Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

domenica 5 agosto 2018

Chiara Benassi - Un giorno ad Armonia - Vol.2


Chiara Benassi


Chiara è stata una delle prime allieve quando lavoravo nelle scuole elementari facendo i laboratori di musica della Banda Musicale. È una ragazza deliziosa. Ha letto tutti i miei libri e ha partecipato alla raccolta 2017, ma questo racconto è indipendente a quello dell’anno scorso.
TECNO o MUSIMAGO?

Chiara si trovava davanti alla Porta Verde ed era emozionatissima! Stava per iniziare i suoi anni di studio ad Armonia! Ci era stata una volta in visita e già l’adorava!
Attraversò la Porta Verde: senso di vertigini e poi la Preside Orchestri la accompagnò nel Prato Grande. In quel momento pensò che avrebbe anche potuto viverci lì: adorava quella totale immersione nella natura!
Si guardò un po’ intorno: vide il Lago Sussurrante. Aveva sentito parlare di Persi e delle sue avventure con Giulia e Pietro, i suoi beniamini!
Quando si presentò Filippo, Chiara vide che con lui c’era un’altra persona… Non ci poteva credere…!!! Era proprio Pietro!!! Si presentarono anche gli altri professori: Giorgio Verza, la Severini e infine Diana, accompagnata da… Sì, proprio da lei… Giulia!!! Chiara era al settimo cielo: avrebbe vissuto gli anni più belli della sua vita al fianco dei suoi idoli!!
La Preside Orchestri li accompagnò nelle camerate. La sua compagna di stanza si chiamava Rebecca. Era una tipa simpatica, forse un po’ troppo timida, ma Chiara si promise che avrebbe cercato di fare amicizia con lei fin da subito.
Si riunirono, poi, nella Sala Comune dove la Preside lesse le regole della scuola e Filippo diede loro delle uova: “Da questo uovo nascerà un animusi. Per farlo nascere e crescere dovrete suonare della musica di cui si nutre.”
Dopodiché Chiara decise di andarsi a sedere sul Prato Grande, vicino al roseto. Mise la borsa con l’uovo vicino a sé e suonò qualcosa con il suo flauto, poi lo posò e iniziò a cantare…
La sua voce volò lontano, portata dal vento e arrivò alle camerate, dove un ragazzo stava finendo di sistemare le proprie cose. Attirato da quella voce melodiosa, uscì e la seguì fino ad arrivare dove era seduta Chiara. Lei non si accorse di nulla, fino a quando non finì di cantare.
“Sei bravissima!”. Lei si voltò di scatto: non si aspettava che qualcuno potesse sentirla.
“Grazie!” disse leggermente imbarazzata. “Tu chi sei?”
“Riccardo, ma chiamami Riki.”
“Piacere, io sono Chiara. Siediti!” ma appena finì la frase, sentì uno scricchiolio provenire dall’uovo. “Si sta schiudendo!!”
“Di già?! Portiamolo da Filippo! Aveva detto che lo avremmo trovato nelle stalle.”
I due corsero fino ai recinti, cercando di tenere l’uovo il più fermo possibile. Nelle stalle, però, trovarono Pietro che cercò un posto sicuro per l’uovo tra la paglia, disse ai ragazzi di non muoversi e andò a chiamare Filippo.
A Pietro era parso strano che l’uovo si stesse già schiudendo e, quando lo disse a Filippo, anche lui ebbe la stessa sorpresa.
Chiara passò quelle ore con un’ansia peggiore di quella che aveva provato all’esame di terza media, che non era stata poca, poi, dopo due ore da quando erano arrivati lì, una piccola testolina gialla spuntò dall’uovo. Chiara si ricordava perfettamente la descrizione di Filippo nei libri che aveva letto: era un topogallo femmina! “La chiamerò Lady!”. Riccardo si voltò a guardarla: “Come fai a sapere se è maschio o femmina?” e lei gli rispose con naturalezza: “Perché le femmine sono gialle o rosa, mentre i maschi sono azzurri o verdi.”
Tutti la guardarono sorpresi, soprattutto Filippo e Pietro, e lei spiegò: “Ho letto qualche libro, prima di venire qui…” e scoppiarono tutti a ridere.
Quella sera, Pietro raccontò a Giulia quello che era successo e anche a lei parve strano, poi si ricordò di aver sentito qualcuno cantare. Decise che avrebbe parlato con Chiara il giorno dopo.
Nel frattempo Chiara stava nella sua stanza e parlava con Rebecca di Riccardo. “È davvero carino.” disse Chiara. “Però è anche misterioso. Lo avevo notato quando avevamo visitato la scuola, perché, come hai detto tu, è davvero carino, ma stava sempre in disparte” rispose Rebecca. “Sei riuscita a vedere i suoi occhi?”.
“Sì, azzurro ghiaccio. Li adoro!! È un gattufo, vero?” disse Chiara riferendosi al piccolo animusi di Rebecca che si stava divertendo con Lady.
“Sì, l’ho chiamata Kitty.”
“Carina!!”
“Ti ho sentita cantare oggi. Sei bravissima!”
“Grazie!” rispose Chiara, senza l’imbarazzo che aveva provato, quando quel complimento glielo aveva fatto Riccardo, semplicemente perché non era abituata a riceverne dai maschi.
“Va beh, buonanotte!” le disse Rebecca.
“Notte!” rispose lei, ma si addormentò diverse ore dopo.
La mattina seguente, dopo la ginnastica, andarono nella Sala Comune a fare colazione e furono consegnate loro le divise. Chiara suonò un po’ per Lady e poi andò in aula.
Quando fecero l’appello si rese conto di essere in classe con Rudy!! Il figlio di Giulia e Pietro!! Lo guardò e notò che assomigliava davvero un sacco a suo padre. Cavolo…! Era la sua fotocopia! Tranne gli occhi, quelli erano di Giulia.
Dopo pranzo avevano gli allenamenti, lei non era una grande sportiva, quindi decise di non praticare nessuno dei due sport, ma Rebecca adorava la pallavolo, perciò aveva chiesto di entrare nella squadra della Pallasuono, ma andò comunque a vederla giocare.
Poco dopo si sentì chiamare da una voce maschile: Riccardo. “Vedo che ami lo sport come me.” disse lui ironicamente. Chiara rise: “Ero convinta di vederti giocare a Tornado.”
“E invece eccomi qua. Come sta il tuo topogallo?”
“Bene. Il tuo uovo si è schiuso?”
“Non ancora, ci sto lavorando.”
Chiara rise di nuovo. Quel ragazzo misterioso dagli occhi di ghiaccio riusciva sempre a farla ridere. Anche per questo lo adorava!
“Mi piace sentirti ridere.” le disse come se avesse percepito i suoi pensieri. “Io non ho avuto un’infanzia, diciamo, allegra.”
“Perché?”. Lui non rispose e lei lasciò stare.
“Ti va di andare al lago?” le propose ad un certo punto.
“Lo sai che è abitato da un serpesce, vero?”
Lui annuì.
“Bene, andiamo!”
Quando arrivarono al lago, un serpesce, troppo piccolo per essere Persi o Drago, gli corse incontro. “Ciao! Tu devi essere Piccolo!” disse Chiara e, come risposta, lui le girò intorno. “Conosci davvero tutti qui!” le disse Riccardo, lei sorrise e si sedettero sulla spiaggetta.
Dopo un po’ che erano lì, furono raggiunti da Rebecca la quale disse a Chiara che Giulia la stava cercando. Allora lei si alzò e corse verso il campo sportivo.
Chiara trovò Giulia abbastanza facilmente e poi si diressero verso il roseto.
“Io credo che tu possieda un potere che qui nessuno ha o ha mai avuto.” le disse Giulia senza girarci tanto intorno.
“Che tipo di potere?” chiese Chiara.
“La tua voce. Qui tutti i Musimaghi fanno magie suonando il flauto, ma tu hai fatto nascere il tuo topogallo prima del tempo, credo proprio cantando. Voglio provare una cosa.” disse Giulia porgendole un pezzo di legno. “Puoi farmi una scala?”
Chiara soddisfò la richiesta e vide quel pezzo di legno cambiare forma sotto i loro occhi. “Come pensavo: tu hai un nuovo potere che potrebbe essere molto utile qui. Ne parlerò con la Preside e dovrai imparare a controllarlo.”
“Spero di riuscirci… Non sono mai stata molto brava nel controllo delle cose in generale.”
“Stai tranquilla. Ti aiuterò io.”
Detto questo Giulia andò verso l’ufficio della Preside.
La sera Chiara raccontò tutto a Rebecca: “Ma ti rendi conto?! Io ho un nuovo potere!!”
“Sono riuscita a parlare con il bel tenebroso.” disse Rebecca per cambiare discorso.
“Bel tenebroso?”
“Riccardo! Non è carino, è bellissimo!”
Chiara sorrise, ma non disse niente. Anche a lei piaceva da morire, ma non voleva turbare l’entusiasmo dell’amica.
Appena si fu messa a dormire, sentì bussare alla finestra. Si mise a sedere sul letto e vide Riccardo che le faceva segno di uscire. Lei non sapeva cosa fare: da una parte non voleva infrangere le regole, ma dall’altra voleva uscire con lui…
Alla fine decise di uscire. Aprì lentamente la finestra per non svegliare Rebecca, lui le prese la mano e la aiutò ad oltrepassare il davanzale, poi corsero fino al lago.
Il cielo era pieno di stelle e le due lune si riflettevano nell’acqua. “È tutto così romantico!!” pensò lei da sfrenata sognatrice quale era.
Quando arrivarono alla spiaggetta lui si sedette e lei accanto a lui, ma poi Riccardo fece qualcosa che non si sarebbe mai aspettata: la prese in braccio e la fece accomodare sulle sue gambe. Lei non disse niente e ringraziò, col pensiero, il buio della notte che nascondeva il suo rossore.
Lui la guardò, come se la studiasse, ma lei stranamente non si sentì a disagio: aveva uno sguardo che le infondeva sicurezza, così si perse in quell’azzurro infinito, che, col buio, sembrava un po’ più scuro; poi spostò lo sguardo sui capelli lisci e biondissimi, leggermente mossi dalla brezza notturna. Non poté resistere e gli passò una mano tra i capelli. Lui chiuse gli occhi e seguì quella carezza.
Riccardo affondò il viso nel collo di lei e inspirò profondamente: “Sai di mare!” le disse, poi si tirò su di scatto e la guardò seriamente: “Prima di decidere se volermi o no devi sapere una cosa. Ti ricordi quando ti avevo detto che non ho avuto un’infanzia allegra?” Chiara annuì “Tu mi avevi chiesto il perché e io non ti ho risposto.” Lei annuì di nuovo “Ecco… io…” Sembrava in imbarazzo, infatti abbassò lo sguardo. Allora Chiara gli prese il mento tra le dita e lo costrinse a guardarla: “Ehi! Puoi dirmi tutto quello che vuoi. Non devi sentirti a disagio.” Allora lui fece un respiro profondo e le disse: “Il punto è che tu mi piaci, davvero, ed è per questo che è difficile dirtelo.”
“Allora dimmelo e basta!”
“Bene, ma non ti farà piacere.”
“Riki, che succede?”
“Io… sono un Tecno.”
“Cosa?!” Chiara ebbe l’istinto di alzarsi e scappare, ma non lo fece. Non sapeva neanche lei il perché, ma qualcosa nella sua mente le disse di non fuggire e lui ne fu stupito.
“E che ci fai ad Armonia?”
“Sono scappato da Alfa Uno, perché lì non ci sono colori, è tutto così… triste.”
Lei lo guardava con tenerezza. “Come mai non scappi?” le chiese.
“Perché dovrei? Sto bene qui con te.”
Lui alzò lo sguardo stupito e poi lo fece scorrere dagli occhi di lei alle sue labbra: “Quanto vorrei baciarti!”
A queste parole lei si allarmò: “Non ho mai baciato nessuno! Potrei non esserne capace…”
“Nemmeno io.” le disse a poca distanza dalle sue labbra.
Lui appoggiò le sue labbra a quelle di Chiara e lei sentì un brivido correrle lungo la schiena. Le sue labbra erano morbidissime e quello era il bacio più dolce della sua vita e non solo perché era il primo… Avrebbe voluto che durasse per sempre, ma poi lui si staccò e la guardò con finto rimprovero: “E tu non avresti mai baciato?” Lei rise.
“È stato terribile, vero?” chiese lei un po’ preoccupata.
“Scherzi?! È stato bellissimo!!”
Lei sorrise, si appoggiò a lui: “Ti amo.” gli disse. Lui si girò verso di lei: “Anche io. Non sai quanto. Sai all’inizio credevo di essermi innamorato di te solo per la tua voce, ma poi, tutti i momenti che ho passato con te sono stati un’emozione indescrivibile e ho capito che non è stata la tua voce a farmi innamorare di te, ma proprio tu…”
Chiara sorrise: “Hai fatto bene a venire via da Alfa Uno. Tu non c’entri niente laggiù… Sei come una macchia di colore in mezzo alla nebbia.”
“Vedi perché ti amo? Riesci a trasformare tutto in qualcosa di così fantastico solo con una frase.”
Lei sorrise, poi si girò verso il Lago Sussurrante ed ebbe un sussulto: la Luna rossa stava per tramontare, segno che avevano ancora poche ore all’alba e, di conseguenza, alla campana.
Si alzò di scatto dicendo: “Dobbiamo tornare velocemente in camerata! Tra poco si svegliano tutti!!”
Si alzò anche lui e corsero verso le camerate. Si fermarono davanti alla finestra di lei e lui, prima di lasciarla andare, le rubò un altro piccolo bacio veloce, la aiutò a scavalcare il davanzale e poi raggiunse la sua camera.
Prima di addormentarsi, Chiara ripensò a quello che era appena successo e sperò con tutto il cuore che non fosse stato solo un sogno…

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Claudia  

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