La Melodia di Primavera
In questo racconto torniamo insieme al nostro caro Pietro, al
giorno della Festa di Primavera del primo anno ad Armonia, la scuola
di Musicomagia.
Pietro ancora non sa quello che Giulia prova nei suoi confronti,
ma ha ben chiare le emozioni che la ragazza suscita in lui. Vuole
prepararle un uovo con impressi i suoi sentimenti, ma…
E se lei non contraccambiasse? Se poi mi allontanasse?
Queste sono le sue paure.
Noi già sappiamo come andrà a finire la storia, ma credo che sia
emozionante riviverla assieme a lui.
Pietro
si aggirava inquieto nelle stalle della scuola di Armonia. Era la
vigilia della tanto attesa Festa di Primavera e lui teneva in mano un
uovo di legno.
Era per Giulia.
Pietro sospirò e si sedette sul fieno.
Cosa devo fare?
Era tradizione regalare un uovo incantato alle
persone care. La melodia di primavera
aveva il potere di imprimere i propri sentimenti nell’uovo, ma non
si poteva scegliere quali.
“Non si mente all’uovo” aveva detto la
preside Orchestri mentre insegnava loro la melodia magica.
Pietro si alzò e si diresse dietro alle stalle dove pascolavano le
muccoche. Il lago Sussurrante in lontananza luccicava brillante di
mille riflessi come l’erba umida di un verde intenso, lì ad
Armonia i colori erano più accesi e rendevano ogni panorama più
emozionante.
Il ragazzo fece un respiro profondo e lasciò che i raggi tiepidi del
sole azzurrino gli accarezzassero la pelle, donandogli un piacevole
tepore.
Chiuse gli occhi e subito un volto apparve tra i suoi pensieri.
Giulia.
I suoi occhi verdi penetranti ai quali non sfuggiva nulla e dai quali
era facile intuire la sua intelligenza e sensibilità; la sua pelle
chiara e così profumata e morbida. Almeno lo immaginava, non era
ancora riuscito ad accarezzarla più di tanto, almeno non quanto
avrebbe voluto. Le aveva preso la mano, le aveva sfiorato il viso e
qualche giorno prima l’aveva abbracciata stretta, mentre lei
piangeva confusa.
Aveva appena scoperto che si trovavano in un lontano pianeta alieno e
si era sentita tradita da lui e da Camilla perché non le avevano
detto nulla. L’aveva consolata, le aveva spiegato che era vietato
parlarne finché la preside non ne dava il consenso. E mentre
l’abbracciava aveva assaporato il profumo dei suoi capelli.
Che sensazione meravigliosa.
Sentirla tra le sue braccia. Era lì che avrebbe dovuto stare, per
sempre.
E poi quelle labbra, quel broncio adorabile, che lui sentiva la
necessità di far sparire, forse con un bacio…
Voleva farla sorridere. Ogni tanto ci riusciva ed era come se in
cielo spuntasse l’arcobaleno: fugace ed emozionante.
Cavolo, sono proprio messo male.
Non gli era mai capitata una cosa simile.
In passato aveva avuto simpatie per qualche ragazza, anche una mezza
storia con Susanna, una sua compagna delle medie, ma niente lo aveva
mai scosso come gli stava capitando in quei giorni.
Non faceva altro che pensare a lei, dall’inizio della scuola, anzi,
dal giorno della visita alla scuola, sei mesi prima, quando l’aveva
vista per la prima volta e gli si era impressa nei sensi, per sempre.
Era strano, quasi assurdo quello che provava, ma fin da subito aveva
sentito per lei un trasporto intenso e aveva avuto l’impressione di
conoscerla da sempre.
«Ehi, ragazzo, tutto bene?»
Pietro trasalì e si voltò.
Filippo, il
professore di cura degli animusi,
si stava avvicinando con il suo solito sorriso cordiale dipinto sul
viso.
Pietro annuì anche se il suo
cuore era ancora in subbuglio.
«Questo è
per lei?»
Filippo indicò l’uovo e gli lanciò uno sguardo d’intesa.
Il professore aveva già capito
tutto. Pietro si era reso conto che il suo comportamento non era
passato inosservato e sembrava che Filippo volesse incoraggiarlo
nella sua conquista amorosa.
Il ragazzo strinse le labbra
pensieroso, avrebbe voluto chiedere il suo aiuto, ma non sapeva cosa
dirgli.
«Non devi aver paura, i
sentimenti parlano da sé.»
«È proprio quello che mi fa
paura.» Pietro spalancò gli occhi accentuando la sua espressione
preoccupata.
Filippo rise. «Avanti,
raccontami, di cosa hai paura?»
«Che lei scappi» disse lui di
getto. E solo in quel preciso istante capì che era proprio quello
che temeva. «Lei è molto riservata: i primi giorni, quando
l’abbracciavo, diventava rigida come una tavola di legno.»
«Conosco il tipo...» Filippo
continuò a ridacchiare perso nei ricordi.
Pietro lo guardò incuriosito.
«Tu non puoi nemmeno immaginare
quello che ho passato per fare breccia nel cuore di Diana.»
Il ragazzo si
sorprese.
Lui e la professoressa Diana?
Cavolo.
Era contento che il professore si
stesse confidando, gli rendeva più facile l’idea di aprirsi con
lui.
«Quante volte sono dovuto andare
a cercarla nel suo nascondiglio segreto e quanto tempo ci ho messo
per convincerla che ero davvero innamorato di lei.» Scosse la testa
esasperato.
La professoressa Diana era
davvero una bella donna, ma non era certo amichevole come Filippo;
Pietro poteva facilmente immaginarla alla loro età: chiusa in se
stessa e diffidente.
«Si somigliano in qualche modo,
ma forse con Giulia le cose per te saranno più semplici, almeno te
lo auguro.»
Pietro sospirò.
Anche io.
Se fossi sicuro che anche lei
prova qualcosa per me, tutto sarebbe più semplice.
E se mi considerasse solo un
amico?
«Comunque, sai cosa ti dico?»
Filippo lo distolse ancora dai suoi pensieri. «Ne è valsa la pena.»
Pietro lo guardò negli occhi e
vi poté chiaramente leggere il grande sentimento che lo legava alla
professoressa Diana.
«Devi credermi, ne vale sempre
la pena.» Gli posò una mano sulla spalla e si allontanò verso i
recinti esterni.
Pietro si sedette a terra e
iniziò a suonare.
Le note della
melodia
di primavera
iniziarono ad aleggiare attorno a lui e penetrarono nel suo cuore
facendolo sbocciare come un tenero germoglio.
Pensò a Giulia e a quello che
provava per lei.
La
adorava. Non aveva mai conosciuto una ragazza come lei. Così forte,
decisa, diretta, ma che qualche volta gli faceva capire di aver
bisogno di lui. Sapeva di essere privilegiato, perché aveva capito
che si era lasciata avvicinare da lui, cosa che non faceva
praticamente con nessuno, questo lo faceva sentire davvero speciale.
Pietro
capiva il disagio che lei provava per tutta la storia di suo nonno,
il rinomato professore Rodolfo Accordi, che tutti ad Armonia
conoscevano e di cui lei non sapeva nulla. Era una faccenda
misteriosa e lui l’avrebbe aiutata a capire meglio la situazione,
avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Tra
loro era nata una dolce complicità; lei lo coinvolgeva in ogni cosa
che faceva o pensava e avevano scoperto di avere tante passioni in
comune come la musica e soprattutto gli animusi.
Le
ragazze che aveva frequentato in passato non lo consideravano
granché, se non per il fatto che fosse carino, ma lo ritenevano
sciocco. Non capivano che recitava, giocava, insomma non lo capivano
affatto; invece Giulia sì, lo capiva, lo apprezzava e glielo faceva
capire con piccoli gesti che a lui non sfuggivano. Nemmeno uno.
Come
la sera in cui era nato Ciccio e lei era corsa da lui per chiedergli
aiuto.
Era
stato magnifico, si era sentito importante e poi…
Sospirò.
Avevano
dormito lì nelle stalle, abbracciati.
Il
ricordo gli procurò un piacevole scombussolamento.
Poi
un naso umido gli sfiorò la caviglia, era Tobi.
Pietro
lo prese in braccio e lo coccolò trasmettendogli i suoi sentimenti,
prese il flauto e suonò una melodia anche per lui.
Quando
il canorso si fu addormentato sazio e soddisfatto, Pietro si alzò
lentamente per non svegliarlo e tornò nella penombra delle stalle.
Voleva
nascondere l’uovo nella stanza dove era nato Ciccio, dove avevano
dormito insieme.
Per
lui quello sarebbe rimasto un posto speciale, per sempre.
Quella sera, a cena, c’era
molta più confusione del solito, erano tutti eccitati e sorridenti.
L’attenzione di Pietro era come sempre concentrata su Giulia ed
ebbe l’impressione che fosse più serena rispetto ai giorni
precedenti.
La preside Orchestri
intervenne. «Ricordo a tutti gli studenti che domani, dopo
colazione, ci raduneremo nel prato grande per dare il via alla
ricerca delle uova.»
Prima di salire nelle
camerate, i ragazzi fecero una passeggiata. Il cielo violetto era
ancora chiaro e un senso di pace aleggiava attorno a loro, assieme al
profumo di rose che proveniva dalla serra.
Pietro e Camilla si offrirono
di suonare per Ciccio visto che il braccio di Giulia era ancora fuori
uso, dopo l’incidente con le uova di gallicora.
Quella volta Pietro si era
sentito davvero malissimo. Era stato lui a romperle il braccio perché
le era caduto addosso mentre cercavano di prendere entrambi l’ultimo
uovo. Era stato insopportabile vederla soffrire per colpa sua. Ma lei
non ce l’aveva avuta con lui, nemmeno per un momento, era soltanto
rimasta dispiaciuta per aver rotto le uova e deluso Filippo.
E Pietro aveva potuto
abbracciarla di nuovo.
Mentre passeggiavano, anche se
era perso nei suoi pensieri, Pietro si accorse che Giulia era di
nuovo un po’ malinconica e ne approfittò per prenderla in giro.
«Come mai quei musi?» Non
poteva proprio fare a meno di notare quando metteva su il muso, forse
perché la guardava in continuazione. «Lo so che lo fai apposta per
fare allontanare tutti.»
Quando la vedeva imbronciata
le afferrava il mento e faceva in modo di catturare il suo sguardo.
«Ma con me non funziona, quando vedo quel broncio io… devo per
forza farlo sparire.» E avrebbe tanto voluto darle un bacio, ma di
solito si limitava a farle il solletico per farla ridere, intanto
aveva la scusa per posare le sue mani su di lei. Era un’esigenza
che non riusciva proprio a trattenere.
«Che c’è? Hai paura di non
ricevere neanche un uovo?» le disse invece quella sera e le circondò
le spalle inebriandosi del suo profumo. «Non ti preoccupare, se mai
ti regalerò una delle mie uova» si pavoneggiò. «Con tutte quelle
che riceverò dalle mie ammiratrici segrete…»
«Sì» rise Giulia.
«Soprattutto da Marzia.»
«Un uovo a spruzzo!»
aggiunse Camilla.
Marzia era veramente
antipatica e ogni sera, quando Pietro andava ad augurare a Giulia la
buonanotte, era costretto a passare davanti alla sua finestra
ricevendo spesso un gavettone.
Era un qualcosa che divertiva
molto Giulia, quindi Pietro sopportava pazientemente quel
maltrattamento, sapendo di averla fatta sorridere ancora.
Le luci erano ancora accese,
ma presto sarebbe suonata la campanella del coprifuoco. Pietro stava
per uscire dalla finestra della sua camera.
«Stai
andando da lei?»
Marco, il suo compagno di stanza era seduto sul letto e lo fissava
perplesso.
Pietro
annuì.
«Ti
prenderai un altro gavettone, per cosa poi? Quella non fila nessuno.
Almeno è quello che si dice in giro...»
Pietro
si fermò interdetto, non gli piaceva proprio quel tono e tanto meno
che girassero voci su di lei.
«Che
vuoi dire?»
Marco
abbassò lo sguardo imbarazzato. «Ehi, non guardarmi male, non sono
io che lo dico.» Alzò le mani in segno di resa.
Pietro
non si era reso conto di avergli lanciato uno sguardo corrucciato e
aver fatto qualche passo verso di lui. Fece un respiro per calmarsi e
si sedette accanto all’amico.
«Voglio
sapere» disse serio cercando di non essere troppo aggressivo.
Marco
sorrise e scosse la testa. «Ti piace proprio, eh?»
«Sì.»
Pietro non si imbarazzò ad ammetterlo.
«Beh,
non sei l’unico, sai?» Marco si passò una mano tra i capelli e si
sistemò gli occhiali. «Sono in tanti a trovarla carina, ma...»
«Ma,
cosa?» Pietro,
stai calmo.
Marco
deglutì. «Qualcuno dice che è snob e che non guarda nessuno, non
sorride mai a nessuno.»
Meglio
per me.
«Qualcun
altro dice che non le piacciono i ragazzi...»
Pietro
scoppiò a ridere e la rabbia scemò.
«Ho
capito, è la storia della volpe e l’uva.» Si alzò e scosse la
testa, aveva già perso troppo tempo, in cui avrebbe potuto stare con
lei.
«Che
pensino quello che vogliono. A me sembra che lei mi guardi e molto
spesso mi sorrida, quindi ora vado da lei ad augurarle la buonanotte
e magari, chissà, le darò anche un bacio...»
Marco
sussultò sorpreso dalla sua sfacciataggine. «Beh, allora, buona
fortuna.» Sembrava scettico.
Pietro
balzò fuori sul terrazzo. Tutte le finestre delle camere si
affacciavano lì ed era facile raggiungere l’ala femminile.
La
grande luna rossa era appena sorta dal lago Sussurrante e la sua luce
soffusa andò a mischiarsi con quella verdina del satellite più
piccolo. L’atmosfera era davvero aliena, ma diventava familiare
ogni giorno di più.
Pietro
si appiattì contro il muro per evitare il gavettone quotidiano di
Marzia e poi schizzò via.
Splash.
L’acqua
gli sfiorò il braccio, ma lui non si fermò.
Quando
arrivò in vista della sua finestra, invece, i suoi piedi si
bloccarono.
Era
lì.
Appoggiata
al davanzale e guardava il cielo. Una leggera brezza le scompigliava
i capelli. Quei capelli tagliati in modo così insolito; più lunghi
dietro e corti sulla testa, sempre leggermente spettinati, che
chiamavano Pietro a gran voce affinché vi affondasse le mani per
sistemarglieli.
La
luce soffusa delle due lune le sfiorava il viso, come avrebbe voluto
fare lui, rendeva i suoi tratti eterei e la sua pelle ancora più
candida. Si soffermò sulle labbra e il suo cuore accelerò.
Prima
o poi la bacerò. E le accarezzerò il viso e i capelli.
Sospirò.
Devo
stare calmo, non so nemmeno se le piaccio oppure no.
Era
sicuro che se avesse fatto un passo falso, lei si sarebbe rinchiusa
come un riccio. Doveva avere pazienza e conquistare la sua fiducia,
come se lei fosse un animale selvatico, uno splendido e maestoso
animale mitologico, forse
un drago.
Lui
aveva il dono di piacere agli animali, quindi aveva di sicuro qualche
speranza anche con lei.
La
campanella del coprifuoco suonò, d’improvviso lei si voltò e lo
vide.
Gli
sorrise.
Wow.
Pietro fu investito da mille sensazioni che lo fecero vacillare.
«Tutto
bene? Sei in ritardo.» Il suo sguardo si fece leggermente
preoccupato.
No,
non smettere di sorridere!
Si
avvicinò in due falcate e le stampò un bacio sulla guancia.
«Buonanotte»
sussurrò indugiando verso il suo orecchio e inebriandosi del suo
profumo.
Lei
sussultò, allontanandosi appena e lo guardò stupita, ma poi arrossì
e abbassò lo sguardo.
«Buonanotte
anche a te.» Gli sorrise di nuovo e, mentre lui si voltava per
scappare via, vide che lei si posava una mano sulla guancia dove lui
l’aveva appena baciata.
Sì!
Mi ha sorriso. Era felice di vedermi e mi stava aspettando.
Un
enorme sorriso si dipinse sul suo viso e non sparì neppure quando
ricevette un gavettone dritto in faccia dalla finestra di Marzia.
La mattina dopo erano tutti
schierati fuori dalla Sala Comune, divisi per classi: studenti,
professori e animusi.
Il prato grande con la sua erba verde brillante era ingombro e un
vociare allegro e soffuso faceva da sottofondo ai suoni naturali del
mattino.
La preside cominciò a suonare
l’incantesimo che avrebbe attivato la magia delle uova. La
musica si diffuse dolcemente e avvolse tutti loro, poi parve
svanire, mentre ognuno iniziava a seguire la propria melodia e così
la caccia ebbe inizio.
«Buona
Caccia!» augurò la preside sovrastando il brusio degli studenti.
Pietro vide Giulia correre
verso le stalle con il suo topogallo che le svolazzava dietro a
fatica. Deglutì a disagio.
Cosa penserà del mio uovo?
Allungò il passo, non voleva
essere presente, sarebbe stato terribile leggere sul suo volto
perplessità o fastidio.
Attraversò il prato e si
diresse verso lo stadio. Il vasto spazio recintato, di solito
rumoroso per via delle sfide sportive e degli allenamenti, appariva
silenzioso. Solo qualche frase aleggiava qua e là.
Altri cacciatori di uova.
Quando si avvicinò alle
gradinate iniziò a sentire una melodia.
È per me! Sarà lei?
Accelerò e così i battiti
del suo cuore.
In un attimo si ritrovò nello
sgabuzzino dei pattini e rise.
Perfetto, il posto che odio
di più.
Scosse la testa, ma poi vide
l’uovo e non ebbe dubbi: era di Giulia.
Lo sapeva bene, perché lo
aveva fatto lui.
Giulia non era brava a
intagliare il legno. Fin dalla prima lezione, Pietro le aveva offerto
il suo aiuto, con molta delicatezza, senza intaccare il suo amor
proprio, senza essere invadente. E lei lo aveva accettato, dapprima
con un pizzico di diffidenza, guardandolo timorosa che lui potesse
prenderla in giro o farla sentire a disagio, ma poi si era rilassata.
Pietro si emozionava quando
lei rimaneva lì a fissarlo incantata mentre lui intagliava il legno
per lei. Si sentiva leggermente imbarazzato, ma nello stesso tempo
era lieto di avere la sua totale attenzione, inoltre sapere che la
stava aiutando rendeva tutto ancora più intenso.
Per lui era un momento molto
romantico.
La musica emanata dall’uovo
lo richiamò al presente.
Era rimasto fermo, come
pietrificato, a un passo dallo scoprire la verità.
“Non si mente all’uovo.”
Era ansioso di sapere quello
che lei provava nei suoi confronti, ma aveva davvero paura di
rimanerne deluso.
Si inginocchiò a terra,
sfiorò la superficie liscia dell’uovo e fu avvolto dalle sue
emozioni, come una fitta nebbia che profumava di rose.
Giulia
gli voleva molto bene, gli si stava affezionando ogni giorno di più.
Era incantata dal suo modo di fare, in particolare per come riusciva
a entrare in contatto con gli animusi
e anche con lei. Lo trovava simpatico e divertente. Sapeva che faceva
il pagliaccio e recitava sempre la parte del pasticcione
scansafatiche, ma si era dimostrato forte e di conforto ogni volta
che lei ne aveva avuto bisogno. Anche se faticava ad ammetterlo, le
piaceva stargli accanto e stava cominciando ad apprezzare sempre di
più i suoi abbracci e le sue coccole.
«Sì!»
Pietro stramazzò a terra, stravolto dal sollievo e dalla gioia.
Rimase
fermo per un po’ ad ascoltare il suo cuore impazzito e a guardare
la tettoia dello sgabuzzino dei pattini, ma poi saltò in piedi.
Voglio
andare da lei!
Corse
come un razzo e si precipitò alle stalle.
Entrò
e sbatté le palpebre per abituarsi alla penombra.
Giulia
era lì seduta a terra, emozionata. Stava piangendo commossa.
Tobi
lo precedette e, appena lei lo vide, cercò lui con lo sguardo, poi
si alzò e gli corse incontro, sprofondando tra le sue braccia,
ridendo e piangendo allo stesso tempo.
Oh,
sì.
In
quel momento Pietro si sentì completo.
Sapeva
che Giulia era una persona complessa, riservata e che forse aveva
paura dei sentimenti intensi che stavano nascendo in lei, ma lui le
sarebbe stato vicino, l’avrebbe aiutata e amata.
Per
sempre.
Questo dolce momento è una scena del romanzo
“La Melodia Sibilante”
che narra tutto il primo anno di scuola di Giulia e Pietro, ma nella
storia noi vediamo il mondo attraverso gli occhi di Giulia e spero
che questa breve visita nella mente e nel cuore di Pietro sia stata
per voi emozionante come è stato per me scriverla.
Vi aspetto tutti ad Armonia
per rivivere insieme le emozioni passate e, chissà, magari una nuova
avventura.
Claudia
: )
PS – per i nuovi amici
che ancora non hanno letto le avventure di Giulia e per chi avesse
piacere di rileggerle, vi lascio il link al mio sito dove potete
leggere i primi tre capitoli.
Nessun commento:
Posta un commento