Dalla scuola D'Azeglio
Basso Simone
Una giornata ad Armonia
Arrivai alla scuola per le
otto, ma non c'era nessuno, perché la scuola era iniziata da qualche
giorno.
A illustrarmi l'edificio,
molto vasto, fu la Preside, dato che gli insegnanti stavano facendo
lezione.
La Preside, sulla settantina,
aveva una faccia familiare ma non le diedi conto e proseguimmo, fino
al condurmi nella mia stanza: era spaziosa e aveva due letti, quindi
supposi di essere in stanza con qualcuno.
Dopo
aver messo a posto i vestiti e gli oggetti che mi sarebbero serviti
per l'anno, bussò alla porta il Prof. Filippo, alto e snello. Mi
condusse nella stalla al di fuori dell'edificio, per scegliere il mio
animusi,
ma, dato che nel tempo si erano tutti schiusi, non potei assistere
alla sua nascita. Questo mi dispiacque un po', però ne scelsi uno
comunque: era un topogallo verde e blu, molto carino.
Pian piano si avvicinò l'ora
di pranzo, e, non avendo fatto ancora amicizia con nessuno, mi
sedetti in un tavolo da solo. Pochi minuti prima del pasto mi si
avvicinarono tre ragazzi che si sedettero accanto a me. Ci
presentammo e di lì a poco diventammo amici. Si chiamavano Marco,
Alice e Giulia. Erano molto simpatici e nel nostro chiacchierare
scoprii che il mio compagno di stanza era proprio Marco. Dato il mio
interesse, chiesi ai ragazzi di parlarmi di ciò che sapevano sulla
scuola e le regole da seguire. Di lì a poco arrivammo a parlare
della Preside Orchestri: io non sapevo, fino a quel momento, come si
chiamava, ma quando sentii quel nome, pensai subito a mia nonna che
era scomparsa qualche hanno prima; si chiamava proprio Orchestri.
Poi, quando ci pensai un po' su, mi resi conto che quel viso
familiare era simile a quello di mia nonna.
Ne parlai con i miei nuovi
amici, e decidemmo di arrivare in fondo a questa faccenda, e Marco
propose:
- Che ne dite di andare nel
suo ufficio stanotte? I dettagli del piano li potremmo approfondire
durante l'ora della Prof. Gabaldi, che per fortuna è anziana e non
se ne accorgerà!
Giulia gli diede una specie di
pacca sulla spalla per quello che aveva detto sulla Prof., ma poi ci
ridemmo su e decidemmo che andava bene.
Finita la pausa pranzo,
ritornammo nelle classi e ci sedemmo vicini.
Ci scambiammo i piani e
decidemmo che, alle ventitré, orario in cui tutti dormivano, saremmo
andati nell'ufficio. Ci saremmo visti di fronte alla sala pranzo alle
ventidue e quarantacinque.
Finite le lezioni andammo a
cena e modificammo gli ultimi dettagli su quello che avremmo fatto.
In seguito, andammo nelle
nostre camere, e, appena spente le luci entrammo in azione: eravamo
tutti nel punto prestabilito e decidemmo di iniziare l'operazione.
Salite le scale vedemmo la
luce di una torcia e ci spaventammo, pensando che fosse un
professore. Per fortuna era solo uno studente che andava in bagno, e
una volta che se ne fu andato, continuammo il nostro cammino.
Marco:
- Ragazzi, l'ufficio è qui
...entriamo?
Provammo ad aprire la porta ma
era chiusa.
Allora Alice propose:
- Io sono appassionata dei
film gialli, e di solito la chiave è sotto il tappetino davanti la
porta.
Guardammo e trovammo la
chiave.
Io:
- Grande!!!
E tutti in coro:
- Shhh! - e io mi scusai.
Una volta entrati chiudemmo la
porta dietro di noi, e iniziammo a cercare tra i documenti della
Preside.
-Trovato - disse Marco e ci
fece vedere un foglio dove c'era scritta la verità: la Preside era
mia nonna, ma perché nascondermelo?
Nel tempo che pensai questo si
sentì qualcuno che aprì la porta: era la Preside; noi le
raccontammo tutto e lei si mise a piangere scusandosi.
- Volevo dirtelo, ma alla
(sigh) fine dell'anno - disse - appena ti ho visto (sigh), ti ho
riconosciuto subito - continuò.
Anch'io scoppiai a piangere e
andai ad abbracciarla.
- Mi sei mancata tanto, perché
(sigh) te ne sei andata? - dissi.
- Anche tu, tesoro mio –
rispose. - Tu non lo sai, ma la nostra famiglia era povera e l'unico
modo per non farvi vivere in povertà era questo. Ho chiesto io ai
tuoi genitori di dirti che ero scomparsa per non farti diventare
triste.
La riabbracciai di nuovo e poi
ci accompagnò nelle stanze e noi ci addormentammo. Quell'esperienza
mi cambiò la vita ma le promisi che non l'avrei mai raccontato a
nessuno. Quello era l'inizio di un grande anno ad Armonia.
Barchi Greta
La nascita dell’animusi
Stavo entrando in classe, ero in ritardo, il prof. mi guardò male,
mi diede l’uovo e mi mandò a sedere. Alla fine dell’ora,
andarono tutti a mangiare. Appena finito, andai in cortile e suonai
qualcosa al mio uovo.
Passarono due settimane e il mio uovo non si era ancora schiuso;
preoccupata mi domandai il perché.
Così andai dal prof. e gli chiesi come mai il mio uovo non si stesse
schiudendo.
Lui mi disse di suonare con insistenza perché era risaputo che gli
animusi fossero particolarmente sensibili alle melodie.
Il giorno dopo mi svegliai prima del solito, andai in cortile e
intonai una nuova canzone.
La sera feci lo stesso prima di andare a dormire; ad un certo punto
sentii uno strano rumore, mi guardai intorno, ma non vidi niente. A
quel punto capii che era l’uovo che si stava schiudendo, così
andai di fretta dal prof, il quale mi ordinò, con tono severo, di
andare in camera perché era ora di dormire e non di stare in giro
per la scuola.
«All’uovo penserai
domani!» mi disse. Ma io
ero troppo curiosa e agitata, volevo assistere a tutti i costi alla
nascita del mio animusi, così il prof si intenerì e mi disse
che avrei potuto restare con lui. Dopo un po’ l’uovo si schiuse e
subito uscirono delle piume rosa e bianche: era una cangatta ed era
una femmina. La chiamai Bella, ero molto felice e anche molto
emozionata.
Il giorno dopo feci vedere a tutti il mio animusi e la mia
migliore amica mi disse che era bellissimo.
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Claudia
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