mente ben aperta a cogliere ogni cambiamento, si inoltrò nella foresta, rischiando di perdersi mille volte, ma alla fine ritrovò il Tempio del Silenzio… e lì captò una mente. Era strana: umana, ma contorta all’inverosimile.

Prese un grosso respiro e si fece coraggio; ormai era giunta fin lì. «Tarcisio, so che sei qui!» esclamò ad alta voce. Avvertì la sua mente agitarsi; forse non pensava che qualcuno sarebbe riuscito a ritrovarlo: chi mai avrebbe pensato che si sarebbe nascosto all’interno del Tempio del Silenzio?

«Vieni fuori! Voglio solo parlare» continuò Giulia.

Il Musimago alla fine l’accontentò, ma quel che la ragazza vide uscire era peggio della Chimera mitologica sconfitta da Bellerofonte: alto circa tre metri, con muscoli possenti, ben definiti e ricoperti da squame di coccodrillo. Due enormi ali di aquila gli spuntavano dalla schiena; una coda da scorpione svolazzava a destra e sinistra; aveva lunghi artigli neri alle mani e ai piedi, il viso a punta come quello di uno squalo, la bocca ricoperta da denti triangolari. Gli occhi gialli – quasi fosforescenti – erano oscurati leggermente dall’ombra delle varie corna ricurve cresciute ai lati del suo viso.

Giulia prese un altro lungo respiro. Doveva stare calma e ragionare. Intanto vide Tarcisio spiccare il volo e atterrare a pochi passi da lei, leggiadro come Furia e gli altri aquilupo. Si impose di non muoversi, per dimostrargli che non aveva affatto paura di lui, ma nei suoi occhi inquietanti non vide la superbia o l’ostilità che si era immaginata di trovare, bensì confusione e stupore… e le sue emozioni tradivano una qualche specie di desiderio.

«Giulia» la chiamò – con una voce a metà tra un timbro umano, un ringhio e un sibilo –sussurrando il suo nome quasi come una preghiera, o un qualcosa di evanescente sul punto di scomparire.

Ecco! Ci risiamo, pensò la ragazza. Era certa che anche lui l’avesse scambiata per la sua antenata, ma… forse quell’equivoco poteva giocare a suo vantaggio…

«Tarcisio» gli sorrise come se fosse felice di vederlo. «Stai bene?» domandò. Non sapeva cosa dirgli, non si era preparata niente. Come al solito aveva agito senza prima riflettere. «Volevo dire: state bene?» si corresse subito, dopotutto la sua antenata aveva vissuto secoli prima e quindi parlava come tutti loro.

«Allora la mia prigionia è volta al termine? Immaginavo che foste stata voi a liberarmi; nessuno degli animusi miei aguzzini ha tal potere. Ma non comprendo perché ci troviamo ancora qui. Perché non mi avete riportato ad Armonia? Siete ancora in collera con me per i miei misfatti?».

«Diciamo così» rispose lei. Pensò che forse si era cacciata in un altro dei suoi soliti pasticci, poiché non aveva la minima idea di quel che doveva fare o dire… e nessuno sapeva dove trovarla, se la situazione si fosse messa male!

Tarcisio sospirò sconsolato, abbassando la testa. «Ahimè, lo rammentate, no? La conoscenza, in tutte le sue forme e campi, è sempre stato il mio punto debole. Sono sempre stato più simile ai nostri nemici, che a un Musimago, ma voi avevate visto altro in me; cosa fosse… non l’ho mai compreso».

Giulia rimase in silenzio a studiarlo. Voleva capire la sua storia, solo così, forse, sarebbe riuscita a salvarlo. Poi lo vide alzare nuovamente il viso e squadrarla con i suoi occhi gialli. Aveva uno sguardo inquietante. «È curioso però» le disse, senza specificare null’altro.

«Cosa?» domandò Giulia aggrottando perplessa la fronte.

«Il vostro aspetto non è mutato, in tutto questo tempo».

«Neanche il vostro» aggiunse subito la ragazza, sperando fosse vero.

«Qui ci troviamo in una sorta di limbo temporale, per noi il tempo passa senza cambiamenti». Poi si bloccò e la fissò ancora con quello sguardo spaventoso, confuso e incerto, piegando la testa da un lato. «Ma ad Armonia non dovrebbe essere così, come mai non siete invecchiata?». Con questa domanda si avvicinò maggiormente, fino a metterle le mani sulle braccia. Poi si piegò verso il suo viso, fermandosi a pochi centimetri dalla bocca. «Avete perfino il suo stesso odore… ma non siete la mia amata Giulia». Così dicendo la spinse a terra.

Giulia si ritrovò nel fango senza neppure capire come, guardò in alto per vedere la coda di scorpione calare velocemente verso di lei…

Istintivamente chiuse gli occhi per lo spavento, aspettando il dolore… ma non arrivò…

Riaprì gli occhi e vide un’altra coda di scorpione incrociata con quella di Tarcisio. Si voltò leggermente verso destra e vide delle chele e quattro zampe gialle. Guardò più in su: era stata salvata dal provvidenziale intervento del conte Selmo Scorpiomello.

«Allontanatevi!» le ordinò il conte incrociando il suo sguardo pieno di stupore.

Giulia strisciò via, poi si rialzò, tornando a guardare i duellanti che si scontravano usando le code come fossero due spade, con affondi e parate che si susseguivano velocissimi. Poi, mentre il conte era nettamente in svantaggio, una grande coda rossiccia si abbatté su Tarcisio, scaraventandolo lontano. Era intervenuta la marchesa Udilla Cangadillo.

Il nemico si rimise in fretta in piedi e Udilla gli assestò diversi vigorosi colpi al petto muscoloso, che parvero non sortire alcun effetto, per via della pelle spessa e squamosa. Mentre Tarcisio stava per contrattaccare, una grossa ragnatela – più simile a una rete da pesca – lo avvolse immobilizzandolo, consentendo alla marchesa di percuoterlo ancora violentemente. Giulia si voltò nella direzione da cui era partita la ragnatela, e senza troppo sorprendersi vide il duca Midio Ippopogno.

Intanto una melodia – Giulia la riconobbe perfettamente: era la Sinfonia Incatenante – cominciò a diffondersi nell’aria. Orientandosi con l’udito, si voltò e vide re Axel suonare una chitarra.

Erano tutti lì… Giulia pensò che probabilmente Axel aveva intuito che lei avrebbe agito di testa sua e che sarebbe andata a cercare il nemico, così l’aveva tenuta d’occhio…

«Non riuscirete a rinchiudermi ancora!» urlò a squarciagola Tarcisio.

Poi un secondo strumento, una coppia di tamburi suonata da Midio, si unì alla chitarra. Udilla si allontanò dal nemico, e prese velocemente il sassofono. Nel frattempo anche Selmo afferrò il violino. I quattro animusi suonarono la Sinfonia Incatenante, e Giulia poté vedere la forza di quella musica abbattersi su Tarcisio, procurandogli un dolore così immenso da farlo urlare… un urlo agghiacciante, che non era né umano, né animale.

Tutto il suo dolore e la sua disperazione investirono Giulia, facendola quasi svenire e mozzandole il respiro. Le sembrò che il mondo vorticasse attorno, era come trovarsi sulle montagne russe. I suoni divennero irriconoscibili e fondendosi formarono un fracasso che le trapanava i timpani. In più il dolore di Tarcisio le penetrava in ogni singola cellula del corpo, quasi fosse lei stessa l’oggetto della Sinfonia Incatenante.

Sull’orlo del culmine riuscì a recuperare un briciolo di lucidità… e agì!

Corse verso Tarcisio e – senza saper bene come – riuscì a schermare le note della Sinfonia Incatenante con la mente, mettendosi di fronte al Musimago e allargando le braccia all’esterno, come a volerlo ulteriormente proteggere.

I quattro animusi, sbigottiti e increduli del gesto di Giulia, smisero di suonare.

«Giulia? Cosa fate?» domandò con gli occhi sgranati Axel.

«Basta! Così gli fate solo male» rispose la ragazza ansimando, mentre una patina gialla le offuscava la vista.

«Dobbiamo! Altrimenti Sinfonia scomparirà» dichiarò Udilla alzando molto il tono di voce.

«Deve esserci un altro modo!» insisté Giulia con la sua solita ostinazione.

«Giulia voi siete buona, capiamo bene le vostre intenzioni, ma non abbiamo altra scelta» affermò sincero Midio.

«Dobbiamo salvare il nostro mondo e i nostri concittadini» aggiunse Selmo con calma apparente.

«Non facendo del male!» continuò Giulia, agitata più che mai, rivolgendosi al re.

Mentre lei cercava di far valere le sue ragioni, Axel rimase in silenzio per tutto il tempo a guardarla a sua volta. Poi abbassò lo sguardo sconsolato e scosse la testa. «Giulia, comprendo perfettamente il vostro movente e vi appoggerei con tutto il cuore e l’animo… ciò nonostante sono il sovrano di Sinfonia: ho obblighi e doveri nei confronti dei miei sudditi, e il primo è di proteggerli. Mi fa male dovervelo dire, ma… o siete con noi, o siete contro di noi».

Giulia vide la sincerità nei suoi penetranti occhi gialli, ma anche la determinazione e il fuoco combattivo che ardeva in lui. Comprendeva la sua paura e il desiderio di preservare il proprio mondo e difenderne il popolo… ma Giulia era Giulia!

Due lacrime le scivolarono lungo le guance arrossate. Riuscì solo a dire: «Mi dispiace» prima di dare a tutti una violenta scossa elettrica, capace di far balzare indietro i quattro grandi animusi.

Poi prese per mano Tarcisio e lo trascinò via da quella confusione, per rendersi conto ben presto che l’esercito di Axel era nascosto tutto intorno, nella foresta. Nonostante questo non si perse d’animo e cercò di trovare in fretta una soluzione…

Quando i soldati furono sul punto di sopraffarla, i fulmini squarciarono il cielo, abbattendosi violenti sulla foresta e in tutta Sinfonia. Un terremoto scosse la terra, spaccando il terreno in grossi crepacci senza fondo e facendo precipitare numerose guardie nell’oblio più profondo.

«L’Apocalisse è giunta» dichiarò Axel con gli occhi fuori dalle orbite e le lacrime, dovute al timore per la sorte del suo popolo, che gli scorrevano sul muso. Urla lontane presero a diffondersi nell’aria. L’isteria di massa stava prendendo possesso dell’animo di tutti gli abitanti di quel mondo.

Prontamente il re diede ordine di tornare al borgo e salvare più abitanti possibili…

«Portandoli dove? Sinfonia sarà distrutta!» affermò Midio scuotendo la testa.

«Ed è tutta loro, la colpa» accusò Udilla col suo tono stridulo e acido.

«Gli uomini ci hanno creato e gli uomini ci hanno condannato, prima a una vita solitaria e adesso alla fine di tutto» aggiunse Selmo fissando alternativamente Giulia e Tarcisio.

Il Leorilla non rispose, per la prima volta non aveva una risposta, e in più ora il suo obiettivo era salvare gli altri, ma come? Ci avrebbe pensato in seguito.

Gli animusi seguirono il loro re, ma anche Giulia e Tarcisio si avviarono verso la cittadina. Axel aveva ragione: parve davvero giunta l’Apocalisse a lungo profetizzata sulla Terra.

Giulia si sentiva impotente davanti a tutta quella distruzione, voleva aiutare, ma non sapeva come, non aveva le conoscenze necessarie. Poi guardò Tarcisio, anche i suoi occhi gialli fissavano tutto quell’orrore.

«Tu sei un potente Musimago, non puoi far nulla?» domandò Giulia implorante, con le lacrime che premevano per uscire. Tarcisio si voltò a guardarla incredulo, forse non si aspettava una richiesta d’aiuto, non dopo tutto quello che aveva fatto. Era infatti possibile che fosse lui, la causa di tutto. «Te ne prego!» continuò a supplicarlo la ragazza.

«Le leggi della Musicomagia sono alterate qui… ma forse ciò che può salvare questo mondo è la stessa melodia che creò Armonia» disse alla fine, dopo una lunga pausa in cui Giulia aveva continuato a fissarlo speranzosa.

«Stai parlando della melodia creatrice?» chiese la ragazza facendo un passo indietro.

Tarcisio si voltò incrociando il suo sguardo e fece cenno di sì con la testa. Giulia sapeva che quella particolare melodia era stata l’inizio di tutto il mondo di Armonia e sapeva che era stata la sua antenata in persona a suonarla… ma sapeva pure che per creare la vita occorreva un sacrificio: la sua antenata aveva dato la vita!

Giulia aveva paura, ma se la fama dell’immenso potere di cui poteva disporre Tarcisio era vera anche solo in parte, lei doveva credergli. L’unica soluzione era la melodia creatrice.

Giulia prese il flauto. «Io non conosco le note…» riuscì solo a dire, prima che Tarcisio le prendesse lo strumento e le sorridesse davvero grato.

Il folle e potente Musimago iniziò a suonare… e suonò varie volte…

«Cosa avete fatto?» disse a un certo punto la voce autoritaria di Axel. Giulia si voltò a guardarlo. «Gli avete dato un flauto?! Chissà cos’altro farà!».

Ma la ragazza aveva piena fiducia in Tarcisio, non scorgeva nessuna malignità in lui e benché non conoscesse le note della melodia creatrice, era sicura che la stesse eseguendo per aiutare quel mondo e i suoi abitanti. «Non c’è alcun pericolo».

«Non l’ha salvato la vostra antenata e pensate di farlo voi, allora?» domandò ancora Axel, ma stavolta il tono era accondiscendente, lo stesso che aveva usato finora, con lei, anche se un po’ diffidente verso il nemico temuto da secoli.

Tarcisio continuò a suonare… finché qualcosa iniziò a mutare. Il cielo viola cominciò a virare al blu scuro della notte e i fulmini ad attenuarsi. I fiori appassiti sollevarono le loro corolle e le foglie accartocciate si distesero.

«Sta funzionando davvero!» esultò Axel, gli occhi sgranati dalla meraviglia.

ma la meraviglia durò ben poco!

Tutt’a un tratto Tarcisio smise di suonare, lasciò cadere il flauto a terra e si portò le mani alla gola. Giulia lo guardò inorridita, senza sapere cosa stesse succedendo, né cosa lei potesse fare. Anche Axel lo fissava impotente e confuso, mentre un forte acquazzone si abbatteva su di loro.

Una fortissima scossa di terremoto – che sembrò voler spaccare il mondo – li scaraventò tutti a terra. Giulia riuscì a raggiungere Tarcisio, sempre più sconvolto dal dolore che, senza causa apparente, lo contorceva e gli mozzava il respiro, impedendogli anche di gridare… e intanto l’Apocalisse continuava.

«Com-compl-completate l-la me-melodia» riuscì a bisbigliare Tarcisio a Giulia tra una convulsione e l’altra.

La ragazza non sapeva cosa fare. In quel momento un’altra violenta scossa squarciò il terreno sotto i suoi piedi. Istintivamente, veloce come un gatto, Giulia riuscì a saltare e a salvarsi, mentre Tarcisio sprofondava in quell’abisso oscuro e senza fine.

Lei urlò il suo nome, ma ormai non poteva più far nulla per salvarlo. Si lasciò cadere a terra, con le lacrime che le rigavano il viso. Era tutta colpa sua: se non avesse trovato quel libro, se Sirio non l’avesse aperto…

Non si dava pace, fin quando non si accorse del flauto ai suoi piedi. Lo fissò come se stesse guardando oltre… ma intanto, nella mente, canticchiava le note della melodia creatrice.

All’improvviso, prese una decisione!

Afferrò il flauto e lo suonò. Riuscì a riprodurre la melodia creatrice alla perfezione… e dopo qualche istante l’Apocalisse parve fermarsi ancora. Giulia continuò e continuò per un tempo che le sembrò infinito. Tutto attorno a lei si calmò e riacquistò la vita che aveva avuto in precedenza. Lei sentiva la potenza della Musicomagia dentro di sé e la forza della vita riconquistare quel mondo e salvarlo. In cambio, era disposta a sacrificare la sua stessa vita. Una grande esplosione di colori le riempì il campo visivo… un senso di imminente, reale sacrificio si impossessò della sua mente, ma non desistette! Continuò a suonare finché non sentì, nell’animo, che ogni più piccolo danno era stato risanato. Solo allora si fermò.

Guardò gli animusi radunati attorno a lei, in tutti percepiva solo buoni sentimenti, anche in chi prima provava rabbia, odio e diffidenza. Ora la felicità, la gratitudine e l’amore la stavano avvolgendo, facendola sentire in pace con tutto l’universo.

Poi i suoi occhi incontrarono quelli di Axel. Il Leorilla era quello più grato, ma in lui stava nascendo un senso di tristezza e di inquietudine. «Non dovevate» disse scuotendo la testa. «Avete sacrificato la vostra vita» continuò, mentre le lacrime gli rigavano il muso.

Piano piano la tristezza si estese a tutti i presenti e furono versati fiumi di lacrime. Giulia non ne capiva il motivo, lei si sentiva bene, tranquilla, leggera, come se fosse in Paradiso. Poi, seguendo lo sguardo del re si guardò i piedi… e sgranò gli occhi!

Stavano scomparendo!

Piano piano il suo corpo si stava dissolvendo nel vuoto… Soltanto allora ricordò che anche la sua antenata aveva dovuto sacrificare la vita, per creare Armonia. Fu solo questo pensiero che le permise di non andare nel panico; certo stava morendo e non avrebbe più potuto vedere le persone più care a lei: il suo amato Pietro, la cara Camilla, Ciccio, il professor Filippo, il capitano Arci, poi i suoi genitori, sua nonna Gemma… ma era pienamente consapevole di aver fatto la scelta giusta: aveva salvato un mondo e tutti gli animusi

Si sentiva sempre più leggera, mentre tutti la ringraziavano e invocavano il suo nome…

«Giulia!».

«Giulia!».

«Giulia!».

Era quasi del tutto scomparsa, quando le sembrò che qualcuno la stesse strattonando per una spalla…

«Giulia!».

«Giulia!».

«Giulia!».

Fu allora che aprì gli occhi e davanti a sé vide Pietro, con Ciccio appena alla sua destra.

Giulia si alzò di soprassalto e si guardò attorno: si trovava nella biblioteca di Armonia, nel reparto Miti e Leggende.

«Finalmente La Bella addormentata nel bosco, o meglio La Bella addormentata nella biblioteca, si è svegliata. Ma eri davvero così stanca da addormentarti qui, sul pavimento?» domandò divertito Pietro, con quel mezzo sorriso che faceva impazzire Giulia del tutto.

La ragazza non prestò molta attenzione alle sue parole, continuava a guardarsi attorno come se non sapesse dove si trovasse. Un attimo prima era a Sinfonia e stava morendo e un attimo dopo era di nuovo ad Armonia…

«Giulia, stai bene?» chiese Pietro avvicinandosi, abbracciandola, avvertendo tutta la sua confusione.

Lei guardò a terra e riconobbe il primo libro che aveva sfogliato quando si era trovata lì. «Allora, mi sono addormentata? Ed è stato tutto un sogno?» riuscì a dire alla fine.

Pietro si allontanò leggermente da lei per guardarla in viso e capire cosa stesse dicendo. Poi, come sempre, unì la mente a quella di lei e poté vedere tutto ciò che era successo.

«Anche nei sogni sei la solita testarda, imprudente e temeraria, splendida guerriera che sei nella realtà!» affermò sorridendo e facendola arrossire. «Dai, ora andiamo. Hai dormito e sognato per tutto il pomeriggio. Ti ricordo che domani partiamo».

Giulia si guardò ancora in giro. Le sembrava di vedere ancora Axel, Midio, Udilla, Selmo e Tarcisio e si dispiacque un po’ che tutti loro fossero stati solamente frutto della sua grande immaginazione. Erano simpatici e in gamba, ed estremamente reali… e ancora lei non si capacitava di aver fatto un simile sogno!

Ora, però, Pietro aveva ragione!

Doveva andare, il giorno dopo sarebbero partiti per la scuola africana per una partita amichevole di Tornado e per assistere alla schiusa delle uova di Roccia e Ninfea, la coppia di tartaceronti che avevano accudito l’anno prima. Chissà quanti cuccioli sarebbero nati? E come sarebbero stati?

Quei pensieri le fecero scordare un po’ il sogno… sempre che di sogno si stesse parlando!


Allora, vi è piaciuto questo racconto? A me moltissimo! Forse vi domanderete perché abbiamo deciso di farvi rileggere questo racconto... Beh, è una sorpresa! 

Ringrazio ancora Ilaria per la passione con la quale accoglie tutte le storie e le iniziative che nascono dal mio mondo della Musicomagia.

Claudia


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