Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

martedì 15 ottobre 2019

Il Regno Sotterraneo - pagina 32


Capitolo 3
L’alluvione


«Ragazzi, ascoltate molto attentamente, hanno diramato l’allerta meteo dalle ore dodici» il mio capo Francesco aveva un’espressione molto tesa e preoccupata «mancano ancora tre ore. Andate immediatamente tutti a casa prima che si scateni il finimondo» ci liquidò.
Alzai le spalle, che esagerato.
«Tu non sei di Genova, vero Bambolina?» Matteo mi guardò serio, mi mise le mani sulle spalle. Lo faceva spesso, cercava di continuo una scusa per toccarmi e a me non piaceva essere toccata in generale, ma essere toccata da lui, più che darmi fastidio, mi metteva in grande imbarazzo.
Io lo fissai confusa facendo cenno di no con la testa.
«Non prendere questa cosa alla leggera. L’anno scorso io mi ci sono trovato in mezzo...» strinse la mascella e i suoi occhi azzurri si abbassarono come persi in un ricordo, decisamente poco piacevole «Non è consigliabile trovarsi là fuori quando esonda il Bisagno.»
Okay, non ero di Genova, ma anche io avevo sentito parlare delle sue terribili alluvioni.
...
Quando fui salita a bordo, ebbi l’impressione che l’intensità della pioggia fosse aumentata ancora.

Mi mossi seguendo la strada a direzione obbligatoria, misi al massimo il tergicristallo e l’aria condizionata contro il vetro, non si vedeva nulla.
Non solo, ma il rumore della pioggia era talmente intenso da impedirmi di scambiare due parole con Isabella se non urlando.
«L’hai visto oggi?» chiesi a voce molto alta.
Lei non rispose. Mi voltai appena e vidi che aveva uno sguardo molto triste.
Strano che il suo Raul non si fosse fatto vedere, il giorno prima le aveva chiesto se poteva offrirle un caffè!
Dovetti concentrare tutta la mia attenzione alla guida, la strada che dovevamo imboccare era chiusa per allagamento. Un segnalatore di emergenza lampeggiava e un vigile incappucciato ci indicò di prendere un’altra strada.
Io non ero poi così abituata a girare per Genova in auto, c’erano un sacco di sensi unici e in bici ogni tanto scendevo e facevo un pezzo di strada sul marciapiede spingendo, ma con la macchina era tutto più complicato.
Mi trovai in una parte della città che non riconoscevo, anche perché con quella pioggia così fitta, non si vedeva un accidente.
«Prova ad accendere il navigatore del cellulare!» urlai a Isabella «Non so dove siamo!»
Lei trafficò nella borsa «Non c’è segnale!»
Cavolo! Certo con quell’acquazzone.
La strada cominciava a sembrare un fiume, il livello dell’acqua era salito e adesso aveva il colore del fango.
Ricordai le immagini che avevo visto in televisione l’anno precedente e mi tornò in mente l’espressione preoccupata di Matteo. Cominciavo ad avere paura.
Seguendo le macchine davanti a me e senza aver la più pallida idea di dove fossimo, continuai ad avanzare mentre il rombo della pioggia torrenziale pareva penetrarmi nelle ossa.
Poi vidi uno slargo «Sarà meglio che ci fermiamo!» accostai, ma subito mi accorsi che qualcosa non andava.
Non avevo più il controllo dell’auto! L’acqua ci stava trascinando via.
Cavolo! Eravamo finite vicino al corso di un fiume, probabilmente il Bisagno, quello era proprio un bel guaio!
Con la coda dell’occhio lanciai un’occhiata in quella direzione e quello che vidi mi lasciò terrorizzata.
Era un’onda gigantesca di fango, un tumulto di acqua e rami.
Poi vidi un auto navigare nel fiume...
«Dobbiamo scendere!» mi slacciai la cintura e mi voltai verso Isabella.
Aveva gli occhi fissi sul fiume e non si muoveva, era più pallida del solito: era nel panico.
«Isabella!» urlai con tutta la voce che avevo in corpo e cercai di strattonarla, la portiera non si apriva, la macchina continuava a muoversi inesorabile verso il fiume.
La forza della disperazione si impossessò di me e, non saprò mai come, riuscii a sollevare Isabella tra le braccia, provai a tirare un calcio al finestrino, ma non accadde nulla.
Poi un tonfo assordante e il tetto della macchina si abbassò verso di noi, qualcosa si era abbattuto sull’auto! Cercai di proteggerla tenendola stretta a me. Sentii un forte dolore alla testa, poi qualcosa picchiò contro la mia gamba provocandomi un dolore talmente forte da togliermi il fiato.
Era la fine.
La macchina vorticò ancora su se stessa e poi fu tutto buio.
Buio e nero, come l’acqua del mare di notte.
Gli occhi del mio demone. Il mio ultimo pensiero fu per lui.
Immaginai il suo sguardo intenso che mi avvolgeva in un abbraccio e affrontai il mio destino senza paura.

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Che dire? Come vedete, la paura del maltempo che abbiamo noi genovesi è giustificata. Anche oggi mi sono trovata a rivivere queste emozioni, le stesse che Vittoria prova, prigioniera nella sua macchina. 
Certo, non tutti abbiamo un "angelo" custode pronto a salvarci dalla furia della pioggia, ma, per fortuna, la situazione non è sempre così estrema. 
La paura, però, rimane; ogni volta che sento la pioggia cadere con quella particolare intensità. 
Quindi il mio augurio di oggi è che torni presto a splendere il sole.
Claudia 

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