Racconto di Halloween
Questo racconto è il mio regalo per voi, per trascorrere insieme la magica serata di Halloween.
Si tratta di un episodio della serie: “La Casa delle Streghe”.
(Potete leggerlo comodamente dal blog, oppure scaricarlo dal mio canale telgram)
Melissa
Ciao, mi chiamo Melissa, Mel per gli amici. Abito nella bellissima casa padronale in cima alla collina, chiamata La Casa del Pino, assieme a nonna Ortensia e a molte altre cugine e consorelle.
La mamma è scappata di casa quando aveva poco più di quindici anni e adesso che ne ho compiuti tredici la nonna mi tiene d'occhio come un falco, anzi come un piccione… Poi vi spiegherò.
Lei e la mamma si odiano, praticamente non si parlano da anni, solo perché la mamma non ha mai voluto accettare il nostro stile di vita.
Ah, dimenticavo, noi siamo Streghe.
La Casa del Pino non è solo la nostra abitazione, noi qui studiamo, pratichiamo le nostre arti magiche e accudiamo i nostri animali, i famigli, che sono davvero tanti.
Quasi tutti gli animali possono essere trasformati in famigli grazie all’incantesimo di affidamento, è piuttosto semplice. La nonna mi ha affidato proprio alla sorveglianza di Tarassaco, un piccione. Un piccione stregato, mai sentito, vero? A suo dire i piccioni passano sempre inosservati e attraverso di lui può controllarmi in qualsiasi momento.
Le Streghe più potenti riescono a fondersi con i loro famigli, trasferendo in essi la loro essenza vitale; quindi non so mai se a seguirmi sia Tarassaco o la nonna in persona, cioè, in becco e piume.
Viviamo assieme a Streghe di ogni età, le più grandi si prendono cura delle più piccole. Abbiamo l’orto di zia Petunia per il nostro sostentamento, un vasto frutteto e la serra delle erbe officinali per le pozioni. All’interno della Casa abbiamo un asilo e una scuola elementare. Più che una famiglia, siamo una vera e propria comunità: un'allegra e vivace comunità stregata.
Amaryllis, noi la chiamiamo Mary, è la nostra Strega maestra. Ci ha insegnato a leggere, scrivere e fare i conti, un po’ di storia, di geografia e un’infarinatura di inglese. Anche se a noi Streghe non serve, esiste l’incantesimo Babele, per capire qualsiasi lingua e tradurre immediatamente, comodo, non credete?
Studiare con Mary è stato uno spasso; lei è dolce e divertente, per niente severa. Anche se non è il suo compito, ci ha insegnato alcuni innocui incantesimi, utili per divertire le tre piccoline di casa, Flora, Rosa e Bella, come far levitare foglie e piume, o improvvisare una lieve nevicata in camera da letto. Con questi si va sul sicuro.
Ma poi è finita la pacchia, perché è arrivata per me l’età della scuola media. Anche noi Streghe dobbiamo andare in quelle degli umani per cercare di inserirci nel loro mondo ed è assolutamente vietato fare ogni tipo di magia, pena punizioni indicibili per l'eternità, a detta della nonna.
Io ed Erica, la mia amica del cuore, anche lei Strega, abbiamo appena iniziato la terza media e devo ammettere che per i primi due anni ce la siamo cavata alla grande. O meglio, ci siamo nascoste alla grande: frequentare le lezioni, risultare invisibili, impeccabili, sempre prive di nota. Studiare, ma non troppo, non fare assenze e non chiacchierare.
Beh, quello è facile quando puoi parlare nella mente! Sì, lo so, avevo detto niente magie, ma quella non è proprio una vera magia.
Oltre alla scuola umana, tutti i sabati mattina, facciamo lezioni di incantesimi e magia, a Casa. Qui impariamo cose davvero interessanti, anche se raramente ci è concesso mettere in pratica le nostre capacità.
La magia di noi Streghe non è come un genio che esaudisce i desideri, sia chiaro. Ha precise regole come il fine che dev'essere benefico e il mantenimento dell'equilibrio: per ogni azione c'è una reazione. Inoltre ha dei meccanismi di funzionamento che a detta di molte Streghe sono chiari, ma a me a volte risultano incomprensibili.
Innanzitutto noi Streghe abbiamo fin da piccole una grande sensibilità verso l'energia vitale di tutti gli esseri viventi, animali o vegetali che siano, che ci permette di comunicare con loro. Possiamo inoltre incanalare l'energia che ci circonda e usarla per un determinato scopo. Potrebbero sembrare poteri psichici o telecinetici, ma non è così, o almeno non è solo questo. Ci dev'essere una forza scatenante che può scaturire da una parola o essere amplificata da un filtro di erbe, ma alle Streghe più potenti può bastare solo la loro volontà.
Fatto sta che la Strega che fa una magia deve mettere in gioco la propria energia e se non sa calibrarla, può rimanere prosciugata, a meno di non attingere al Mondo Magico, ma di quello vi parlerò un’altra volta.
E ora due parole su nonna Ortensia: non immaginatevi una cara dolce nonnina che fa la maglia e passa le giornate a ricamare. Lei è il capo della nostra Congrega e fa parte delle Anziane, è sempre impegnatissima e oppressa da mille problemi, segreti e misteri. Sembra anche molto più giovane di quanto sia in realtà, tra i suoi capelli rossi si intravede qualche raro filo bianco e il suo viso è ancora fresco e liscio, il tutto senza fare ricorso a nessuna magia. “Una vita sana rende più belli dentro e fuori” dice sempre. È severa e tutti la temono e il fatto che io sia sua nipote non conta proprio nulla, vengo trattata come tutte le altre, anzi forse da me pretende sempre un qualcosina di più.
E non fatevi trarre in inganno dal suo nome. L’ortensia è un fiore velenoso, tra i suoi componenti molecolari c’è l’acido cianidrico, quello usato nelle camere a gas dai nazisti, me lo ha detto Erica, lei sa sempre tutto, lo ha letto in biblioteca.
Il nome di una Strega è molto importante perché rappresenta il suo potere peculiare e la nonna è in grado di uccidere, probabilmente lo ha già fatto.
Per fortuna vive con noi anche nonna Girasole, sua sorella. Almeno così ci raccontano, perché sono davvero diverse. Nonna Girasole è sempre sorridente, si entusiasma per ogni cosa, prepara dolci prelibati e non dice mai di no. A volte è un po’ svampita, ma questo la rende ancora più simpatica, soprattutto quando “dimentica” di raccontare a nonna Ortensia le nostre marachelle e ci racconta segreti e misteri che avrebbe dovuto “ricordarsi” di non svelare.
Il suo potere è quello di allungare e migliorare la vita, proprio come i semi di girasole. Lei lo usa espandendolo attorno a sé; tutto quello che sfiora, anche solo con lo sguardo, diventa più vivo e sano.
Lo so cosa state pensando: “E la melissa, che potere ha?”
È un’erba rilassante contro lo stress e l’insonnia. Quindi io... Lo so, è imbarazzante. Posso fare calmare, addormentare e passare il mal di pancia.
Che volete farci? Ma vi assicuro che a volte può essere utile fare addormentare qualcuno. Soprattutto se abitate in una casa assieme a cinque piccole Streghe. In questi ultimi due anni, infatti, abbiamo acquistato anche Lilia e Dalia, di due e cinque anni.
Niente di strano, la nonna e le altre Streghe Anziane sono in contatto con ospedali e asili per intercettare tutte le nuove Streghe che vengono al mondo; non tutte manifestano immediatamente i loro poteri.
Appena le Streghe Anziane le individuano si mettono in contatto con le famiglie e, non so bene come, riescono a farsi affidare la loro educazione. Nessuno deve conoscere l’esistenza delle Streghe, altrimenti potremmo mettere in allarme i Cacciatori.
Loro per noi sono molto pericolosi, non che siano cattivi, perché in realtà danno la caccia alle Streghe Oscure, quelle che usano la magia nera. Il problema è che credono che tutte le Streghe siano una potenziale minaccia, quindi meglio star loro alla larga.
Per occultare la nostra magia, indossiamo un cristallo di quarzo che ci viene regalato appena i nostri poteri si manifestano. Questa pietra incanala la forza magica e ci aiuta a gestirla meglio. Non dobbiamo toglierlo mai. Io ne ho uno di ametista.
Oltre all’arrivo di Dalia e Lilia, ultimamente è accaduto qualcosa che ha sconvolto l’equilibrio della nostra allegra Casa del Pino: è arrivato Cris.
Cris come Crisantemo.
Un maschio.
Uno Stregone.
Gli Stregoni sono rarissimi. Di solito le Streghe generano solo figlie femmine, ma può capitare che, per cause sconosciute, ne nasca uno. Un mistero.
E ancor più misterioso è il fatto che nessuna di noi sappia da dove arrivi e che cosa sia successo alla sua memoria che è stata ripulita.
Ma io sono convinta che la nonna sappia qualcosa.
Comunque Cris sta sempre per conto suo, ha un carattere malinconico e non sorride quasi mai.
Nemmeno io che, a detta della nonna, farei parlare anche i sassi, riesco a ottenere da lui più di qualche scambio di battute. E qualche sorriso.
E… Wow, quando sorride, è davvero carino. I suoi occhi azzurri si illuminano e sembra che spunti il sole nella stanza e…
Erica dice che ho una cotta per lui. Ma lei che ne sa? Nemmeno mi conoscesse da tutta una vita…
Comunque anche Cris frequenta la nostra scuola, infatti ha tredici anni come noi.
I rapporti con gli umani sono ridotti al minimo e spesso le loro menti vengono manipolate per evitare che si pongano troppe domande su di noi, ma con il nostro ingresso alla scuola media siamo state costrette a entrare in qualche modo in contatto con loro. Per anni abbiamo studiato come non dare nell’occhio, ma la scuola prevede colloqui e riunioni con i genitori, compiti di gruppo a casa, uscite pomeridiane.
Tutto questo viene limitato esclusivamente al minimo indispensabile.
Gli abitanti del paese pensano che La Casa del Pino sia un collegio privato, un orfanotrofio, per cui probabilmente si aspettano che siamo tutti un po’ riservati e strani.
Ma di certo non immaginano quanto.
Halloween
«Dai, Mel, da questa parte, sbrigati.» Erica avanzava davanti a me a fatica affondando tra le foglie secche.
Era la sera delle Streghe e nessuna di noi si poteva perdere l’occasione che il mondo ci offriva di essere veramente noi stesse.
Ovviamente, prima di avere il via libera per la festa umana, avevamo partecipato al rituale di Samhain assieme alla nostra Congrega. Come sempre avevamo salutato l’ultimo giorno dell’anno e dato il benvenuto al nuovo con l’inizio della notte degli spiriti. Era molto emozionante percepire il potere della natura che muore per donare la propria energia alle nuove vite nascenti.
La Strega Anziana della Congrega aveva catturato l’ultimo raggio di luce e acceso una candela magica, che ci avrebbe guidate con la sua piccola fiammella fino a Imbolc, la festa del ritorno della luce.
Poi appena iniziato il banchetto io ed Erica eravamo sgattaiolate via.
Eravamo vestite da Streghe, cioè, non da noi stesse, ma da quelle dei film, con il cappello a punta e i vestiti un po’ logori. Visto che lei portava gli occhiali, tendeva ad assomigliare a un certo maghetto, ma detestava quando glielo facevano notare. Io avevo dovuto portare Iperico, il nostro ragno famiglio. Lo avevo su una spalla, come se fosse una spilla. Per fortuna era molto bravo a rimanere immobile e sembrava finto, perché era bello grosso, nero e peloso. La nonna mi aveva obbligata a portarlo, visto che di notte non si vedevano in giro piccioni e il caro Tarassaco aveva avuto la serata libera.
«Aspetta, Erica, non vedo niente.» Per fortuna stava sorgendo la luna, una bella e tonda luna piena.
Ci eravamo materializzate, avevamo usato il portale nell’albero cavo nel boschetto dietro Casa del Pino, che ci conduceva in un luogo naturale vicino alla destinazione desiderata. A volte era un parco, a volte un gruppo di alberi, a volte, come quella sera, un intrico di rovi.
Era davvero un comodo sistema per spostarsi. In realtà c’erano anche le Scope, ma nessuno le usava più, erano capricciose e instabili, senza contare che ci esponevano agli occhi e alle telecamere satellitari o di sorveglianza degli umani. Troppo rischioso.
Quella sera eravamo dirette alla festa di Ginevra Monteleone, la riccona della classe che abitava in una villa più grossa della nostra Casa del Pino e ci vivevano solo in tre: lei, sua madre e suo padre, che a quanto pareva non c’erano mai, perché viaggiavano molto per lavoro. E ovviamente c’erano i domestici.
Per la festa avevano affittato un’altra villa, una decadente, per avere la migliore ambientazione. Ginevra non era una di quelle ragazze antipatiche, snob e viziate di cui si legge nei libri, ma ci andava vicino. Voleva per forza essere amica di tutti per essere a conoscenza di ogni cosa, il che a noi creava qualche problema. Molte volte ero stata costretta a inventare scuse fantasiose per impedirle di venirci a trovare a casa.
“E no, mi spiace, la piccola Dalia ha una malattia infettiva molto contagiosa.”
“Oggi viene il disinfestatore, abbiamo la casa piena di topi.”
“Flora e Bella hanno i pidocchi.”
Avevo scoperto che era molto impressionabile a proposito di malattie e parassiti.
Tra l’altro quando ci aveva invitate aveva specificato: “Mi raccomando, portate anche Cris. Verrà, vero?”
Avevo già intuito dall’inizio dell’anno scolastico che aveva un interesse per lui e questo non aiutava a rendermela più simpatica.
«Eccola, vedo le luci.»
Tra un rovo e montagne di foglie secche, finalmente avvistammo la strada.
Rimanemmo accucciate tra la vegetazione, strette nei nostri mantelli, per non farci vedere da nessuno e poi uscimmo allo scoperto.
La villa appariva a stento tra alcuni pini molto alti, non era illuminata, si intravedeva solo un bagliore proveniente dal retro della casa. La luna con la sua luce argentata donava a ogni cosa un aspetto irreale.
Ci avvicinammo titubanti.
Al cancello c’era un maggiordomo piuttosto anziano vestito come Lurch della famiglia Addams.
«Buonasera, signorine, posso avere i vostri inviti?» Non sembrava molto felice di quel compito e mi fece un po’ pena, lo immaginavo costretto a soddisfare i mille capricci della incontentabile Ginevra.
Gli porgemmo i due cartoncini neri a forma di pipistrello e lui si fece da parte.
«La festa si svolge sul retro della casa, ma per raggiungerla dovrete attraversarla, se ne avrete il coraggio.»
Lo guardai confusa.
Lui alzò le spalle perplesso. «Un’idea della signorina Ginevra.»
Io ed Erica ci scambiammo uno sguardo d’intesa e procedemmo.
Ero curiosa di vedere cosa Ginevra si fosse inventata. Adoravo le decorazioni e gli scherzi di Halloween, soprattutto mi divertiva vedere come gli umani immaginassero noi Streghe e il nostro mondo. Avevano idee davvero bizzarre e molto differenti dalla realtà. Sicuramente, nei secoli, erano trapelate notizie della nostra esistenza e si erano trasformate passando di bocca in bocca, a seconda delle tradizioni, delle paure o della fantasia di chi le raccontava. Pareva proprio che l’immagine più comune fosse quella della Strega Oscura, ma quelle non facevano ridere, per niente.
Ci avvicinammo correndo fino ai piedi della scalinata che conduceva alla porta principale.
Le luci erano tutte spente, alcune finestre avevano i vetri rotti e dei rampicanti disordinati si avvinghiavano alla facciata fino al tetto spiovente.
«Beh, la nostra Ginevra ha trovato proprio una casa spaventosa.»
La mia voce suonò spettrale nel silenzio assoluto e mi fece una certa impressione.
Il verso gracchiante di un corvo ci diede il benvenuto.
Alzai gli occhi al cielo, sapevo che si trattava di Nasturzio, un altro dei nostri famigli, lui era speciale perché sapeva anche parlare, purtroppo.
Lo avete capito, vero? Tutti i nostri animali avevano nomi di piante e non perché ne avessero il potere, come noi Streghe. Era un’idea di nonna Girasole. Lei insisteva che sarebbe stato più facile per noi ricordare le proprietà di ogni pianta officinale. Il nasturzio era diuretico e digestivo, così io immaginavo il nostro caro corvo mentre si massaggiava la pancia dopo aver mangiato soddisfatto e poi andava in bagno a fare la pipì.
Beh, insomma, funzionava.
«Subito a casa! Subito a casa!» gracchiò Nasturzio. Era brontolone e ficcanaso, peggio della nonna.
Erica scosse la testa divertita. «Andiamo, dai, leviamoci il pensiero.» Si sistemò gli occhiali sul naso, come faceva sempre quando era nervosa.
In quel momento un forte vento ci sferzò il viso. La luna piena si oscurò e così pure il cielo che iniziò a lampeggiare. Il borbottio di un tuono echeggiò lontano.
Cavolo. Va bene che i genitori di Ginevra sono ricchi e potenti, ma far venire un temporale per la festa…
Sembrava opera di un potere magico.
Non saranno mica Streghe anche loro? Magari una congrega segreta e Oscura?
Rabbrividii e cercai di scacciare quei pensieri sinistri.
Salimmo le scale di marmo e ci appoggiammo entrambe al grosso pomo di ottone per aprire il portone. Era sicuramente indurito dal tempo e facemmo molta fatica per smuoverlo, ottenendo un cigolio raccapricciante.
Lo scostammo quel tanto che bastava per scivolare dentro. Non si vedeva nulla e c’era un terribile odore di muffa.
Erica si portò un fazzoletto alla bocca e fece un verso disgustato. «Ricordami perché siamo venute, per favore.»
Sorrisi. «Perché è l’unica festa a cui ci è permesso di partecipare. E perché c’è Simone.»
«Oh, smettila. Non mi importa niente di Simone.»
La guardai storto. Non era vero. Ogni volta che lo vedeva si agitava e quando cercava di parlargli, si metteva a balbettare.
Il primo passo verso l’interno fu accompagnato da un cigolio che interruppe i miei pensieri.
«Pavimento di legno scricchiolante? Ma dai!»
«Secondo te è davvero una casa abbandonata o l’ha fatta costruire lei, tipo set cinematografico?» Erica sosteneva che Ginevra avrebbe fatto qualsiasi cosa per essere al centro dell’attenzione.
Ridacchiammo nervose.
O meglio, lei era nervosa. Io in questi casi non avevo mai paura, non che fossi particolarmente coraggiosa, la nonna diceva che ero incosciente, io mi ritenevo solo ottimista.
Comunque entrando in quella casa avevo percepito qualcosa.
Una sgradita morsa mi serrò lo stomaco e senza pensarci afferrai la mano di Erica.
«Sbrighiamoci e cerchiamo la porta sul retro.» Avanzai tenendo l’altra mano davanti a me, sperando di non andare a sbattere da nessuna parte.
Dopo alcuni passi, qualcosa cadde dal soffitto. Erica urlò. Dovevano essere ragnatele finte. Potei percepire l’indignazione di Iperico. I ragni sono molto permalosi, lui pensava che quei fili attorcigliati non potevano in alcun modo essere paragonati alla meravigliosa e artistica tela di un ragno.
Iniziò a camminare dalla mia spalla alla mano. Sembrava nervoso anche lui.
Ci scrollammo di dosso la rete sottile e proseguimmo verso quella che speravamo fosse la direzione giusta.
In casa c’era un silenzio assoluto, il che era davvero strano, perché al massimo a una decina di metri di distanza, c’era una festa.
«Non si dovrebbero sentire i bassi della musica rimbombare?»
Sentii Erica gemere. «Ho posato la mano su qualcosa di viscido...»
«Sarà gelatina, fammi annusare?» Cercai di sdrammatizzare.
Non ebbi il tempo di voltarmi che un forte vento ci investì e con esso della polvere sottile che doveva rappresentare forse la cenere, ma era chiaramente farina.
«Chiudi gli occhi!» E mi si riempì la bocca. Iniziai a sputacchiare e mi nascosi il volto con le braccia.
Quando il vento terminò, cercai di aprire gli occhi.
«Tutto bene?» chiesi a Erica.
Quella dannata farina mi si era infilata dappertutto. Tossii e mi passai le mani sulla faccia.
Ero così presa a cercare di pulirmi che ci misi un po’ a rendermi conto che Erica non rispondeva.
Un brivido freddo mi percorse la schiena e non era paura. Avevo percepito la magia. «Erica?»
Accidenti, non si vede niente!
A quel punto decisi di violare le regole e chiesi a Iperico di emettere la sua luminescenza speciale. Se qualcuno mi avesse visto, avrei detto che era fosforescente o che aveva una lampadina.
La sua luce tenue mi mostrò la sagoma di Erica accasciata poco distante da me.
«Erica!» Iniziai a tossire, probabilmente la farina mi era scesa nella gola. Accanto a noi vidi dei provvidenziali bicchieri posati su un tavolino.
Sospirai di sollievo, o almeno ci provai, perché ripresi a tossire.
La perfida Ginevra aveva immaginato che la farina avrebbe potuto far soffocare qualcuno.
Per fortuna non siamo allergiche!
Allungai la mano e annusai, sembrava aranciata.
Ne presi solo un sorso, non volevo rischiare che fosse corretta con qualcosa di alcolico.
Ma appena il liquido entrò in contatto con la mia lingua, tutto attorno a me si spense.
Avevo mal di testa e non vedevo niente. In bocca sentivo il gusto amaro di un’erba velenosa, ma il nome mi sfuggiva.
Mi lamentai.
«Cosa diamine è...» Mi sollevai per mettermi seduta e realizzai con orrore di essere dentro a una gabbia di metallo.
Istintivamente portai la mano al petto e il respiro mi rimase incastrato in gola: il mio cristallo era sparito.
Il nostri ciondoli erano incantati, potevano venirci sottratti solo se eravamo prive di sensi o addormentate, per questo lanciavamo incantesimi di protezione nelle nostre camere.
Subito pensai ai nostri acerrimi nemici.
I Cacciatori lo sapevano.
E se Ginevra facesse parte di una famiglia di Cacciatori?
Ma poi cercai di essere razionale. Forse era tutto uno scherzo della casa stregata di Ginevra, forse avevo perso il cristallo quando ero svenuta o lo avevo dimenticato a casa.
Ma le giustificazioni vacillavano di fronte all’evidenza dei fatti e alla sensazione sgradevole che avevo sentito appena entrata in casa e che continuavo a percepire, sempre più forte.
C’era della magia Oscura in circolazione.
A tentoni cercai di capire quanto fosse grande la gabbia. Mi sarebbe servita un po’ di luce.
«Iperico!»
Oh, no.
Era sparito.
Anche di Erica non c’era traccia.
Che fine hanno fatto?
Strisciando contro la parete riuscii a capire che la mia prigione era piccola e sospesa, appesa da qualche parte, perché dondolava.
Non sapevo proprio come uscire da quella situazione. Ero così spaventata che non riuscivo a pensare per farmi venire un’idea.
Poi sentii un cigolio e mi fermai, trattenendo il fiato.
Silenzio.
Un gelo oscuro strisciò verso di me immobilizzandomi.
Sentivo dei passi leggeri, un frusciare di vesti e il sibilo di un respiro, suoni smorzati, ma che rimbombavano nella mia mente, gridando: “Pericolo!”
Il mio cuore accelerò.
«Chi c’è?» La mia voce risuonò come se fossi all’interno di uno spazio enorme, ma nessuno rispose.
Il rumore secco di una serratura che scattava mi fece sobbalzare, anche perché proveniva dalla parte opposta rispetto ai passi.
Mi voltai e un forte bagliore mi accecò. Mi portai un braccio davanti agli occhi e, appena mi fui abituata alla luce, intravidi la sagoma di un portale magico, poi un crepitare elettrico e il rombo di tuoni lontani.
Il vortice creato mi attirava verso di sé. Mi aggrappai disperatamente alle sbarre, mentre avevo l’impressione che le gambe mi venissero strappate via. Usai tutte le mie forze per non mollare la presa, lottando contro la magia sempre più potente. Le braccia mi facevano male e sentivo le dita scivolare.
Poi tutto cessò e una luce si accese.
«Mel!»
Cris? Che ci fa qui?
Rimasi a terra, sdraiata sulla pancia, improvvisamente senza forze.
Venni scrollata e mi ritrovai tra le sue braccia.
«Mel, stai bene? Cosa è successo?» I suoi occhi preoccupati mi scrutarono attenti.
Certo che è proprio bello, ma quello non era il momento di pensare a certe cose.
«Cosa è successo?» ripeté.
Cercai di sedermi e scossi la testa. «Non lo so.»
«Erica è arrivata alla festa e mi ha detto che vi eravate separate. Aveva Iperico sulla spalla, anche lui diceva che eri sparita.»
Mi guardai attorno sconcertata, della gabbia non c’era traccia, ero sdraiata sul pavimento di legno accanto al bicchiere di aranciata rovesciato.
Mi sono immaginata tutto?
«Ho percepito qualcosa di oscuro» dissi sottovoce e rabbrividii.
Poco dopo eravamo fuori in mezzo alla festa; la musica rimbombava assordante e tutti ridevano spensierati, ignari del terrore che albergava dentro di me.
Cercammo Ginevra per congedarci.
«Mel non si sente bene, noi torniamo a casa.»
Era vestita da vampira, un travestimento poco intonato alla sua carnagione abbronzata e ai suoi capelli biondi a boccoli. Sembrava più un cherubino con i denti da gatto.
Lei si esibì in un adorabile broncio, guardando Cris con aria triste. «Oh, no. Non andrai via anche tu, vero? Posso farla accompagnare a casa da Alfonso.»
Cris scosse la testa risoluto. «Noi siamo una famiglia, non potrei più cercare di divertirmi sapendo che lei sta male.»
Wow. Quella frase mi riscaldò il cuore. Anche perché da quando eravamo usciti dalla casa maledetta, lui non aveva più mollato la mia mano.
«Lo sapevo, dobbiamo stare alla larga dagli umani.»
Eravamo nell’accogliente salotto di Casa del Pino, ero avvolta in una coperta di lana, ma continuavo a rabbrividire.
L’odore rassicurante di salvia e biscotti che caratterizzava l’atmosfera di Casa, non bastava a tranquillizzarmi.
Nonna Ortensia aveva preso malissimo il mio racconto, anche se aveva liquidato il discorso della gabbia come il frutto della mia immaginazione; secondo lei nell’aranciata c’era un allucinogeno.
Ma allora perché è così agitata?
Nonna Girasole alzò gli occhi al cielo, sminuendo come sempre i rimproveri e le preoccupazioni di sua sorella Ortensia. Si avvicinò e mi abbracciò stringendomi al suo petto che odorava di vaniglia.
«Vuoi dei biscotti, cara?» Mi indicò il vassoio sul tavolino dove una tazza di tisana, appunto, alla melissa mi invitava fumante. «È indispensabile mangiare un biscotto, dopo uno spavento come quello.»
«Questa è l’ultima volta che partecipate a una delle loro feste.» Nonna Ortensia camminava avanti e indietro, furibonda e pensierosa. Era vestita di verde come al solito e sullo sfondo del salotto, anch’esso di tinte silvestri, pareva sparire e riapparire come uno spirito tormentato. «Avresti potuto fare un incantesimo per difenderti e così rischiare di farti scoprire.»
«Oh, smettila, brontolona.» Nonna Girasole sorrise a noi ragazzi indulgente. «Non eri tu che a quattordici anni hai fatto saltare la luce in tutta la scuola, solo per farti prendere per mano da quel… Come si chiamava quel giovanotto?»
«Cosa stai blaterando? Ora, tutti a dormire, ne riparleremo domani.» Detto ciò uscì, in chiaro imbarazzo.
Nonna Girasole ci strizzò l’occhio e finì di sparecchiare.
«Sarà meglio che andiamo a dormire anche noi, domani mattina c’è scuola.» Erica si allontanò verso le scale che portavano alle nostre camere.
La seguii a distanza sperando che Cris mi dicesse ancora che era preoccupato per me, era stato piacevole. Ma lui rimase in soggiorno.
Mentre salivo le scale ripensavo a quello che era successo e mi sentivo confusa. L’esperienza vissuta era ancora impressa in me in maniera molto vivida, ma era molto più tranquillizzante pensare che si fosse trattato davvero di un’allucinazione.
Entrai nella mia camera e mi rilassai un pochino. A undici anni ci veniva assegnata una stanza tutta nostra che potevamo arredare come preferivamo. La mia aveva un balcone che si affacciava a sud, era piccolo, ma da lì potevo vedere sia il boschetto del portale che la vallata di fronte a me. Le pareti e i mobili erano colorati di azzurro e bianco; quando ero lì, mi sentivo in un angolo di cielo, sulla mia nuvola personale. Gli incensi di pino rendevano l’aria fresca come quella di una foresta.
Mi sedetti sul letto sconsolata e starnutii. Mi sa che mi sono presa anche il raffreddore.
Sentii bussare.
«Avanti.»
«Ti ho sentita starnutire.» Era Cris. «Lo sai che uno dei miei poteri è proprio quello di far passare il raffreddore? Forse posso aiutarti.»
Arrossii e gli sorrisi.
Lui si sedette accanto a me e mi porse entrambe le mani. «Chiudi gli occhi e rilassati.»
Non risposi, improvvisamente mi mancavano le parole. Era così bello che si prendesse cura di me che quasi mi sarei fatta venire il raffreddore cronico.
La mia fantasia iniziò a correre a briglia sciolta e già ci vedevo mano nella mano a fare una passeggiata romantica, poi lui mi prendeva il viso tra le mani e mi sussurrava parole dolcissime, come: “ti amo”. «Anche io» sussurrai appagata.
«Come?»
Oh, cavolo. Ho parlato ad alta voce?
Spalancai gli occhi e trovai i suoi a fissarmi divertiti. «Non sapevo di avere anche poteri rilassanti e nemmeno di avere la magia del sorriso.»
Lo fissai imbambolata.
«E tu hai un sorriso bellissimo.»
Oh.
«E a quanto pare ho anche il potere di farti stare in silenzio. Sarebbe contenta di saperlo tua nonna Ortensia.» Ridacchiò.
Forse mi stava prendendo in giro, ma era davvero piacevole.
«Non ho detto niente prima, ma ho trovato questo, fuori in giardino. Ti è caduto quando siete uscite per andare alla festa?»
Infilò una mano in tasca e mi porse un qualcosa di luccicante.
Aprii la mano e…
«Il mio cristallo!» Scossi la testa e lo portai al cuore. Mi sentii pervadere da mille emozioni.
Ma com’è possibile?
Non potevamo perderlo. Forse lo avevo lasciato sul comodino dopo la purificazione. Scossi la testa.
Me lo ricorderei.
È successo davvero? E se mi è stato sottratto alla festa, chi l’ha portato fuori in giardino?
Le avventure di Melissa, Cris ed Erica continuano con il primo romanzo delle serie...
(Il racconto continua nel romanzo “Il Cristallo della Luce” del quale rappresenta i primi capitoli)
(Esiste anche un cofanetto ebook con TUTTA la serie!)
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