Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

giovedì 12 luglio 2018

Rileggiamo insieme - La Melodia Sibilante



Come forse qualcuno di voi ha letto nei miei aggiornamenti sui "Lavori in corso", sto rileggendo la Melodia Sibilante con l'intento di revisionarla, correggere eventuali refusi residui, insomma: migliorarla. 
Ci tengo molto a questo romanzo e, dopo quattro anni, mi rendo conto che il mio stile è leggermente mutato, più scorrevole e, mi auguro, più corretto. Così ho deciso di intraprendere questo lavoro di ristrutturazione. 

Ho pronto per voi il capitolo uno, chi ha voglia di rileggerlo con  me? Mi farebbe piacere conoscere il vostro parere, qualche consiglio o possiamo rivivere insieme le emozioni di questa avventure e chiacchierare insieme di quello che vi è piaciuto, vi ha sorpreso o vi è mancato. 
Fatevi sotto!! 

Capitolo 1

Una scuola originale


Questa sarà una mattinata speciale.
Giulia si stava preparando in tutta fretta per andare a scuola. Era agitata. Il giorno dell’orientamento scolastico era finalmente arrivato e gli studenti delle classi terze dovevano decidere a quale scuola superiore iscriversi.
Per sentirsi più sicura, aveva indossato la sua felpa preferita, quella con la tigre, e i suoi jeans più comodi, anche se erano sbiaditi e consumati.
Si guardò nello specchio mentre si calcava il cappello sulle sopracciglia: era buffa imbacuccata in quel modo, ma a lei non importava. Era freddo e poi sapeva perfettamente di non essere bella. Nessuno glielo aveva mai detto a parte sua madre.
Ma lei non conta, no?
Giulia era alta e magra, aveva una pelle slavata e gli occhi verdi, forse quelli erano la parte di lei che le piaceva di più, ma per il resto…
Alzò le spalle con indifferenza, la scambiavano spesso per un ragazzo e in un certo qual modo ne andava fiera, a lei non piacevano i trucchi, i vestiti e tutte quelle sciocchezze di cui parlavano sempre le altre ragazze.
Lei era un maschiaccio, era forte e non aveva bisogno di nessuno, tanto meno di un ragazzo.
In passato aveva avuto diversi amici maschi, ma ultimamente si comportavano in modo assurdo. Alcuni la guardavano con timore, come se fosse diventata una creatura strana, aliena.
Altri, invece la riempivano di attenzioni, come se improvvisamente non fosse più stata capace di fare nulla da sola.
Maschi!
E poi a lei non piaceva farsi aiutare, nemmeno quando ne aveva davvero bisogno.
«Giulia, hai finito di mangiare?» La voce di sua mamma le arrivò dalla cucina.
Sentiva ancora aleggiare nell’aria l’odore del caffè, lo inspirò e sorrise. Le piaceva l’aroma, anche se non lo beveva, rendeva l’atmosfera mattutina dolce e confortante.
«Sì, mamma.» In realtà aveva lo stomaco chiuso ed era riuscita a buttare giù solo un paio di sorsi di latte.
La scelta della nuova scuola la tormentava e nello stesso tempo la rendeva euforica. Era la prima volta che avrebbe preso una decisione tanto importante per se stessa; avrebbe condizionato la sua vita, almeno per i prossimi anni e lei non aveva ancora le idee chiare.
«Ciao, vado!» Si chiuse la porta alle spalle e si precipitò giù per le scale, “senza nemmeno un bacio” si sarebbe lamentata sua mamma, se avesse potuto.
Giulia non amava le smancerie.
Sospirò ancora pensando alla scuola. Molti suoi compagni avevano preso la loro decisione già da tempo, ma lei no. Non riusciva a immaginare cosa avrebbe voluto fare da grande, come se nel mondo che conosceva non ci fosse nessun posto adatto a lei.
Molto spesso infatti si sentiva estranea a tutto quello che la circondava, come un “pesce fuor d’acqua”. Era convinta di essere diversa dagli altri, a volte insignificante, invisibile. Credeva che non ci fosse nessuno in grado di capirla veramente.
I suoi professori le avevano consigliato di iscriversi al liceo scientifico, lei, però, non era per niente convinta; avrebbe preferito imparare a fare qualcosa di pratico, ma i suoi genitori non volevano che frequentasse una scuola professionale; probabilmente alla fine avrebbe scelto un istituto tecnico, informatica, ragioneria…
C’era una materia in particolare, però, che le dispiaceva non poter più studiare: la musica. Non c’era nessuna scuola tecnica in cui si studiasse la musica.
Suo padre le diceva: “In fondo, a cosa serve la musica?”
Beh, non so spiegarlo con chiarezza, ma a me serve.
Anche se era una ragazza pratica e molto razionale, Giulia nascondeva dentro di sé un mondo speciale.
Spesso stava lì, con lo sguardo perso nel vuoto, a immaginare di essere qualcun altro: una guerriera, un’eroina forte e coraggiosa che in sella al suo destriero, dal manto nero lucente, correva in aiuto dei più deboli.
La musica aveva a che fare con questo suo mondo immaginario, era sempre stata una presenza costante nella sua vita. Anche se non ne aveva mai approfondito lo studio, sapeva eseguire semplici melodie con il suo bellissimo flauto di legno.
Quando lo suonava aveva l’impressione di poter varcare un velo sottile ed entrare in quel luogo meraviglioso, abitato da persone che l’apprezzavano veramente per ciò che era e non per quello che sembrava. Nel suo mondo speciale lei era la protagonista e non una comparsa insignificante.
Comunque, la professoressa di musica le aveva detto di portare il suo flauto e, strizzandole l’occhio, le aveva sussurrato misteriosa: “Ci sarà una sorpresa…”

Più tardi, quella mattina, gli studenti delle classi terze vennero riuniti nell’auditorium. Ci fu un breve intervento del loro preside. «Ricordate, la scelta che state per compiere e molto importante e condizionerà per sempre il vostro futuro.»
Già, tanto per tranquillizzarci!
I professori si susseguirono uno dietro all’altro dicendo esattamente le stesse cose che erano scritte nei depliant di presentazione. Per ultima, si presentò la preside di una scuola di cui non aveva mai sentito parlare: Armonia, “Istituto Agrario Alternativo a Indirizzo Musicale”.
Giulia ne rimase incantata, non sapeva perché, ma ebbe la sensazione di conoscerla, o forse le sembrava uno dei personaggi delle sue storie immaginarie.
Era vestita semplicemente, ma emanava un che di regale. Portava i capelli bianchi tagliati corti e dietro ai piccoli occhialini rettangolari brillavano grandi e vivaci i suoi occhi azzurri.
La preside Gloria Orchestri prese la parola. «La nostra scuola prevede una serie di corsi sulla botanica, floricoltura, agraria e allevamento di animali domestici. Prepariamo i ragazzi dando loro insegnamenti pratici su come gestire una fattoria o un agriturismo, con l’utilizzo di energie alternative.» Poi aggiunse con enfasi: «I ragazzi ricevono comunque un’istruzione classica, scientifica e persino artistica studiando anche la musica...»
Giulia trattenne per un attimo il respiro.
Ho capito bene?
Il cuore le accelerò, lo sentì tamburellare nelle orecchie.
Sembra proprio la mia scuola ideale! Devo assolutamente andare ad Armonia.
Alla fine delle presentazioni, il preside si fece avanti. «Invito gli studenti che desiderino avere maggiori informazioni ad avvicinarsi per parlare privatamente con i professori, a ognuno è stata riservata un’aula.»
Giulia vi si precipitò.
«Buongiorno, mi chiamo Giulia Accordi» disse entrando timidamente.
«Accordi?» La preside alzò gli occhi e la osservò in modo strano, sembrava commossa.
«Sì, esatto.» Giulia la guardò confusa alzando un sopracciglio.
Rimasero a fissarsi per un attimo, ma Giulia ebbe l’impressione che il tempo si fermasse. Quella signora, dai modi nobili ed eleganti, le trasmise una serie di sensazioni che non riusciva a spiegare razionalmente, qualcosa di piacevole e dolce che era legato ai suoi ricordi, ma era tutto molto confuso.
La preside le sorrise amorevolmente sospirando, le strinse la mano e la fece accomodare accanto a lei. «È molto tempo che non sento quel nome.» Cercò di ricomporsi. «Forse non lo sai, ma io conoscevo molto bene tuo nonno…»
«Mio nonno?» Giulia in quel momento, oltre a essere confusa, si sentì turbata. Suo nonno era morto molti anni prima, quando lei aveva solo tre anni. Non aveva ricordi di lui e nessuno in famiglia ne parlava mai. Non le era neppure chiaro come fosse morto. Ogni volta che cercava di pensare a lui era come se si trovasse immersa in un banco di nebbia. Se le veniva in mente di chiedere qualche notizia ai suoi genitori, accadeva qualcosa che la distoglieva, poi veniva distratta e non ci pensava più. Era tutto molto strano.
La preside si accorse del suo turbamento e cercò di alleggerire l’atmosfera. «Allora, cara, sei interessata alla nostra scuola? Hai portato il tuo flauto?»
Giulia annuì e le mostrò il suo bel flauto di legno, glielo aveva regalato proprio sua nonna e…
Ha detto che era del nonno!
Si sentiva davvero confusa e in difficoltà. «Beh, io non ho mai studiato musica seriamente…»
«Non preoccuparti, la musica non deve essere mica seria.» La preside le sorrise accattivante. «La musica è divertente. Avanti, fammi sentire qualcosa» la invitò con dolcezza.
Giulia prese fiato e suonò una canzoncina che sapeva a memoria. Come le accadeva ogni volta che suonava, anche in quel momento si sentì pervadere da una sensazione piacevole che l’avvolgeva e la faceva sentire al suo posto.
La preside sorrise compiaciuta, come se quello che aveva sentito confermasse in qualche modo ciò che già sapeva. Stupendo la ragazza, tirò fuori dalla sua borsa un flauto di legno scuro con delle incisioni. Sembravano animali e fiori.
«Ora ascolta e prova a ripetere quello che suono io.» Eseguì prima la scala, poi due volte un arpeggio e infine altre note.
A Giulia non era mai capitato quando sentiva suonare le altre persone, ma la musica della preside le provocò bizzarre sensazioni, uno strano formicolio le solleticò la fronte, non la pelle.
È come se qualcosa di strano stesse succedendo dentro la mia testa…
Giulia cercò di concentrarsi e memorizzò le note. Appena la preside ebbe terminato, ripeté alla perfezione.
«Bene, buon orecchio e buona memoria» disse quasi tra sé. «Allora, qua c’è il volantino della nostra scuola, dobbiamo assolutamente averti tra i nostri allievi.» Le sorrise raggiante.
Giulia prese il volantino e lo aprì, le cadde l’occhio su di una foto: camerate.
«Ma si resta anche a dormire?» Quella notizia la turbò, non amava dormire fuori casa e sicuramente i suoi non sarebbero stati felici se fosse andata via, erano molto protettivi. «Ecco, non saprei… Temo che i miei genitori…» Immediatamente pensò anche alla spesa che avrebbero dovuto sostenere. «Quanto costa le retta?»
Mio padre non guadagna molto, è solo un operaio…
Quel pensiero smorzò il suo entusiasmo.
«Oh, cara...» La donna le sorrise. «Non preoccuparti di questo, i costi sono ammortizzati dal lavoro che gli studenti svolgono nel loro tirocinio. Comunque, se vuoi, posso parlare io con i tuoi genitori…»
Giulia si rasserenò, la preside le ispirava un’assoluta fiducia e lei non aveva più dubbi.
In un modo o nell’altro andrò in quella scuola.

Passate un paio di settimane, come promesso, la preside si era messa in contatto con la sua famiglia. Incredibilmente, non aveva avuto alcuna difficoltà a convincere i suoi genitori. Complice era stata anche la nonna Gemma; Giulia aveva scoperto che anche lei conosceva Gloria Orchestri.
Così, due mesi dopo, in primavera, eccola in macchina con i suoi diretta alla “Giornata di scuola aperta” per una visita ad Armonia, ”Istituto Agrario Alternativo a Indirizzo Musicale”, presso la Fattoria Muse.
Giulia guardava fuori dal finestrino e pensava.
Erano successe cose molto strane, prima fra tutte la sua determinazione a iscriversi ad Armonia.
Senza nessun’altra mia compagna o amica!
In realtà non era da lei buttarsi a quel modo, ma le era scattata dentro una forte convinzione che non lasciava posto a nessun dubbio. Come se, a un tratto, un pezzo mancante di un puzzle fosse andato al suo posto, permettendole di capire il senso del disegno che si stava formando per indicarle la sua strada.
In secondo luogo, una settimana dopo la scadenza delle iscrizioni, era arrivato a scuola un nuovo ragazzo: Luca Conversi. Un avvenimento davvero insolito. In un paesino di provincia capitava raramente che arrivassero nuovi studenti, soprattutto ad anno scolastico già in corso. Era stato inserito in un’altra classe, ma anche lui era iscritto ad Armonia. Probabilmente quel giorno si sarebbero incontrati.
Anche la nonna Gemma aveva stupito Giulia con molte rivelazioni. Non solo conosceva la preside, ma aveva frequentato Armonia. Proprio lì, infatti, aveva incontrato e conosciuto suo nonno: Rodolfo Accordi, divenuto poi, niente meno che, un professore di quella scuola.

«La giornata comincerà con la visita guidata alla fattoria biologica ed eco-sostenibile.» La preside Gloria Orchestri li accolse al cancello. «Vi mostreremo come il lavoro degli studenti contribuisce all’andamento delle attività.»
La fattoria non era molto diversa da alcune strutture che Giulia aveva visitato in passato, nulla di speciale, di certo non sembrava affatto una scuola. Poi i genitori vennero invitati nel salone centrale, dietro alle cucine, per una riunione sulle questioni burocratiche e si salutarono.
«I vostri genitori torneranno a prendervi più tardi.» La preside Gloria Orchestri fece cenno di seguirla. «Vi porterò a visitare il resto della struttura Li radunò in una sala arancione.
Giulia si guardò attorno. Erano circa una ventina. Non era solita guardare i ragazzi, o meglio, cercava di non farlo o comunque di non darlo a vedere, anche perché in generale nessuno restituiva il suo sguardo con interesse o con l’espressione che avrebbe voluto vedere lei, quindi cercava di evitare inutili delusioni.
Vide un ragazzo, però, che attirò inevitabilmente la sua attenzione. Aveva i capelli neri corti, non era tanto alto, ma piuttosto robusto e la sua pelle era olivastra. Aveva occhi scuri, con un taglio leggermente orientale, ciglia folte e sopracciglia marcate. Il suo viso mostrava ancora qualche traccia delle rotondità tipiche dell’infanzia. La stava guardando anche lui.
Quegli occhi… Hanno un’aria familiare, ci conosciamo?
Le fece un mezzo sorriso che gli diede subito un’espressione accattivante e amichevole, forse un po’ impertinente, ma la colpì. Si sentì piacevolmente confusa e un senso di calore le si insinuò nel cuore, non poté fare a meno di sorridergli a sua volta.
Accanto a lui c’era una ragazzina. Era piuttosto bassa e un po’ grassottella, aveva spessi occhiali e capelli a caschetto di colore castano scuro. L’aveva già notata prima di entrare, mentre parlava insieme a sua mamma con la preside Orchestri.
Sembravano in confidenza e, le era parso, che stessero parlando proprio di lei. Si avvicinò, voleva conoscerli.
«Ciao, anche tu sei della “Leopardi”, vero?» Una voce alle sue spalle la fermò.
Giulia si voltò e vide proprio quel Luca Conversi a cui stava pensando prima in macchina. Era un bel ragazzo, poco più alto di lei, capelli biondi spettinati, occhi chiari, forse grigi.
Tutte le ragazze a scuola erano già innamorate di lui, ma non Giulia, per natura era piuttosto diffidente. Aveva notato anche lei che era molto carino, ma le dava l’impressione di essere arrogante, non le ispirava nessuna fiducia e non gli avrebbe concesso troppa confidenza.
«Ciao, sì, mi chiamo Giulia e tu sei Luca, giusto?» Gli sorrise educatamente, ma sostenuta.
«Sì, giusto, allora sono famoso?» Sorrise impertinente.
«Beh, sai? Sei quello nuovo!» rispose per le rime.
Sì, decisamente arrogante.
Il gruppo si mosse e si fermò alla fine di un corridoio davanti a una porta verde.
«Attenzione, questa porta conduce alla scuola vera e propria. È severamente vietato l’ingresso a coloro che non siano studenti o professori, ma oggi, solo per voi, faremo un’eccezione...»
Chissà perché c’è questa regola così rigida? A Giulia parve un’esagerazione.
«Vi ricordo inoltre» continuò la preside «di non portare telefonini o macchine fotografiche, perché interferiscono con la delicata rete elettrica a energia solare che alimenta la scuola.»
Ci fu un mormorio generale. E qualcuno tornò indietro di corsa a posare gli oggetti in questione.
«Attenzione, adesso attraverseremo la porta uno per volta. Dall’altra parte del corridoio, fermatevi e aspettatemi. Non dovete assolutamente allontanarvi dal gruppo. Riceverete un assaggio di come saranno le vostre giornate future.»
«Prima le signore.» Luca la lasciò passare avanti, sembrava nervoso.
Giulia fece una smorfia. «Grazie, ma non sono una signora né vorrei esserlo» rispose un po’ scocciata.
«E dai...» Le diede una leggera spallata. «Non fare la sostenuta, saremo nella stessa classe.» Le sorrise cercando di abbagliarla. «Non possiamo essere amici?»
Giulia sospirò, non le piaceva essere messa in difficoltà e quel Luca non le sembrava il tipo su cui poter fare affidamento.
La preside, prima di farli passare, suonava una breve melodia con il suo flauto, inspiegabilmente Giulia ebbe l’impressione che li stesse controllando.
Che cosa insolita…
«Aspetta!» Luca la fermò. «Puoi tenermi lo zaino? Ho dimenticato la giacca fuori su una panchina…» disse con un’espressione implorante.
«Va bene, ti aspetto di là» cedette Giulia.
Toccava a lei. Non si vedeva nulla dall’altra parte della porta, era tutto buio. Giulia sentiva la strana melodia, ma la preside Orchestri smise di suonare quando lei passò e sorrise.
«Sono molto felice di avere tra i nostri studenti la nipote di un vecchio amico.» Il suo sguardo tornò a risvegliare in lei quei ricordi e quelle sensazioni, proprio com’era successo quando l’aveva vista per la prima volta.
Giulia ricambiò il sorriso, di nuovo un po’ turbata. Fece un passo ed ebbe l’impressione di cadere, come se non avesse visto un gradino e avesse appoggiato il piede più in basso di quanto si aspettasse.
Poi vide, nella penombra, il resto del gruppo, erano radunati più avanti e proseguì nel corridoio. Voleva raggiungere il ragazzo dagli occhi neri... e la ragazzina con gli occhiali, ovviamente.
Se sua mamma conosce la preside, sicuramente saprà già un sacco di cose.
«Molto bene, adesso seguitemi.» La preside li superò e fece strada nel corridoio.
«Alla vostra destra c’è la biblioteca.»
La biblioteca!
Giulia sbirciò passando quell’infinità di libri, scaffali su scaffali. Avrebbe voluto entrare a dare un’occhiata. Era in stile decisamente più classico ed elegante rispetto al resto della fattoria che avevano visitato.
L’edificio non sembrava così grande dall’esterno…
Comunque la biblioteca era proprio invitante, non vedeva l’ora di poterci passare del tempo.
Svoltarono a sinistra e proseguirono.
«A destra ci sono gli alloggi degli insegnanti e a sinistra la Sala Cure. Adesso usciremo all’esterno.»
Quando uscirono Giulia provò un’intensa sensazione di déjà-vu.
Sono già stata qui. È possibile?
La luce fuori era strana. Guardò il cielo, aveva un colore rossastro, forse era scesa della foschia. Nell’aria c’era un intenso profumo dolce di rose, doveva esserci un roseto lì vicino. Lei adorava il profumo delle rose. Si sentiva strana e le girava leggermente la testa.
Si trovarono di fronte a un grande edificio. «Qua c’è la grande Sala Comune, dove si mangia e ci si riunisce, mentre al piano di sopra ci sono le camerate» spiegava intanto la preside.
Svoltarono ancora a sinistra e si ritrovarono in un grande spazio aperto. Un fitto bosco, a sinistra, delimitava un vasto prato, dal lato opposto, si affacciavano le stalle e altri edifici in lontananza. L’erba era di un verde intenso e brillante.
Che bel posto.
Le veniva voglia di fare una corsa su quell’immenso prato.
Era confusa, continuava a percepire strane sensazioni che non riusciva a capire chiaramente, avrebbe voluto fermarsi per analizzarle, ma la preside stava proseguendo.
Vennero condotti verso gli orti e la serra. La scuola sembrava deserta.
«Ma dove sono gli studenti?» chiese una ragazza.
«Sono in trasferta, oggi c’è un’importante partita di Tornado, uno sport simile all’hockey. La nostra scuola è arrivata di nuovo in finale, quindi sono andati tutti a fare il tifo» disse orgogliosa la preside.
«Eccomi.» Luca era riapparso al suo fianco, aveva il fiatone.
«Tieni, ma cosa c’è lì dentro? Ti sei portato dietro mezza casa? Pesa un quintale!» Gli restituì lo zaino.
«Ehm…» Luca sembrava imbarazzato. «No, niente, mi spiace…» Poi le chiese, studiandola: «Tutto a posto?»
Giulia lo guardò stranita. «Sì» rispose alzando le spalle e proseguì seguendo gli altri.
Oltre la serra, si aprì sulla sinistra un panorama mozzafiato: un meraviglioso e immenso lago verde scuro, incorniciato da colline boscose che scendevano dolcemente.
Ma com’è possibile? Prima non ho visto nessun lago!
Si sentì attratta da quelle acque magneticamente, avrebbe voluto sfiorarne la superficie, ma…
«Mi raccomando» disse la preside. «Non avvicinatevi all’acqua!»
«Perché?» scherzò qualcuno. «C’è il mostro di Loch Ness?» Seguì una risata generale.
«Ora venite con me dentro la serra» tagliò corto.
Giulia a malincuore accelerò per non rimanere indietro. Sua nonna le aveva parlato con molto entusiasmo dei fiori che si coltivavano ad Armonia. Mentre seguiva la fila, incantata dai bellissimi narcisi rosa, perse nuovamente di vista Luca.
Dov’è finito?
Intravide più avanti la ragazza con gli occhiali e il ragazzo. Lui la guardava di nuovo. Giulia si sentì il cuore battere forte e cercò di allungare il passo. Non fece molta attenzione ai fiori intenta com’era a cercare di raggiungerli.
Quando uscirono il cielo si era fatto violetto e stava venendo buio.
«Adesso andremo a fare uno spuntino nella Sala Comune e poi vi riporterò indietro, tra un’ora arriveranno i vostri genitori.»
La Sala Comune era spaziosa, aveva tende e tovaglie color arancio, molti tavoli da sei e otto posti. Le finestre erano piccole e rettangolari. Tutto l’arredamento era in stile rustico, molto accogliente e avvolto in un aroma di pino e pane caldo.
Mentre si sedevano cercò ancora di individuare quel ragazzo, quando ecco riapparire Luca.
«Dov’eri finito?» Non le dispiaceva che si fosse aggregato a lei, tutto sommato la faceva sentire meno sola.
«Sono rimasto indietro» si giustificò.
Purtroppo il tavolo dove si era seduto il ragazzo con gli occhi neri era già tutto occupato, così Giulia si sedette a un altro, assieme a Luca. Furono offerti pane e marmellata, ovviamente genuini e artigianali, un fantastico cesto di mele e pesche dei loro alberi. Lei e Luca chiacchierarono del più e del meno, Giulia non gli prestò molta attenzione, si sentiva addosso i suoi occhi. Non voleva voltarsi, ma aveva la certezza che la stesse guardando di nuovo.
Ripercorsero la strada verso l’edificio della biblioteca, fino alla porta verde. Varcandola Giulia provò ancora quello strano senso di vertigine e, una volta usciti dal salone della fattoria, vide che il cielo era molto più scuro rispetto a prima.
Che strano.
«Ciao.» Una voce sottile la fece voltare.
La ragazza con gli occhiali! Finalmente!
Era seguita a ruota dal ragazzo, le stavano sorridendo in modo molto amichevole.
«Oh, ciao.» Giulia ricambiò il sorriso entusiasta.
La ragazza arrossì imbarazzata. «Allora, tu sei…»
«Sei rimasta contenta della visita alla scuola?» Si fece avanti il ragazzo, sembrava che l’avesse interrotta di proposito. La sua voce era calda e gentile.
Aveva di nuovo quel mezzo sorriso. I suoi occhi scuri la scrutavano curiosi, ma molto dolci.
«Oh sì, certo.» Giulia fece un respiro profondo, si sentiva di nuovo piacevolmente confusa. «Mi chiamo Giulia Accordi, piacere di conoscervi.» Intanto tese loro la mano.
«Sì, lo sappiamo.» La ragazza si fece più vicina.
Lo sanno? Come fanno a conoscermi?
«Io sono Camilla Fedeli e lui è Pietro Leoni.» Le strinsero la mano. Quella di Camilla era morbida e delicata, mentre quella di Pietro era calda e accogliente, le provocò un insolito piacere e conforto. Le sorrisero entrambi con affetto.
Provò subito una spontanea simpatia nei loro confronti. Giulia aveva una marea di cose da chiedere. «Strana esperienza, vero? A voi non è sembrato che…»
«Giulia! Vieni, papà è in macchina che ci aspetta!» Era arrivata sua mamma.
Accidenti…
«Oh, no. Scusate, devo andare.» Salutò i suoi recentissimi amici. «Beh, allora, ci vediamo a settembre.» Li guardò ancora una volta.
Vide che anche loro erano dispiaciuti, soprattutto Pietro, la guardò andar via con un velo di delusione.

Le sue domande avrebbero dovuto aspettare.
...
Allora? Scrivete sotto i vostri commenti! Fatemi anche sapere se riuscite a leggere bene, qui sul blog, altrimenti mi organizzo con un formato differente, o magari con dei pdf. 
Claudia  


4 commenti:

  1. la lettura è perfetta non ho nemmeno dovuto cambiare le dimensioni,l'unica cosa è il corsivo per i pensieri di giulia, in alcuni punti è troppo piccolo ma nei segmenti scritti in dimensioni uguali al testo è perfetto almeno dal mio punto di vista da extra miope per chi invece è in difficoltà con la visione da vicino quei pensieri scritti piccoli devono essere un incubo per cui direi di scriverli anche in corsia ma con una misura uguale al teto

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  2. Grazie, Barbara ❤ la grandezza del testo, non so perché, me l'ha modificata la pubblicazione sul blog. Nel mio file è tutto uguale. Devo capire come mai... 🤔

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  3. «Ciao.» Una voce sottile la fece voltare.
    La ragazza con gli occhiali! Finalmente!
    qui nel commento mi ha cambiato le misure ma se cerchi la frase quella è la misura ideale

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