Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

venerdì 20 marzo 2020

La Melodia di Primavera - Armonia Saga - racconto




La Melodia di Primavera


In questo racconto torniamo insieme al nostro caro Pietro, al giorno della Festa di Primavera del primo anno ad Armonia, la scuola di Musicomagia.
Pietro ancora non sa quello che Giulia prova nei suoi confronti, ma ha ben chiare le emozioni che la ragazza suscita in lui. Vuole prepararle un uovo con impressi i suoi sentimenti, ma…
E se lei non contraccambiasse? Se poi mi allontanasse?
Queste sono le sue paure.
Noi già sappiamo come andrà a finire la storia, ma credo che sia emozionante riviverla assieme a lui.


Pietro si aggirava inquieto nelle stalle della scuola di Armonia. Era la vigilia della tanto attesa Festa di Primavera e lui teneva in mano un uovo di legno.
Era per Giulia.
Pietro sospirò e si sedette sul fieno.
Cosa devo fare?
Era tradizione regalare un uovo incantato alle persone care. La melodia di primavera aveva il potere di imprimere i propri sentimenti nell’uovo, ma non si poteva scegliere quali.
Non si mente all’uovo” aveva detto la preside Orchestri mentre insegnava loro la melodia magica.
Pietro si alzò e si diresse dietro alle stalle dove pascolavano le muccoche. Il lago Sussurrante in lontananza luccicava brillante di mille riflessi come l’erba umida di un verde intenso, lì ad Armonia i colori erano più accesi e rendevano ogni panorama più emozionante.
Il ragazzo fece un respiro profondo e lasciò che i raggi tiepidi del sole azzurrino gli accarezzassero la pelle, donandogli un piacevole tepore.
Chiuse gli occhi e subito un volto apparve tra i suoi pensieri.
Giulia.
I suoi occhi verdi penetranti ai quali non sfuggiva nulla e dai quali era facile intuire la sua intelligenza e sensibilità; la sua pelle chiara e così profumata e morbida. Almeno lo immaginava, non era ancora riuscito ad accarezzarla più di tanto, almeno non quanto avrebbe voluto. Le aveva preso la mano, le aveva sfiorato il viso e qualche giorno prima l’aveva abbracciata stretta, mentre lei piangeva confusa.
Aveva appena scoperto che si trovavano in un lontano pianeta alieno e si era sentita tradita da lui e da Camilla perché non le avevano detto nulla. L’aveva consolata, le aveva spiegato che era vietato parlarne finché la preside non ne dava il consenso. E mentre l’abbracciava aveva assaporato il profumo dei suoi capelli.
Che sensazione meravigliosa.
Sentirla tra le sue braccia. Era lì che avrebbe dovuto stare, per sempre.
E poi quelle labbra, quel broncio adorabile, che lui sentiva la necessità di far sparire, forse con un bacio…
Voleva farla sorridere. Ogni tanto ci riusciva ed era come se in cielo spuntasse l’arcobaleno: fugace ed emozionante.
Cavolo, sono proprio messo male.
Non gli era mai capitata una cosa simile.
In passato aveva avuto simpatie per qualche ragazza, anche una mezza storia con Susanna, una sua compagna delle medie, ma niente lo aveva mai scosso come gli stava capitando in quei giorni.
Non faceva altro che pensare a lei, dall’inizio della scuola, anzi, dal giorno della visita alla scuola, sei mesi prima, quando l’aveva vista per la prima volta e gli si era impressa nei sensi, per sempre.
Era strano, quasi assurdo quello che provava, ma fin da subito aveva sentito per lei un trasporto intenso e aveva avuto l’impressione di conoscerla da sempre.
«Ehi, ragazzo, tutto bene?»
Pietro trasalì e si voltò.
Filippo, il professore di cura degli animusi, si stava avvicinando con il suo solito sorriso cordiale dipinto sul viso.
Pietro annuì anche se il suo cuore era ancora in subbuglio.
«Questo è per lei?» Filippo indicò l’uovo e gli lanciò uno sguardo d’intesa.
Il professore aveva già capito tutto. Pietro si era reso conto che il suo comportamento non era passato inosservato e sembrava che Filippo volesse incoraggiarlo nella sua conquista amorosa.
Il ragazzo strinse le labbra pensieroso, avrebbe voluto chiedere il suo aiuto, ma non sapeva cosa dirgli.
«Non devi aver paura, i sentimenti parlano da sé.»
«È proprio quello che mi fa paura.» Pietro spalancò gli occhi accentuando la sua espressione preoccupata.
Filippo rise. «Avanti, raccontami, di cosa hai paura?»
«Che lei scappi» disse lui di getto. E solo in quel preciso istante capì che era proprio quello che temeva. «Lei è molto riservata: i primi giorni, quando l’abbracciavo, diventava rigida come una tavola di legno.»
«Conosco il tipo...» Filippo continuò a ridacchiare perso nei ricordi.
Pietro lo guardò incuriosito.
«Tu non puoi nemmeno immaginare quello che ho passato per fare breccia nel cuore di Diana.»
Il ragazzo si sorprese.
Lui e la professoressa Diana? Cavolo.
Era contento che il professore si stesse confidando, gli rendeva più facile l’idea di aprirsi con lui.
«Quante volte sono dovuto andare a cercarla nel suo nascondiglio segreto e quanto tempo ci ho messo per convincerla che ero davvero innamorato di lei.» Scosse la testa esasperato.
La professoressa Diana era davvero una bella donna, ma non era certo amichevole come Filippo; Pietro poteva facilmente immaginarla alla loro età: chiusa in se stessa e diffidente.
«Si somigliano in qualche modo, ma forse con Giulia le cose per te saranno più semplici, almeno te lo auguro.»
Pietro sospirò.
Anche io.
Se fossi sicuro che anche lei prova qualcosa per me, tutto sarebbe più semplice.
E se mi considerasse solo un amico?
«Comunque, sai cosa ti dico?» Filippo lo distolse ancora dai suoi pensieri. «Ne è valsa la pena.»
Pietro lo guardò negli occhi e vi poté chiaramente leggere il grande sentimento che lo legava alla professoressa Diana.
«Devi credermi, ne vale sempre la pena.» Gli posò una mano sulla spalla e si allontanò verso i recinti esterni.
Pietro si sedette a terra e iniziò a suonare.
Le note della melodia di primavera iniziarono ad aleggiare attorno a lui e penetrarono nel suo cuore facendolo sbocciare come un tenero germoglio.
Pensò a Giulia e a quello che provava per lei.
La adorava. Non aveva mai conosciuto una ragazza come lei. Così forte, decisa, diretta, ma che qualche volta gli faceva capire di aver bisogno di lui. Sapeva di essere privilegiato, perché aveva capito che si era lasciata avvicinare da lui, cosa che non faceva praticamente con nessuno, questo lo faceva sentire davvero speciale.
Pietro capiva il disagio che lei provava per tutta la storia di suo nonno, il rinomato professore Rodolfo Accordi, che tutti ad Armonia conoscevano e di cui lei non sapeva nulla. Era una faccenda misteriosa e lui l’avrebbe aiutata a capire meglio la situazione, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Tra loro era nata una dolce complicità; lei lo coinvolgeva in ogni cosa che faceva o pensava e avevano scoperto di avere tante passioni in comune come la musica e soprattutto gli animusi.
Le ragazze che aveva frequentato in passato non lo consideravano granché, se non per il fatto che fosse carino, ma lo ritenevano sciocco. Non capivano che recitava, giocava, insomma non lo capivano affatto; invece Giulia sì, lo capiva, lo apprezzava e glielo faceva capire con piccoli gesti che a lui non sfuggivano. Nemmeno uno.
Come la sera in cui era nato Ciccio e lei era corsa da lui per chiedergli aiuto.
Era stato magnifico, si era sentito importante e poi…
Sospirò.
Avevano dormito lì nelle stalle, abbracciati.
Il ricordo gli procurò un piacevole scombussolamento.
Poi un naso umido gli sfiorò la caviglia, era Tobi.
Pietro lo prese in braccio e lo coccolò trasmettendogli i suoi sentimenti, prese il flauto e suonò una melodia anche per lui.
Quando il canorso si fu addormentato sazio e soddisfatto, Pietro si alzò lentamente per non svegliarlo e tornò nella penombra delle stalle.
Voleva nascondere l’uovo nella stanza dove era nato Ciccio, dove avevano dormito insieme.
Per lui quello sarebbe rimasto un posto speciale, per sempre.

Quella sera, a cena, c’era molta più confusione del solito, erano tutti eccitati e sorridenti. L’attenzione di Pietro era come sempre concentrata su Giulia ed ebbe l’impressione che fosse più serena rispetto ai giorni precedenti.
La preside Orchestri intervenne. «Ricordo a tutti gli studenti che domani, dopo colazione, ci raduneremo nel prato grande per dare il via alla ricerca delle uova.»
Prima di salire nelle camerate, i ragazzi fecero una passeggiata. Il cielo violetto era ancora chiaro e un senso di pace aleggiava attorno a loro, assieme al profumo di rose che proveniva dalla serra.
Pietro e Camilla si offrirono di suonare per Ciccio visto che il braccio di Giulia era ancora fuori uso, dopo l’incidente con le uova di gallicora.
Quella volta Pietro si era sentito davvero malissimo. Era stato lui a romperle il braccio perché le era caduto addosso mentre cercavano di prendere entrambi l’ultimo uovo. Era stato insopportabile vederla soffrire per colpa sua. Ma lei non ce l’aveva avuta con lui, nemmeno per un momento, era soltanto rimasta dispiaciuta per aver rotto le uova e deluso Filippo.
E Pietro aveva potuto abbracciarla di nuovo.
Mentre passeggiavano, anche se era perso nei suoi pensieri, Pietro si accorse che Giulia era di nuovo un po’ malinconica e ne approfittò per prenderla in giro.
«Come mai quei musi?» Non poteva proprio fare a meno di notare quando metteva su il muso, forse perché la guardava in continuazione. «Lo so che lo fai apposta per fare allontanare tutti.»
Quando la vedeva imbronciata le afferrava il mento e faceva in modo di catturare il suo sguardo. «Ma con me non funziona, quando vedo quel broncio io… devo per forza farlo sparire.» E avrebbe tanto voluto darle un bacio, ma di solito si limitava a farle il solletico per farla ridere, intanto aveva la scusa per posare le sue mani su di lei. Era un’esigenza che non riusciva proprio a trattenere.
«Che c’è? Hai paura di non ricevere neanche un uovo?» le disse invece quella sera e le circondò le spalle inebriandosi del suo profumo. «Non ti preoccupare, se mai ti regalerò una delle mie uova» si pavoneggiò. «Con tutte quelle che riceverò dalle mie ammiratrici segrete…»
«Sì» rise Giulia. «Soprattutto da Marzia.»
«Un uovo a spruzzo!» aggiunse Camilla.
Marzia era veramente antipatica e ogni sera, quando Pietro andava ad augurare a Giulia la buonanotte, era costretto a passare davanti alla sua finestra ricevendo spesso un gavettone.
Era un qualcosa che divertiva molto Giulia, quindi Pietro sopportava pazientemente quel maltrattamento, sapendo di averla fatta sorridere ancora.

Le luci erano ancora accese, ma presto sarebbe suonata la campanella del coprifuoco. Pietro stava per uscire dalla finestra della sua camera.
«Stai andando da lei?» Marco, il suo compagno di stanza era seduto sul letto e lo fissava perplesso.
Pietro annuì.
«Ti prenderai un altro gavettone, per cosa poi? Quella non fila nessuno. Almeno è quello che si dice in giro...»
Pietro si fermò interdetto, non gli piaceva proprio quel tono e tanto meno che girassero voci su di lei.
«Che vuoi dire?»
Marco abbassò lo sguardo imbarazzato. «Ehi, non guardarmi male, non sono io che lo dico.» Alzò le mani in segno di resa.
Pietro non si era reso conto di avergli lanciato uno sguardo corrucciato e aver fatto qualche passo verso di lui. Fece un respiro per calmarsi e si sedette accanto all’amico.
«Voglio sapere» disse serio cercando di non essere troppo aggressivo.
Marco sorrise e scosse la testa. «Ti piace proprio, eh?»
«Sì.» Pietro non si imbarazzò ad ammetterlo.
«Beh, non sei l’unico, sai?» Marco si passò una mano tra i capelli e si sistemò gli occhiali. «Sono in tanti a trovarla carina, ma...»
«Ma, cosa?» Pietro, stai calmo.
Marco deglutì. «Qualcuno dice che è snob e che non guarda nessuno, non sorride mai a nessuno.»
Meglio per me.
«Qualcun altro dice che non le piacciono i ragazzi...»
Pietro scoppiò a ridere e la rabbia scemò.
«Ho capito, è la storia della volpe e l’uva.» Si alzò e scosse la testa, aveva già perso troppo tempo, in cui avrebbe potuto stare con lei.
«Che pensino quello che vogliono. A me sembra che lei mi guardi e molto spesso mi sorrida, quindi ora vado da lei ad augurarle la buonanotte e magari, chissà, le darò anche un bacio...»
Marco sussultò sorpreso dalla sua sfacciataggine. «Beh, allora, buona fortuna.» Sembrava scettico.
Pietro balzò fuori sul terrazzo. Tutte le finestre delle camere si affacciavano lì ed era facile raggiungere l’ala femminile.
La grande luna rossa era appena sorta dal lago Sussurrante e la sua luce soffusa andò a mischiarsi con quella verdina del satellite più piccolo. L’atmosfera era davvero aliena, ma diventava familiare ogni giorno di più.
Pietro si appiattì contro il muro per evitare il gavettone quotidiano di Marzia e poi schizzò via.
Splash.
L’acqua gli sfiorò il braccio, ma lui non si fermò.
Quando arrivò in vista della sua finestra, invece, i suoi piedi si bloccarono.
Era lì.
Appoggiata al davanzale e guardava il cielo. Una leggera brezza le scompigliava i capelli. Quei capelli tagliati in modo così insolito; più lunghi dietro e corti sulla testa, sempre leggermente spettinati, che chiamavano Pietro a gran voce affinché vi affondasse le mani per sistemarglieli.
La luce soffusa delle due lune le sfiorava il viso, come avrebbe voluto fare lui, rendeva i suoi tratti eterei e la sua pelle ancora più candida. Si soffermò sulle labbra e il suo cuore accelerò.
Prima o poi la bacerò. E le accarezzerò il viso e i capelli.
Sospirò.
Devo stare calmo, non so nemmeno se le piaccio oppure no.
Era sicuro che se avesse fatto un passo falso, lei si sarebbe rinchiusa come un riccio. Doveva avere pazienza e conquistare la sua fiducia, come se lei fosse un animale selvatico, uno splendido e maestoso animale mitologico, forse un drago.
Lui aveva il dono di piacere agli animali, quindi aveva di sicuro qualche speranza anche con lei.
La campanella del coprifuoco suonò, d’improvviso lei si voltò e lo vide.
Gli sorrise.
Wow. Pietro fu investito da mille sensazioni che lo fecero vacillare.
«Tutto bene? Sei in ritardo.» Il suo sguardo si fece leggermente preoccupato.
No, non smettere di sorridere!
Si avvicinò in due falcate e le stampò un bacio sulla guancia.
«Buonanotte» sussurrò indugiando verso il suo orecchio e inebriandosi del suo profumo.
Lei sussultò, allontanandosi appena e lo guardò stupita, ma poi arrossì e abbassò lo sguardo.
«Buonanotte anche a te.» Gli sorrise di nuovo e, mentre lui si voltava per scappare via, vide che lei si posava una mano sulla guancia dove lui l’aveva appena baciata.
Sì! Mi ha sorriso. Era felice di vedermi e mi stava aspettando.
Un enorme sorriso si dipinse sul suo viso e non sparì neppure quando ricevette un gavettone dritto in faccia dalla finestra di Marzia.
La mattina dopo erano tutti schierati fuori dalla Sala Comune, divisi per classi: studenti, professori e animusi. Il prato grande con la sua erba verde brillante era ingombro e un vociare allegro e soffuso faceva da sottofondo ai suoni naturali del mattino.
La preside cominciò a suonare l’incantesimo che avrebbe attivato la magia delle uova. La musica si diffuse dolcemente e avvolse tutti loro, poi parve svanire, mentre ognuno iniziava a seguire la propria melodia e così la caccia ebbe inizio.
«Buona Caccia!» augurò la preside sovrastando il brusio degli studenti.
Pietro vide Giulia correre verso le stalle con il suo topogallo che le svolazzava dietro a fatica. Deglutì a disagio.
Cosa penserà del mio uovo?
Allungò il passo, non voleva essere presente, sarebbe stato terribile leggere sul suo volto perplessità o fastidio.
Attraversò il prato e si diresse verso lo stadio. Il vasto spazio recintato, di solito rumoroso per via delle sfide sportive e degli allenamenti, appariva silenzioso. Solo qualche frase aleggiava qua e là.
Altri cacciatori di uova.
Quando si avvicinò alle gradinate iniziò a sentire una melodia.
È per me! Sarà lei?
Accelerò e così i battiti del suo cuore.
In un attimo si ritrovò nello sgabuzzino dei pattini e rise.
Perfetto, il posto che odio di più.
Scosse la testa, ma poi vide l’uovo e non ebbe dubbi: era di Giulia.
Lo sapeva bene, perché lo aveva fatto lui.
Giulia non era brava a intagliare il legno. Fin dalla prima lezione, Pietro le aveva offerto il suo aiuto, con molta delicatezza, senza intaccare il suo amor proprio, senza essere invadente. E lei lo aveva accettato, dapprima con un pizzico di diffidenza, guardandolo timorosa che lui potesse prenderla in giro o farla sentire a disagio, ma poi si era rilassata.
Pietro si emozionava quando lei rimaneva lì a fissarlo incantata mentre lui intagliava il legno per lei. Si sentiva leggermente imbarazzato, ma nello stesso tempo era lieto di avere la sua totale attenzione, inoltre sapere che la stava aiutando rendeva tutto ancora più intenso.
Per lui era un momento molto romantico.
La musica emanata dall’uovo lo richiamò al presente.
Era rimasto fermo, come pietrificato, a un passo dallo scoprire la verità.
Non si mente all’uovo.”
Era ansioso di sapere quello che lei provava nei suoi confronti, ma aveva davvero paura di rimanerne deluso.
Si inginocchiò a terra, sfiorò la superficie liscia dell’uovo e fu avvolto dalle sue emozioni, come una fitta nebbia che profumava di rose.
Giulia gli voleva molto bene, gli si stava affezionando ogni giorno di più. Era incantata dal suo modo di fare, in particolare per come riusciva a entrare in contatto con gli animusi e anche con lei. Lo trovava simpatico e divertente. Sapeva che faceva il pagliaccio e recitava sempre la parte del pasticcione scansafatiche, ma si era dimostrato forte e di conforto ogni volta che lei ne aveva avuto bisogno. Anche se faticava ad ammetterlo, le piaceva stargli accanto e stava cominciando ad apprezzare sempre di più i suoi abbracci e le sue coccole.
«Sì!» Pietro stramazzò a terra, stravolto dal sollievo e dalla gioia.
Rimase fermo per un po’ ad ascoltare il suo cuore impazzito e a guardare la tettoia dello sgabuzzino dei pattini, ma poi saltò in piedi.
Voglio andare da lei!
Corse come un razzo e si precipitò alle stalle.
Entrò e sbatté le palpebre per abituarsi alla penombra.
Giulia era lì seduta a terra, emozionata. Stava piangendo commossa.
Tobi lo precedette e, appena lei lo vide, cercò lui con lo sguardo, poi si alzò e gli corse incontro, sprofondando tra le sue braccia, ridendo e piangendo allo stesso tempo.
Oh, sì.
In quel momento Pietro si sentì completo.
Sapeva che Giulia era una persona complessa, riservata e che forse aveva paura dei sentimenti intensi che stavano nascendo in lei, ma lui le sarebbe stato vicino, l’avrebbe aiutata e amata.
Per sempre.

Questo dolce momento è una scena del romanzo “La Melodia Sibilante” che narra tutto il primo anno di scuola di Giulia e Pietro, ma nella storia noi vediamo il mondo attraverso gli occhi di Giulia e spero che questa breve visita nella mente e nel cuore di Pietro sia stata per voi emozionante come è stato per me scriverla.


Vi aspetto tutti ad Armonia per rivivere insieme le emozioni passate e, chissà, magari una nuova avventura.

Claudia : )

PS – per i nuovi amici che ancora non hanno letto le avventure di Giulia e per chi avesse piacere di rileggerle, vi lascio il link al mio sito dove potete leggere i primi tre capitoli.

Nessun commento:

Posta un commento