Ciao, sono Claudia, questo è il mio blog :) Invento storie e scrivo romanzi fantasy, benvenuti nel mio mondo!

lunedì 8 aprile 2024

Un Giorno ad Armonia 2024 - scuola Scafidi - classe 1A - primo gruppo

 


Buongiorno, Cari Amici Lettori, ritorniamo ad Armonia assieme ai ragazzi della 1A di Sarissola. Siete pronti per tornare alla scuola di Musicomagia?

Ecco a voi le storie di: Badano Tommaso, Benasla Iyad, Biazzo Diego, Ezzahiri Adam, Ilaria Ratto e Ferrari Francesca.

Potete nel frattempo scaricare gratuitamente dal mio canale Telegram la raccolta dello scorso anno che contiene tantissimi racconti (qui il post per saperne di più)

(cliccate invece qui per avere informazioni sul laboratorio #armonialatuastoria)

Tommaso Badano

GRIDDY

Stava iniziando un nuovo giorno d'estate ad Armonia, la scuola di Musicomagia. Tutti gli studenti erano emozionati perché stavano per conoscere i loro animusi. Tommaso si trovava nella stalla, era agitato e curioso di sapere di che animaletto dovrà prendersi cura e continuava a fissare il suo uovo. Dentro l'uovo l'animaletto aveva paura perché c'era buio e poco spazio. Ad un certo punto cominciò a intravedere un po’ di luce, a sentire degli scricchiolii e un suono che lo faceva muovere. Finalmente l'uovo si aprì e l'animaletto un po’ stordito vide davanti a lui un ragazzo che gli sorrideva.

“Che bello! È nato, è un gattufo ed è maschio!” disse Tommaso. Il ragazzo cominciò ad accarezzare l’animusi che subito si sentì al sicuro. Tommaso cominciò a pensare al nome da dargli e poco dopo disse “Ti chiamerò Griddy”.

A quanto pare al gattufo piaceva il nome perché si avvicinò subito a Tommaso a fargli le fusa. Il ragazzo con delicatezza prese Griddy, lo mise in una tracolla e andò in camera. Griddy cominciò a girare per la stanza e si fermò davanti ad uno specchio e finalmente vide com'era fatto. Aveva il muso da gatto con grandi occhi gialli e il corpo ricoperto di piume di gufo ed era tutto nero.

Poi Tommaso prese Griddy, lo rimise nella tracolla e andò a lezione di Musicomagia per imparare ad educare il proprio animusi.

La professoressa spiegò le diverse melodie per dar da mangiare, per far divertire e per far dormire il proprio animusi. Tommaso provò a suonare con il proprio flauto e Griddy sembrò entusiasta di sentire queste melodie.

Finita la lezione andarono nella Sala Comune per la cena insieme a tutti gli altri studenti con i loro animusi. Finita la cena Tommaso e Griddy si recarono nella loro stanza. L’animusi era agitato per le troppe emozioni provate durante la giornata, così Tommaso con il suo flauto di legno suonò una dolce melodia per farlo addormentare e Griddy in pochi minuti si addormentò nella sua tracolla vicino al suo “papà”.


Benasla Iyad

IL FLAUTO DI DIAMANTE

Un giorno freddo di dicembre nacque una bambina da una donna povera e malata, che decise di lasciarla davanti ad una chiesa.

La bimba, che venne chiamata Giulia, fu portata in un orfanotrofio.

La bimba crebbe e diventò molto allegra e molto diligente tanto che, per premiarla del suo comportamento pressoché perfetto, la direttrice di quell’orfanotrofio decise di farle una sorpresa iscrivendola ad una scuola di Musicomagia.

La notte prima di andarci Giulia era davvero ansiosa, aveva preparato tutto per essere puntuale.

Ed ecco che al sorgere del sole, Giulia si svegliò veloce e si preparò. La direttrice la accompagnò e la lasciò all’ingresso dicendole: “Vedrai che ti piacerà”.

Giulia rimase stupita dell'atmosfera, entrò in classe e la professoressa fece segno agli alunni di suonare la melodia del benvenuto. Mentre suonavano, si compose in aria con alcuni oggetti della classe, la scritta “BENVENUTA GIULIA”. In una di queste lettere c'era un cassetto che conteneva un flauto di diamante. Questo flauto era più magico degli altri strumenti perché ogni volta che cominciava a suonare una bella melodia, emetteva un profumo buono e familiare .

Giulia si trovò subito molto bene nel gruppo e col tempo migliorò a suonare.

Un giorno la professoressa si mise d'accordo con la direttrice dell’orfanotrofio per organizzare uno spettacolo.

Tutto il paese fu invitato allo spettacolo nel teatro della scuola. Tutto era pronto. Partì la melodia del benvenuto e tantissime rose, volando, si distribuirono a tutti gli spettatori gioiosi e felici, finché un applauso riempì il teatro .

Giulia iniziò a suonare con il suo flauto di diamante e diffuse il suo profumo nell'ambiente. Giulia continuò a suonare e il profumo si trasformò nella sua vera mamma che le disse “sono stata sempre con te”.

Finalmente mamma e figlia si abbracciarono e si commossero tutti gli spettatori.


Biazzo Diego

Finalmente inizia la scuola, Matteo non vede l’ora di iniziare il suo primo giorno nella nuova scuola ad Armonia e stranamente oggi è puntualissimo, per l’eccitazione praticamente non ha neanche dormito.

Appena arriva incontra Luigi e gli presenta subito tutti gli altri, Giulia, Camilla e Luca e i loro Animusi.

Matteo chiede subito cosa sono e loro gli spiegano che sono i loro compagni di vita e che oggi riceverà anche lui un uovo e poi quando si schiuderà diventerà il suo animale per la vita.

Lo accompagnano nella sua stanza e poi gli fanno fare un giro prima delle lezioni.

La prima lezione di Matteo è proprio con il prof. Filippo che consegna anche a lui il suo uovo e Matteo inizia anche lui subito a suonargli una melodia.

Finita la lezione corre a cercare i suoi nuovi amici per far vedere loro l’uovo e vanno tutti nel prato a suonare ai loro Animusi.


Ezzahiri Adam e Ilaria Ratto

UN GIORNO ALLA SCUOLA DI MUSICOMAGIA



Adam e Ilaria arrivano per la prima volta alla scuola di Musicomagia.

È una scuola molto bella, perché è molto spaziosa, ha aule molto grandi e soprattutto uno splendido giardino.

Ilaria è un po’ agitata perché non conosce nessuno a parte Adam. Quindi lui le fa coraggio ed insieme entrano nell’edificio.

Ad accoglierli c’è un simpatico professore di nome Filippo che subito mette i ragazzi a proprio agio e spiega loro che cosa faranno nella scuola. Ad ognuno di loro verrà affidato un uovo di animusi, che dovranno accudire e curare.

Quindi i ragazzi si recano in giardino e scelgono un uovo. Ilaria sceglie un uovo rosso e Adam sceglie quello biancoblu.

La notte l’uovo rosso si schiude, Ilaria è agitata, quindi chiama in aiuto il prof Filippo. Dall’uovo esce un bellissimo animusi, un gavallo, con la testa simile ad un gatto e il corpo di cavallo. È molto dolce, si affeziona subito ad Ilaria, che gli dà da mangiare e lo mette a dormire con una coperta e del fieno per tenerlo al caldo.

Il giorno dopo si schiude anche l’uovo biancoblu. L’animusi che ne esce è un leatto, metà gatto e metà leone. Adam si avvicina al suo animusi e inizia a suonare una bellissima melodia con il flauto. La musica è talmente bella che il leatto inizia a ballare.

Piano piano tutti gli animusi della scuola si mettono a ballare e con loro anche gli alunni e il prof Filippo!!!

Adam e Ilaria sono davvero felici perché stare nella scuola di Musicomagia è davvero divertente.


Ferrari Francesca

IL FUOCO BLU

Tocca a me scegliere l’uovo che contiene il mio animusi. Dietro di me c’è Ale, la mia amica del cuore. Ci conosciamo da quando frequentavamo l’asilo. Sono così eccitata… ma allo stesso tempo terrorizzata, in effetti. Il ragazzo davanti a me ha scelto un uovo giallastro. Bene. Ora devo solo fare un passo…

Ero una ragazza abbastanza socievole, ma sicuramente in un’altra scuola e con degli altri compagni non era facile. Guardai tutte le uova per un bel po’, tanto che una ragazza gridò: «Ti sbrighi?!» ma io non la ascoltai, in fondo era una scelta importante: insomma, l’uovo che avrei scelto conteneva l’amichetto che sarebbe stato con me per tutta la vita.

Alla fine scelsi un uovo rosa pastello, quelli azzurri li avevano già presi tutti. Mi spostai e feci posto ad Ale. Era sicuramente più sbrigativa di me, e infatti scelse il primo uovo che le era davanti, uno grigio chiaro. Corse da me.

«Tu quale hai scelto?»

Non ebbi neanche il tempo di rispondere che lei già aveva ricominciato a parlare.

«No! Dai! Che bello! Secondo te, mi permetteranno di cambiarlo?» mi chiese tutto d’un fiato.

«Be’, ormai hai scelto, ma se proprio vuoi cambiarlo, prima lascia che gli altri scelgano il loro e poi prenditi quello che avanza» risposi io, divertita.

«Hai ragione! Allora chiedo di cambiarlo…» si guardò intorno per cercare Filippo. «Professore! Oh no, scusi, volevo dire Filippo…»

Era evidente che non mi aveva ascoltato.

Ma ero troppo abituata a questa sua poca attenzione e, anche se le prime volte cercavo di non farle fare brutta figura, avevo lasciato perdere da tempo.



Dopo dieci minuti, con molta fatica e insistenza, Ale era riuscita a prendere un altro uovo, questa volta di colore verde. Filippo ci consegnò le borse per tenere il nostro uovo.

Andammo fuori nel prato grande e ci sdraiammo.

«Cosa credi che sarà?»

«Un animusi, tu che dici?»

«Oh dai! Hai capito cosa intendo!» disse lei scherzosamente.

«Sì, ma cosa vuoi che ne sappia io? Non prevedo mica il futuro!» risposi io fingendomi arrabbiata. Ale scoppiò a ridere. È sempre stata lei la mia migliore amica, e poi era molto carina con quei suoi riflessi rossi sui capelli mori e gli occhi verdi. Io invece avevo gli occhi marroni e i capelli castani, anche se da qualche mese mi ero tinta una ciocca di capelli di colore blu metallico sul lato destro della testa.

Quando finimmo il momento delle risate, presi il mio flauto e cominciai a suonare una melodia in do maggiore imparata in prima media. Ale, vedendomi, tirò goffamente fuori il suo flauto e cominciò a seguirmi. Non sarà stata la prima della classe in molte materie, ma nella musica pratica suonava veramente benissimo, e neanche io, che invece andavo bene in tutto quello che riguardava la scuola, riuscivo a batterla.

Molti studenti si sedettero e suonarono insieme a noi. Ci guardammo per un attimo.

Finalmente l’attenzione di qualcuno!

Mi guardai intorno.

Anzi, più di qualcuno!

Quasi tutti gli studenti del primo anno stavano suonando.

Filippo si avvicinò e, quando finimmo, si commosse e si complimentò con tutti.

Dieci minuti dopo eravamo nella Sala Comune per il pranzo e, ovviamente, io e Ale ci eravamo sedute vicine per chiacchierare.


Finito il pranzo ci assegnarono le stanze. A me e ad Ale toccò la seconda a sinistra.

Entrammo nella nostra camera che ospitava due letti e due scrivanie.

Cominciai a sistemare le mie cose, intanto Ale voleva andare a vedere il campo di Pallasuono.

«Dai, non mi tieni compagnia?» le chiesi appena cercò di varcare la soglia.

«Finché non abbiamo le lezioni fammi un po’ divertire…» e detto questo se ne andò.

Circa mezz’ora dopo sentii una strana campanella suonare, che come suono poteva assomigliare alla sirena di un’auto quando viene scassinata. Guardai fuori dalla finestra.

Un bagliore blu-verde, persone che scappavano, voci che urlavano…

Fuoco (blu?). Che proveniva dal campo di Pallasuono.

Ale è lì, in quel campo!”

Mi precipitai giù per le scale e andai dritta verso il luogo dell’incendio. La professoressa Guerri mi venne in contro e gridò:

«CHE CI FAI QUI?!» ma io non le risposi. Avevo cose più importanti da chiedere.

«Professoressa, ma quello cos’è?!» domandai in fretta.

«È FUOCO!» mi rispose, come se fosse stata una cosa ovvia.

«Blu?!» chiesi sgranando gli occhi.

«È complicato, non te lo posso spiegare ora…»

«PROF LÌ DENTRO C’È LA MIA AMICA!». Non riuscii a trattenermi: sostanzialmente le gridai in faccia.

«C-come? La tua amica?». La professoressa non mi rimproverò, anzi, fece un improvviso sguardo misto tra terrore e sorpresa.

«SÌ! ALESSIA! ALESSIA ROSSI!»

Lei non rispose. Era atterrita. E io, a malincuore, capii immediatamente il suo sguardo.

«Professoressa? No… no, non può essere... giusto?».

Superai la professoressa Guerri e corsi il più velocemente possibile verso il bagliore blu che per fortuna non copriva ancora tutto il campo, ma soltanto la parte degli spalti in fondo. Non era possibile. No. Non ora. Non se ne poteva andare…

Entrai di corsa nel campo.

«ALE!». Nessuna risposta.

«ALE!!». Gridai più forte della volta precedente, ma ancora non tornava nessuna risposta.

«Ale…». Questa volta non urlai neanche, sapevo che non c’era più nessuna speranza. Mi afflosciai per terra, mentre il fuoco si espandeva intorno a me.

«Ale…» ripetei per l’ultima volta.



Non so se i professori vennero a cercarmi o se si dimenticarono di me, e non so neanche se fu il fuoco, so solo che mi ritrovai in coda per scegliere il mio animusi.

Davanti a me c’era un ragazzo che scelse un uovo giallastro (di nuovo?) e io, confusa, mi feci avanti e scelsi un uovo rosa pastello, che era esattamente come il mio. Mi spostai e guardai la persona dietro di me scegliere il suo uovo. Mi resi conto dopo che quella persona era…

ALE?!

Mi venne incontro.

«Tu quale hai scelto? No! Dai! Che bello! A me non piace questo grigio… secondo te sembro un po’ asfissiante se chiedo di cambiarlo?»

Rimasi paralizzata. Avevo letto tanti libri di fantascienza, e in tutti quelli che riguardavano il viaggio nel tempo non bisognava scombinare la linea temporale. Quindi cercai di ricordare ciò che avevo detto e di ripeterlo al meglio.

«Ecco… ormai hai scelto, però se proprio vuoi cambiarlo, prima lascia che gli altri scelgano quello che vogliono e poi prenditi ciò che avanza…». Questa volta non lo dissi per niente divertita, e neppure esattamente come l’avevo detto l’ultima volta, ma comunque andò tutto per il meglio, siccome il concetto era quello.

«Hai ragione! Allora chiedo di cambiarlo…» si guardò intorno per cercare Filippo, proprio come l’ultima volta «Professore! Oh no, scusi, volevo dire Filippo…»

Andò tutto come doveva andare, almeno finché Ale non insistette ad andare al campo di Pallasuono.

«ALE, FIDATI! NON CI ANDARE!»

«LA SMETTI DI FARMI DA MAMMINA?!»

«ALE PER FAVORE! ASCOLTAMI!»

Ero consapevole che sarebbe stato difficile farle cambiare idea, ma non mi volevo arrendere. Alla fine decisi di dirglielo. Presi un gran respiro.

«Io vengo dal futuro.»

«Scusami?» chiese lei sgranando gli occhi. «Tu stai troppo sui libri… vieni, che ti porto in infermeria…»

Mi prese per il braccio.

«Ti prego Ale…»

Con uno strattone mi liberai dalla sua presa. Lei mi guardò preoccupata.

«Non so come è scoppiato l’incendio,» ripresi «so solo che tu eri lì e che non sei più tornata»

«INCENDIO?»

Le spiegai tutto per filo e per segno, e lei decise di non andare al campo. Per la prima volta mi ascoltò sul serio.

«Dobbiamo dirlo alla preside!» disse lei.

«Hai ragione!»

Andammo nell’ufficio della preside e le spiegammo tutto.

«Sono stata io a salvarti» commentò la preside appena finimmo di raccontarle lo strano accaduto. «Sapevo che avresti fatto la cosa giusta, e inoltre io non mi ricordo quello che mi hai raccontato, ma mi fido» aggiunse, mentre si infilava l’elegante giacca e usciva per avvisare tutti.

Così io salvai Ale e Ale salvò tutti. Ma il fuoco blu ancora non riesco a spiegarmelo.

Bellissimo e misterioso il racconto di Francesca! Ma complimenti a tutti i ragazzi per essersi messi in gioco e averci raccontato nuove storie e fatto conoscere nuovi animusi.
Noi ci rivediamo prestissimo!
Claudia :)

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