Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

domenica 18 agosto 2019

Da Capo - Capitolo 1

(dalla raccolta di spin off "Diana e Filippo)




Capitolo 1


Diana si recò come ogni mattina ai recinti. Gli aquilupo non erano ancora tornati, mancava ancora una settimana all'inizio della scuola. Per il momento avrebbe dovuto prendersi cura degli animusi da allevamento, ormai si erano già tutti svegliati dal letargo.
Quello sarebbe stato il suo terzo anno di apprendistato. Sostituiva il professor Rodolfo Accordi che era sempre più latitante. I Tecno gli stavano alle calcagna, era stato costretto a ritirarsi dalla scuola e si faceva vedere sempre più raramente. Ovviamente Diana non svolgeva quel compito da sola, le lezioni scoperte erano state equamente divise tra lei e Filippo.
Filippo. Il solo pensare a lui le faceva stringere lo stomaco. Non perché gli volesse un bene immenso e lui fosse un giovane terribilmente attraente...
Sospirò, beh, forse anche per quello, ma...
Durante l'estate erano stati lontani per due mesi e le era mancato molto, ma...
Quel periodo di solitudine l'aveva aiutata a riflettere sul loro rapporto. Quando era stata da sola si era sentita libera, era stato faticoso ed estenuante in quegli ultimi anni cercare di non deludere le aspettative del ragazzo. Troppe volte si era accorta di averlo ferito senza averne l'intenzione, era fermamente convinta che sarebbe stato molto più felice con un’altra ragazza meno complicata di lei.
Da quando si erano rivisti, però, non riusciva più a pensare lucidamente. Era tornata ad Armonia con la precisa intenzione di lasciarlo definitivamente libero, ma...
Non ci era ancora riuscita.
«Diana!» Eccolo.
In un attimo il giovane la raggiunse correndo e l'abbracciò stringendola forte tra le sue braccia muscolose, appoggiò dolcemente le labbra alle sue travolgendo completamente ogni suo pensiero razionale e la benché minima intenzione di stargli lontano.
Era sempre stato bello, ma lo era diventato ancora di più. I suoi dolci occhi azzurri erano incorniciati dai capelli scuri che adesso portava più lunghi e che crescendo si erano arricciati.
Diana adorava passare la mano tra i suoi riccioli.
La barba che portava sempre lunga di qualche giorno gli conferiva un'aria più matura e nello stesso tempo un po' trasandata. Rispecchiava perfettamente la sua personalità: un ragazzo molto responsabile, ma sempre talmente indaffarato da non trovare il tempo di farsi la barba.
«Allora?» Filippo la allontanò appena tenendole il viso tra le mani, la scrutò con dolcezza e con un pizzico di apprensione.
Diana scosse la testa e abbassò lo sguardo, non voleva vedere la sua delusione.
Poco più di un mese prima, il loro ritrovarsi si era trasformato in un momento particolarmente passionale e Diana aveva avuto un ritardo sul ciclo. Filippo le aveva confessato che sperava intensamente che lei fosse rimasta incinta, ma...
Non era così.
Diana temeva che quello fosse un segno del destino.
«Ehi.» Filippo le alzò il mento e lei non scorse nessuna delusione nel suo sguardo. «Non fa niente» sussurrò, poi le sorrise malizioso. «Vorrà dire che ci riproveremo...»
Diana arrossì e si allontanò appena da lui.
«Oggi ti porto a Les Musiciens» disse Filippo soddisfatto, sapeva bene che lei amava molto la scuola africana.
Diana non poté fare a meno di farsi contagiare dal suo entusiasmo.
«Ora devo andare, mi aspetta il signor Giorgio, dobbiamo lavorare con le apescioline.» Le regalò ancora un bacio veloce. «Se fai la brava, ti porto un po' di miele.» Le strizzò l'occhio e corse via.
Diana scosse la testa divertita e proseguì verso le muccoche.
Aprì il cancello della stalla ed entrò; c'erano cinque grandi e tozze muccoche dal manto piumoso e pezzato. Di notte stavano dentro al riparo, prima di liberarle nel prato cintato, dovevano essere munte. In quel periodo in cui gli studenti non erano ancora arrivati, il latte in eccesso veniva trasformato in formaggio.
Posizionò i secchi sotto i loro addomi abbondanti, poi si sedette a gambe incrociate sulla paglia e intonò il canto necessario a mungerle.
Mentre suonava, si rilassò e poté permettere alla sua mente di vagare libera.
Filippo era fantastico, doveva ammetterlo e la faceva stare bene, ma...
C'era sempre quel “ma” che la tormentava.
Dopo la morte di Lili aveva continuato a stare male. Aveva smesso di sentirsi responsabile e di desiderare di essere morta al posto suo.
Almeno ci aveva provato razionalmente, ma la sensazione di malessere che aveva dentro era rimasta a tormentarla.
Era sempre vissuta prendendosi cura della sorella, mettendo le sue esigenze davanti alle proprie, preoccupandosi solo ed esclusivamente dei suoi problemi. Quando si era ritrovata a essere responsabile solo di se stessa, aveva capito che non ne era capace.
Qual era il suo scopo? Si era impegnata nella scuola con tutta se stessa, poi si era diplomata e ora faceva del suo meglio per assolvere ogni compito, ma non aveva ancora trovato un equilibrio emotivo.
Filippo si era guadagnato a fatica la sua fiducia ed era diventato il suo migliore amico, l'aveva aiutata a superare il lutto, con lui poteva parlare di ogni cosa. Intanto, però aveva cominciato ad abbracciarla, dirle che lei gli piaceva, a baciarla...
Anche a lei piacevano sia lui che i suoi baci. Un giorno poi le aveva chiesto di diventare la sua ragazza. “Non cambierà nulla tra noi” l'aveva rassicurata, ma le cose erano lentamente cambiate.
Diana aveva sempre concesso a Filippo tutto quello che lui le chiedeva, le era sembrato naturale e giusto. Il suo nuovo scopo nella vita era quello di rendere felice Filippo. Così le ripeteva lui, scherzando.
Lui correva molto, parlava di matrimonio, figli... Mentre lei stava cercando disperatamente di guadagnare tempo. Per quello Filippo aveva sperato che lei fosse rimasta incinta, in modo da “spingerla” a compiere quel passo che tanto la spaventava.
Ne avevano parlato molte volte, perché prima di tutto Filippo era il suo migliore amico. Lui era convinto che la sua paura fosse dovuta alla poca fiducia che lei aveva nell'idea della famiglia. Il fatto di essere cresciuta in un orfanotrofio di certo non aveva alimentato in lei il naturale desiderio di ogni bambina di emulare la madre e di avere una famiglia propria.
Il problema non era solo quello. Purtroppo lei si sentiva egoista a pretendere che Filippo stesse per sempre accanto a una creatura tormentata come lei.
Ancora non aveva capito come fosse stato possibile e per quale incomprensibile ragione, il giovane e affascinante Filippo avesse sempre preferito la sua compagnia a quella delle molte altre ragazze della scuola. Non solo, ma continuava a ripeterle che lei era bella e che l'amava.
Aveva sempre creduto e temuto che un giorno o l'altro lui avrebbe conosciuto una splendida ragazza “normale” e se ne sarebbe andato via con lei.
Ma non era ancora successo. E adesso lui voleva sposarla.
Anche lei lo amava, ma non glielo aveva mai detto. Non era proprio sicura che quel sentimento disperato che provava nei suoi confronti fosse amore. Sapeva di stare bene con lui e che sarebbe morta dentro se lui non le fosse stato accanto. Ma era quello l'amore? Diana non lo sapeva. Le pareva più simile ad una forma di dipendenza e comunque di un sentimento a senso unico.
Un naso umido la riscosse dai suoi pensieri, era Poldo, il suo dolce e morbido canorso.
«Ehi, bel cucciolone.» Diana smise di suonare per le muccoche e fece le coccole a Poldo.
I secchi erano stracolmi di latte, pronti per essere portati alle cucine. Poi, assieme al signor Giorgio, Diana avrebbe intonato il canto trasformando così il latte in gustoso e fresco formaggio.
Cominciò a portare i primi due secchi, arrivata alle cucine aveva le mani doloranti.
«Oh, aspetta ragazzina...» Appena la vide arrivare, il signor Giorgio le si fece incontro per aiutarla, poi si rivolse a Filippo. «Ragazzo, va' tu a prendere gli altri secchi.»
Diana sorrise, anche se ormai erano adulti, lui continuava a chiamarli “ragazzi” e a considerarli tali.
«Una dolce signorina non dovrebbe affaticarsi in questo modo» la rimproverò con affetto, poi le strizzò l'occhio. «Vieni, lasciamo al tuo cavaliere il lavoro duro, intanto noi andiamo a divertirci...»
Diana lo seguì all'interno delle cucine. Parevano più una sorta di laboratorio. C'erano diversi piani di lavoro per le preparazioni e una grande dispensa, l'angolo di cottura dove si accendeva il fuoco magico veniva usato molto raramente, perché si potevano cuocere i cibi usando le melodie necessarie.
Vide che sugli scaffali erano allineate almeno due dozzine di barattoli di miele e di marmellata.
Fece un cenno di saluto alla signora Lucia, la moglie del signor Giorgio, la quale stava suonando per impastare il pane.
Entrarono in uno stanzino particolare che era riservato alla lavorazione del formaggio. Versarono il latte in alcuni stampi preparati in precedenza e poi intonarono la melodia necessaria per far cagliare il latte. In men che non si dica il latte si rassodò e assunse l'invitante aspetto di una bella formaggetta fresca. Soltanto una forma venne portata in dispensa, le altre dovevano venire ancora lavorate con la melodia per la stagionatura, così si sarebbero conservate più a lungo.
Diana adorava osservare come la Musicomagia potesse agire sugli alimenti, sulle piante... Accelerava i processi di crescita e di fioritura, di cottura e lievitazione.
Chissà se c'era una melodia anche per accelerare la guarigione di un cuore ferito?

Filippo e Diana varcarono la porta verde nel pomeriggio e si trovarono a Les Musicien. Diana era felice per quella gita improvvisata, in realtà stavano svolgendo una commissione per la professoressa Gloria Orchestri che aveva chiesto a Filippo di portare dei documenti alla preside Yamanuelle.
Giravano molte voci su di lei, si diceva che fosse molto saggia e che avesse il dono della preveggenza. Diana ne era molto incuriosita e non vedeva l'ora di conoscerla, perché non ne aveva mai avuto l'occasione.
L'ambientazione della scuola africana era suggestiva, ma semplice. Non vi erano grandi edifici come ad Armonia, ma tante piccole casette o capanne di legno. La Sala Comune era costituita da una grande tettoia che veniva chiamata la Grande Palma. La vegetazione era arida e brulla, un fiume dalla scarsa portata scorreva pigro accanto ai recinti degli animusi.
Furono accolti da un apprendista dalla pelle scura. «Ciao, Filippo» disse con un forte accento francese.
I due ragazzi si strinsero la mano, era evidente che si conoscevano.
Poi Filippo si voltò verso di lei. «François, questa è la mia Diana.» Sorrise raggiante.
Diana arrossì e strinse imbarazzata la mano al giovane di colore, le dava fastidio essere presentata come la “sua Diana”.
Furono condotti nella capanna della preside, ma la donna non c'era. «La preside ha detto di raggiungerla alle stalle» disse una giovane che stava riordinando all'interno.
Diana fu molto stupita nel vedere che la ragazza portava appeso alle spalle un bambino piccolissimo, sicuramente non doveva avere più di qualche mese. E la ragazza sembrava più giovane di lei.
Si allontanarono, ma a Diana rimase addosso una sensazione di disagio.
Attraversarono la zona degli alloggi che pareva proprio un piccolo villaggio.
Giunti sulla riva del fiume, udirono una melodia e si avvicinarono.
La donna era di spalle. Non era molto alta e aveva lunghi capelli castani raccolti in una treccia che, scendendo sulla schiena, dondolava appena.
François la indicò con il mento, li salutò e sparì.
Diana rimase per un attimo perplessa, la preside non era africana di origine. Sebbene le sue braccia fossero dorate da un’abbronzatura lieve, era sicuramente europea.
La donna si voltò e loro rimasero senza fiato. Era bella, anche se il suo viso aveva un'espressione austera. Possedeva il fascino di una creatura divina e selvaggia. Nonostante sul suo viso fossero evidenti le tracce lasciate dal tempo, tutto il suo essere emanava una grande forza. I suoi occhi brillanti e azzurri sorrisero loro con indulgenza.
Filippo fu il primo a riscuotersi. «Buongiorno, preside Yamanuelle.» Si schiarì la voce in imbarazzo.
Diana ebbe l'impressione che il ragazzo non sapesse più il motivo della loro visita.
In effetti nemmeno lei lo ricordava, in quel momento provava un grande desiderio di avvicinarsi alla donna, piangere tra le sue braccia e lasciarsi consolare.
«Allora, ragazzi» la sua voce era melodiosa e quel suo sguardo intenso aveva qualcosa di familiare. «Mi avete portato i documenti» fece loro notare, indicando la cartellina che aveva in mano Filippo.
Il ragazzo si guardò perplesso le mani e poi gliela porse come in uno stato di trance.
«Grazie Filippo.» La donna si era avvicinata e il suo effetto si era accentuato. «Ora va', raggiungi François» lo invitò. «Io e Diana dobbiamo parlare.»
Filippo annuì ancora imbambolato. Guardò appena Diana sorpreso e poi si allontanò.
Solo nel momento esatto in cui la preside lo aveva detto, Diana aveva saputo che era proprio così. Doveva parlare con lei.
La preside si incamminò lungo il corso del fiume e Diana la seguì. Si sedettero su di un grande tronco abbattuto che fungeva da panca.
«Tu temi di non poter concepire.» La donna le prese le mani.
Diana annuì senza stupirsi di come potesse sapere.
«È tutto nella tua mente» le spiegò. «Il tuo corpo non ha alcun problema» la rassicurò.
Diana sospirò di sollievo, ma allora che doveva fare?
«Devi capirlo da sola, devi imparare ad amarti» le disse dolce. «Finché non ti riterrai degna di essere amata da lui» aggiunse piano «non guarirai.»
Degna di essere amata. Sì, era proprio quello il punto. Lei non lo era affatto. Poteva solo essere infinitamente grata a Filippo perché le era stato accanto, ma lei non lo meritava e non poteva andare avanti così.
Devi capirlo da sola. Da sola... Quelle parole le si impressero nella mente e nell'animo. Sentì che le stavano dando la forza per recidere quel rapporto che lei non riusciva a troncare.

Poco più tardi Diana si ritrovò ad Armonia senza nemmeno essersene resa conto, stava accarezzando Furia.
Da sola... Continuava a ripeterlo come un mantra.
«Allora Diana?» Filippo era accanto a lei, non lo aveva proprio sentito arrivare, o forse era rimasto con lei per tutto il tempo?
Si sentiva estraniata, come le era capitato quando era morta Lili.
«Ascoltami Diana» Filippo si frappose tra lei e Furia, le prese il viso tra le mani accarezzandola dolcemente. «Qualsiasi cosa ti abbia detto, a me non importa.»
Diana non lo vedeva veramente, non lo sentiva. Sapeva che prima o poi sarebbe dovuto succedere. Era necessario sciogliere il loro rapporto, doveva farlo, anche se sarebbe stato terribilmente doloroso.
«Diana, per favore» disse implorante. «Dimmi qualcosa...»
«Da sola...» sussurrò appena.
Filippo la guardò sconcertato, lo vide deglutire a fatica «Vuoi stare un po' da sola?» chiese triste.

Diana scosse la testa e, senza capire bene come, lo disse. «Filippo io devo stare da sola...» Si voltò di lato perché non poteva guardare il suo viso, si schiarì la voce che era suonata poco convincente «Dobbiamo lasciarci.» Questa volta la sua voce risuonò ferma, inamovibile, granitica.


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Claudia

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